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L’Italia in un’Europa divisa tra grandi potenze

Caffè150 – Con la conquista di Roma l’Italia ha aggiunto di fatto un tassello fondamentale al suo processo di unificazione (che si compirà totalmente soltanto con l’acquisizione del Trentino Alto Adige, della Venezia Giulia e dell’Istria dopo la prima guerra mondiale) e si prepara ad affrontare una serie di sfide nuove, legate soprattutto alla necessità di modernizzare il paese e di inserirlo a pieno titolo nel sistema internazionale europeo che andava definendosi verso la fine del XIX secolo

 

LA PRESA DI ROMA E I RAPPORTI CON IL VATICANO – Subito dopo la conquista di Roma, il parlamento italiano approvò la Legge delle Guarentigie, che regolava i rapporti tra Stato e Chiesa. La legge, emanata unilateralmente dallo Stato italiano, sanciva l’indipendenza di entrambe le entità: il Vaticano veniva escluso dalla giurisdizione italiana e gli veniva concesso il regime di extraterritorialità; al Pontefice erano riconosciute alcune prerogative, come l’inviolabilità alla persona, gli onori sovrani e il diritto di avere al proprio servizio guardie armate; infine, lo Stato accordava alla Chiesa un introito annuo per il mantenimento delle proprie funzioni. Nonostante i privilegi previsti, Pio IX rifiutò categoricamente di approvare una legge che riduceva il potere divino ad una mera concessione di un potere laico “ostile” e con la quale, a suo parere, il Papa diveniva suddito dello Stato italiano.

 

La reazione della Chiesa fu dunque molto forte e il 15 maggio 1871 Papa Pio IX pubblicò l’enciclica Ubi Nos, con la quale rifiutava ufficialmente la Legge delle Guarentigie. Il rifiuto categorico da parte cattolica ebbe diverse conseguenze: da un lato, aprì la Questione Romana – la protesta da parte della Chiesa e dei suoi funzionari contro lo Stato – che si risolse soltanto con la stipula dei Patti Lateranensi nel 1929. Dall’altro causò un aumento dell’anticlericalismo in Italia che ebbe come immediata conseguenza la promulgazione delle Leggi Siccardi nel 1873, che abolivano i privilegi del clero cattolico e allineavano la legislazione italiana a quella degli altri stati europei. A questa presa di posizione seguì l’enciclica Non Expedit, che imponeva ai cattolici di astenersi dalla vita politica italiana e che ebbe dunque come conseguenza la laicizzazione della politica di Governo.

 

LA POLITICA ESTERA DELLA SINISTRA STORICA – Con il 1870 si poté cominciare a dare una forma alla politica interna ed estera; la rivoluzione era finita e occorreva ritagliarsi un ruolo nel sistema internazionale dell’epoca: “ordine, pace, conservazione; prendere posto nella famiglia europea, nel concerto delle potenze come una persona ammodo, dopo esser stati per tanto tempo il guastafeste” (dal discorso del Ministro degli Esteri all’inaugurazione della XI legislatura 1870). Nel 1876, l’avvento al potere della sinistra storica guidata da Depretis (ritratto nell’immagine sotto) diede una nuova direzione alla politica estera del paese, caratterizzata da due elementi principali: l’Italia si unì all’avventura coloniale europea e conquistò Eritrea (1885) e Somalia (1889); il Governo decise di abbandonare la tradizionale alleanza con la Francia per unirsi agli imperi centrali con la Triplice Alleanza, stipulata nel 1882 tra Germania, Impero Austro – Ungarico e Italia. La scelta italiana era dovuta principalmente alla conquista francese della Tunisia del 1881 che minacciava la penisola e al sostegno francese alla causa papale. Tutto ciò era stato conseguenza dell’isolamento in cui Parigi si trovava sul piano diplomatico, isolamento voluto da Bismarck che cercava in questo modo di indebolire il suo maggiore avversario continentale. Lo stesso cancelliere tedesco sperava infatti fin dal 1860 di alleare la Prussia – poi Germania – alla nascente Italia in funzione antifrancese.

 

Esclusa dalle relazioni internazionali e dalle guerre, Parigi reindirizzò le proprie risorse verso altri obiettivi per lo più extraeuropei e, nel tentativo di rompere il proprio isolamento, stipulò un’intesa con la Russia, con la quale non condivideva interessi concreti, e che si prestava dunque semplicemente alla rottura dell’isolamento. Il continente europeo alla fine del XIX secolo era dunque diviso in due alleanze: la Triplice Alleanza da una parte e la nuova alleanza franco-russa dall’altra. A completare il cerchio, la Gran Bretagna seguiva una politica estera guidata dai suoi interessi commerciali e si trovava nel cosiddetto “splendido isolamento”.

 

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LA TRIPLICE ALLEANZA: L’ITALIA E GLI IMPERI CENTRALI – La Triplice Alleanza nacque nel 1882 come un’alleanza difensiva con la quale l’Italia cercava di rompere il proprio isolamento e di tutelarsi da una potenziale minaccia francese. Dopo la conquista della Tunisia da parte di Parigi infatti, la scelta più naturale per l’Italia fu quella di rivolgersi alla Germania – e di conseguenza, nonostante le numerose guerre combattute, all’Austria sua alleata.

 

L’alleanza in chiave antifrancese soddisfaceva sia il governo della Sinistra storica, risentito per lo sgarbo di Tunisi, sia la monarchia, che vedeva nella cooperazione con gli imperi centrali una possibilità di rafforzamento del potere monarchico. Con il trattato della Triplice Alleanza, Germania e Austria si impegnavano a prestare soccorso all’Italia nel caso in cui fosse attaccata dalla Francia, e l’Italia assicurava loro soccorso nel caso in cui esse fossero state attaccate da due o più potenze nemiche (Francia o Russia); inoltre, era prevista l’assicurazione di neutralità da parte delle altre due nel caso una delle potenze firmatarie avesse provocato essa stessa una guerra. Con questo accordo in chiave anti-francese e anti-russa, si consolidava il sistema di sicurezza austro-tedesco, l’Italia usciva dall’isolamento e otteneva dall’Austria il riconoscimento dei territori della Chiesa all’Italia e l’impegno a non tentare di restituire la sovranità al Papa. Il trattato fu poi rinnovato nel 1887, 1891, 1902 e nel 1912, con l’aggiunta di clausole e patti bilaterali che seguivano il corso degli eventi internazionali e aggiornavano l’alleanza. L’evoluzione dell’Alleanza mostrava chiaramente le intenzioni sempre più aggressive delle tre potenze, che si accordavano su spartizioni e sostegni nel caso di “eventuali” scontri sul territorio europeo.

 

Il rinnovo del 1887 vide l’aggiunta di patti bilaterali separati tra Italia e Austria-Ungheria e Italia e Germania. Italia e Austria si accordarono per politica di consultazione nel caso di un’occupazione dei Balcani e l’obbligo di compensazioni se lo stato aggressore avesse ottenuto delle conquiste maggiori dello status quo ante: in questo modo se l’Austria avesse conseguito delle vittorie nei Balcani, l’Italia avrebbe potuto ottenere come compensazione dei territori nelle Alpi. Italia e Germania si accordarono invece sul sostegno tedesco all’Italia in caso di un attacco francese verso la penisola. Il terzo trattato della Triplice Alleanza venne stipulato nel 1891: l’Italia fece pressioni per ribadire il patto austro-italiano sulle compensazioni nei Balcani, e riuscì a ottenere il supporto tedesco all’Italia anche nell’eventualità di azioni militari di quest’ultima in Cirenaica, Tripolitania o Tunisia. Gli intenti espansionistici delle tre potenze insomma risultavano evidenti e si inseriscono perfettamente nel quadro europeo di fine ottocento, in cui tutti gli stati di nuova formazione cercarono di costruire un proprio impero coloniale. Questo sistema di alleanze continuò in Europa fino al secolo successivo, quando la situazione e le tensioni europee esplosero nel primo conflitto mondiale: già nel 1892, infatti, Russia e Francia si unirono in un’alleanza che, come già anticipato in precedenza, permise ad entrambe di uscire dall’isolamento e che stringeva Germania, Austria e Italia in una morsa: nel caso di un conflitto infatti, la Triplice Alleanza avrebbe dovuto combattere su due fronti.

 

Tania Marocchi

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