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La difesa antimissile degli Stati Uniti

Miscela StrategicaGli Stati Uniti possiedono uno dei più avanzati sistemi di difesa antimissile del pianeta, eppure per ragioni economiche, pratiche e politiche hanno rinunciato allo sviluppo di una copertura territoriale totale da un attacco nucleare massiccio. In questo articolo analizziamo il sistema statunitense, da cosa è composto e per quali minacce è stato concepito.

LA DOTTRINA – Gli Stati Uniti sono uno dei Paesi piĂą avanzati per quanto riguarda i sistemi antimissile. Il progetto SDI (Strategic Defense Initiative – Iniziativa per la Difesa Strategica) degli anni Ottanta (comunemente conosciuto come “Scudo Spaziale” o “Guerre Stellari”), prevedeva una copertura totale del territorio tramite satelliti armati di raggi laser e grandi specchi deflettori per l’intercettazione dei missili e delle testate nella fase di volo spaziale. Il programma fu accantonato a causa degli alti costi e della complessitĂ  tecnica. Successivamente, le varie amministrazioni statunitensi, nonostante gli annunci propagandistici di ripresa di progetti di difesa antimissile a copertura totale, si sono concentrate su programmi realistici e tecnicamente sostenibili.

Date le dimensioni del territorio statunitense (al quale vanno aggiunte le isole Hawaii nell’Oceano Pacifico) si è rinunciato a perseguire una capacitĂ  difensiva territoriale totale in caso di massiccio attacco con missili balistici intercontinentali (Intercontinental Ballistic Missiles – ICBM). Secondo la Missile Defense Agency (Agenzia per la difesa antimissile – MDA), che fa capo al Dipartimento della Difesa (Department of Defense – DoD) gli Stati Uniti dispiegano (e continueranno a migliorare) un sistema di difesa missilistica (Ballistic Missile Defense – BMD) capace di proteggerli da un attacco ICBM di portata limitata (deliberato, accidentale o non autorizzato).

LE MINACCE – Il Ballistic Missile Defense Review Report (Rapporto sullo stato della difesa antimissili balistici) redatto dal DoD individua come principali minacce alla sicurezza territoriale degli Stati Uniti la Corea del Nord e l’Iran. Pyongyang sta proseguendo il suo programma di sviluppo missilistico per arrivare ad ottenere un ICBM funzionante per poter trasportare le proprie testate nucleari. I due test del missile Taepo Dong-2 (TD-2), in realtĂ  classificato come IRBM (Intermediate Range Ballistic Missile – Missile Balistico a Raggio Intermedio), rispettivamente nel 2006 e nel 2009 sono falliti, ma i nord-coreani sono determinati a completarne lo sviluppo. Secondo i dati disponibili, il TD-2 avrebbe il raggio massimo d’azione in grado di raggiungere gli Stati Uniti occidentali e le Hawaii. La minaccia iraniana è ancora potenziale, poichĂ© il programma nucleare di Teheran ancora non si trova in uno stato tale da permettere la fabbricazione di testate nucleari anche se il settore missilistico è sufficientemente sviluppato, con capacitĂ  SRBM (Short Range Ballistic Missile – Missile Balistico a Corto Raggio) e MRBM (Medium Range Ballistic Missile – Missile Balistico a Medio Raggio). Il lancio del razzo Safir-2 nel 2009 ha posto in orbita il primo satellite interamente costruito dall’Iran e la capacitĂ  di lancio orbitale è abilitante per lo sviluppo di vettori IRBM o ICBM.

I missili nord-coreani e iraniani sono considerati da Washington una minaccia a prescindere dalla capacità nucleare, poiché le testate trasportabili, oltre che convenzionali, possono essere con testata chimica o batteriologica. Inoltre è necessario ricordare che le testate non convenzionali possono essere efficaci indipendentemente dalla precisione del missile che le trasporta, implicando una minore complessità dello sviluppo dei vettori per via di un sistema di guida non necessariamente ad alta precisione.

La base di Fort Greely in Alaska, uno dei due siti che ospitano i missili GBI
La base di Fort Greely in Alaska, uno dei due siti che ospitano i missili GBI. (Clicca per ingrandire)

RUSSIA E CINA – Gli Stati Uniti a livello diplomatico hanno spesso specificato che il loro sistema antimissile non è concepito in chiave anti-cinese e anti-russo. Washington si è inoltre dichiarata disposta a collaborare con Russia e Cina per la difesa antimissile a livello regionale (Medio ed Estremo Oriente) e per la non proliferazione.  Come è stato evidenziato in precedenza, il sistema di difesa antimissile degli Stati Uniti non è stato progettato per proteggere il territorio da un massiccio attacco con ICBM e gli unici due Paesi, al momento, in grado di portarlo avanti sarebbero la Cina e, soprattutto, la Russia. La prima sta aumentando e migliorando il proprio arsenale nucleare. Mosca invece detiene comunque il secondo maggior potenziale nucleare del pianeta, seppur con una momentaneamente diminuita capacitĂ  di proiezione. Gli Stati Uniti considerano perciò sufficiente ed economicamente piĂą sostenibile affidarsi alla deterrenza garantita dalla mutua distruzione assicurata (Mutual Assured Destruction – MAD). Nella concezione del sistema nazionale di difesa antimissile sono presenti i casi di lanci “non autorizzati” o “accidentali”, probabilmente riferiti alla scarsa fiducia degli USA nella catena di comando e controllo degli altri Paesi, inclusi Russia e Cina.

Lancio di un GBI dalla base aerea di Vandemberg
Lancio di un GBI dalla base aerea di Vandemberg

IL BMD STATUNITENSE: I SENSORI – Il sistema si basa su sensori di scoperta e tracciamento e su missili intercettori. Per quanto riguarda i sensori, questi sono basati a terra, in aria, in mare e nello spazio. Per comoditĂ  divideremo la difesa in tre settori: fase d’ascesa, fase di volo e fase terminale.

Per la scoperta di un lancio di un missile vengono utilizzati radar dispiegati in posizioni avanzate (sul territorio di alleati vicini alla minaccia) e satelliti in orbita geostazionaria (Geostationary Orbit – GEO) o fortemente ellittica (Highly Elliptical Orbit – HEO). I radar sono gli Army Navy / Transportable Radar Surveillance (Radar per la Sorveglianza Trasportabile della Marina e dell’Esercito – AN/TPY-2) in banda X, mentre nello spazio è presente la costellazione SBIRS (Space-Based Infrared System – Sistema spaziale all’infrarosso) composta dai satelliti GEO-1 e GEO-2 (in orbita geostazionaria) e HEO-1 e HEO-2 (in orbita fortemente ellittica). Tutti e quattro hanno payloads per il tracciamento di missili tramite sensori all’infrarosso che seguono il calore rilasciato dal motore durante la fase propulsa.  Al sistema SBIRS è accoppiata la costellazione SSTS (Space Surveillance and Tracking System – Sistema Spaziale per la Sorveglianza e il Tracciamento). Composto da tre satelliti (STSS-ATRR, STSS Demo-1, STSS Demo-2), il sistema è posizionato in orbita bassa (Low Earth Orbit – LEO) e usa anch’esso sensori all’infrarosso. Per la fase d’ascesa è possibile anche l’uso di droni ad alta quota.

Per la fase di volo i sensori utilizzati sono gli UEWR (Upgraded Early Warning Radars – Radar migliorati per l’allarme lontano) basati in California, il radar COBRA DANE  schierato in Alaska e il Sea-Based X-band Radar (Radar in banda X trasportabile in mare) che può essere trainato da una nave in acque internazionali (o alleate) nell’Oceano Pacifico. In questa fase può essere utilizzato anche il sistema AEGIS dei cacciatorpediniere e incrociatori della marina USA (del quale ci occuperemo in un prossimo articolo).

IL BMD STATUNITENSE: GLI INTERCETTORI – Nella fase d’ascesa, il missile in arrivo può essere intercettato da missili SM-3 dei cacciatorpediniere e incrociatori dotati di sistema AEGIS schierati in zone limitrofe al Paese-minaccia. Il nerbo della difesa antimissile statunitense è però costituito dagli GBI (Ground-Based Interceptors – Intercettori basati a terra), schierati in Alaska e California. Questi missili sono a due stadi e trasportano un veicolo d’intercettazione extra-atmosferico (Exo-atmospheric Kill Vehicle – EKV) che distrugge la testata in arrivo utilizzando la sola energia cinetica (ossia la velocitĂ  d’impatto). Il sistema è in via di miglioramento con lo schieramento di missili piĂą sofisticati. I GBI e i relativi radar a terra compongono il sistema chiamato Ground-Based Midcourse Defense (Difesa basata a terra per la fase di volo). Nella fase terminale, la piĂą pericolosa e che richiede una notevole precisione, gli Stati Uniti si basano sui missili Patriot PAC-3 ai quali si sta aggiungendo gradualmente il sistema Terminal High Altitude Area Defense (Difesa terminale ad alta quota d’area – THAAD), progettato per colpire le testate in arrivo ad una quota molto alta per mitigare gli effetti del payload nel caso questo sia ti tipo chimico o batteriologico. La fase terminale contempla anche l’uso del sistema AEGIS se necessario.

Emiliano Battisti

Il funzionamento della difesa antimissile per la fase di volo.  Image credits: Los Angeles Times

Il funzionamento della difesa antimissile per la fase di volo.
Image credits: Los Angeles Times

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Emiliano Battisti
Emiliano Battisti

Consulente per la comunicazione per un’azienda spaziale e Project Officer and Communications per OSDIFE, sono Segretario Generale e Direttore della comunicazione dell’APS Il Caffè Geopolitico e Coordinatore dei desk Nord America e Spazio. Ho pubblicato il libro “Storie Spaziali”.

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