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Il corridoio della discordia: i sogni infranti del Belucistan pakistano

In 3 Sorsi – Il Belucistan è una regione strategica e ricca di risorse, ma economicamente povera e politicamente marginalizzata. Il suo inserimento nella Nuova Via della Seta cinese, con afflusso di capitali e militarizzazione, ha intensificato il risentimento della popolazione, trasformando l’area in una crepa sempre più profonda nella mappa geopolitica asiatica.

1. LE RADICI DEL CONFLITTO

Il Belucistan è una regione dell’Asia sudoccidentale che si estende tra l’Iran, il Pakistan e l’Afghanistan. Abitato in prevalenza dal gruppo etnico beluci, è ricco di risorse energetiche fondamentali, tra cui gas, carbone, rame e oro. Tuttavia, l’area è segnata da un cronico sottosviluppo e da un’estrema marginalizzazione politica. La tormentata storia del Belucistan ricalca quella di molte altre regioni dell’Asia sudoccidentale, segnata da invasioni, conflitti e dominazioni straniere.
Tra il XVII e il XIX secolo, la zona fu contesa tra due grandi potenze dell’epoca, l’Impero Safavide dell’Iran e l’Impero Moghul dell’India. Nel 1876, poi, il Belucistan entrò nell’orbita dell’Impero britannico, che ne sancì la frammentazione amministrativa: una parte fu annessa direttamente all’India britannica, un’altra affidata a sovrani locali sotto protettorato britannico, mentre un’ulteriore porzione rimase sotto influenza iraniana. Dopo un controverso referendum, l’Iran mantenne il controllo solo di una piccola frazione del territorio, che nel 1973 venne trasformata ufficialmente in una provincia. Da allora, il Belucistan è stato teatro di continue rivolte e movimenti separatisti, con le comunità beluci che chiedono maggiore autonomia, diritti politici e riconoscimento culturale. Le risposte dei Governi centrali, però, sono state spesso segnate da repressione, discriminazioni e militarizzazione del territorio, rendendo così la regione terreno fertile per attività terroristiche, che hanno sfruttato la situazione di povertà e il malcontento diffuso tra la popolazione locale.

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Fig. 1 – Soldati pakistani presidiano una stazione ferroviaria nel sud del Belucistan, marzo 2025

2. UNA PROMESSA MANCATA: IL CORRIDOIO ECONOMICO TRA CINA E PAKISTAN

A partire dagli anni Duemila, l’escalation del conflitto si è intrecciata con nuovi equilibri geopolitici e interessi economici strategici: le risorse dell’area hanno attirato gli interessi e gli investimenti di potenze come la Cina, gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita. Il Belucistan però è diventato soprattutto parte integrante della Nuova Via della Seta, che mira a creare una rete di collegamenti commerciali strategici tra l’Asia, l’Europa e l’Africa. La Cina ha infatti avviato il China-Pakistan Economic Corridor (CPEC), un’iniziativa infrastrutturale faraonica, che fa parte del più ampio progetto della Belt and Road Initiative (BRI) voluto da Pechino.  
Il CPEC prevede la costruzione di strade, oleodotti, ferrovie e zone economiche speciali che collegano la Cina occidentale al porto pakistano di Gwadar, situato proprio in Belucistan. Questo progetto, presentato come una svolta per lo sviluppo regionale, ha invece intensificato il malcontento della popolazione locale: i beluci vedono nel CPEC l’ennesimo esempio di sfruttamento delle loro terre. La popolazione denuncia l’esclusione dai processi decisionali, l’assenza di una redistribuzione dei profitti e gravi violazioni dei diritti umani. L’area continua inoltre a essere colpita da insicurezza, corruzione, analfabetismo e malnutrizione.

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Fig. 2 – Una manifestazione di protesta a Gwadar nell’estate del 2024. Gli investimenti cinesi stanno trasformando la cittadina in un porto e centro commerciale di importanza strategica, ma la popolazione locale si sente esclusa dal processo e dai suoi proventi economici

3. IL CRESCENTE RISENTIMENTO E LA MILITARIZZAZIONE DELLA REGIONE

Il fallimento nel garantire benefici tangibili alla popolazione ha reso il CPEC, che nelle intenzioni doveva favorire l’integrazione, un catalizzatore del conflitto: numerosi attacchi condotti dai gruppi separatisti hanno preso di mira infrastrutture legate al corridoio economico, come gasdotti, ferrovie, basi militari e lavoratori stranieri. Pechino, preoccupata per la sicurezza dei propri investimenti, ha aumentato la pressione sul Governo pakistano affinché rafforzi le misure di protezione, contribuendo indirettamente alla crescente militarizzazione della regione. Questa spirale ha solo finito per peggiorare ulteriormente la situazione: a ogni attentato, la risposta dello Stato si traduce in operazioni di controterrorismo che coinvolgono spesso anche civili innocenti, alimentando un ciclo continuo di violenza e sfiducia. In questo contesto, il Belucistan appare oggi come una terra sospesa tra aspirazioni tradite e interessi globali, stretta nella morsa di una repressione interna sempre più brutale e un’agenda di sviluppo esogena che non tiene conto delle esigenze locali. Senza un vero processo di ascolto e inclusione, il rischio è che il conflitto si cronicizzi ulteriormente, con ripercussioni non solo per la stabilità del Pakistan, ma anche per l’intero progetto geopolitico cinese nella regione.

Maria Grazia Russo

Solar powered street lights – Gwadar – Alternate energy services” by wetlandsofpakistan is licensed under CC BY-SA

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Perchè è importante

  • Il Belucistan è una regione strategica, ma instabile e arretrata, vittima di decenni di esclusione politica e repressione militare.
  • Il CPEC, parte dell’ambiziosa Belt and Road Initiative promossa dalla Cina, ha alimentato il risentimento locale, trasformando l’area in una crepa sempre più profonda nella mappa geopolitica asiatica.

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Maria Grazia Russo
Maria Grazia Russo

Classe 2001, appassionata di Cina e culture asiatiche, ho trasformato la mia curiosità in esperienze tra Europa e Asia, studiando brevemente presso la Hebei Normal University – 国际文化交流学院. Dopo la laurea in Scienze Linguistiche conseguita presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, ho proseguito gli studi in Economia presso l’Università di Pavia. Durante gli anni universitari ho  sviluppato un forte interesse per il giornalismo e la politica internazionale, collaborando anche con alcune testate giornalistiche studentesche. Nel tempo libero coltivo la mia passione per la fotografia, con un particolare interesse per le mostre della Magnum Photos.

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