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Il popolo dice: ‘Avanti Correa!’

Recentemente ha avuto luogo in Ecuador un importante referendum popolare il cui esito ha rafforzato la posizione politica del presidente in carica Rafael Correa. Il 7 maggio, infatti, gli ecuadoriani sono stati chiamati alle urne per pronunciarsi su ben dieci quesiti referendari, alcuni di primaria importanza per il riassetto del sistema giudiziario, amministrativo e di sicurezza dello Stato, altri di secondo ordine. Vediamo cos’ hanno deciso col loro voto 

CORREA IL RIFORMISTA – E’ dal 2006, anno del suo primo mandato presidenziale, che Correa porta avanti il suo progetto politico denominato Revolución Ciudadana che prevede una serie di riforme volte a modificare vari settori della società, dalla politica all’economia passando per la giustizia e la sicurezza dello Stato.

Correa, uno degli esponenti del nuovo socialismo dell’ America Latina, sulla scia dei suoi omologhi  Hugo Chávez ed Evo Morales (presidenti rispettivamente di Venezuela e Bolivia), ha potuto contare in questi anni soprattutto sul consenso delle fasce più disagiate della popolazione ecuadoriana anche se non sono mancati recenti scandali che hanno colpito lui e il suo partito, ma anche fatti che ne hanno rafforzato l’ immagine agli occhi dell’ opinione pubblica come il fallito colpo di stato del 30 settembre 2010, ordito da parte delle forze militari e di polizia.

La vittoria del fronte del si, sostenuto da Correa in questa tornata referendaria, in tutti i quesiti ha un peso politico importante dato che rappresenta una sorta di “fiducia extraparlamentare” e quindi popolare che gli è stata rinnovata e che, secondo gli analisti, manterrebbe ben salda la sua leadership fino alle prossime elezioni del 2013 mettendo in luce la debolezza delle opposizioni.

UN REFERENDUM RICCO DI CONTENUTI – I quesiti sui quali i cittadini ecuadoriani sono stati chiamati a pronunciarsi, come detto, sono stati dieci. Di questi, i primi cinque erano dedicati ad una vera e propria modifica di articoli costituzionali, mentre gli altri si riferivano ad una più ampia riforma sociale in diversi settori, ad esempio l’ approvazione di una legge anticorruzione che consideri reato l’ arricchimento privato ingiustificato o l’ obbligo d’ iscrizione per le imprese dei propri dipendenti all’ Instituto Ecuatoriano de Seguridad Social al fine di evitare lo sfruttamento dei lavoratori. Altri due quesiti erano squisitamente di carattere tecnico, con l’ obiettivo di riformare il sistema penale ed in particolare la detenzione preventiva aumentandone i tempi di decorrenza e prevedendone la sostituzione con misure restrittive più lievi solo nei casi di reati di minore gravità. Tali quesiti, sui quali gli ecuadoriani si sono ancora una volta espressi positivamente, avrebbero lo scopo di migliorare la sicurezza cittadina, evitare l’ impunità e garantire la comparizione nei giudizi penali delle persone processate.

Altri quesiti, infine, avevano un contenuto di minore importanza come la chiusura delle corride per evitare la tortura e la soppressione degli animali, la chiusura dei casinò quale deterrente al riciclaggio di denaro sporco e la regolamentazione etica dei programmi televisivi.

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VINCE IL SI’ MA… – Nonostante, quindi, il si abbia vinto in misura schiacciante nella maggior parte delle province del paese (ben 18 su 24) non vi è dubbio che soprattutto i quesiti referendari riguardanti la riforma della Constitución ecuadoriana, ed in particolare della macchina della giustizia, abbiano lasciato non poche perplessità negli analisti. Le polemiche riguardano soprattutto la ristrutturazione della Función Judicial, uno dei tre classici poteri dello Stato, che verrebbe fatta con la creazione di una commissione tecnica composta da tre delegati di nomina politica. I più critici, infatti, denunciano che dare il potere di riformare la giustizia a soggetti istituzionali di derivazione politica minerebbe i principi di autonomia ed indipendenza che il sistema giudiziario deve avere in uno Stato di diritto.                                                                                                                    Altro punto referendario rilevante, approvato dagli ecuadoriani, è quello relativo ad una modifica costituzionale ai fini di evitare potenziali conflitti d’interesse nel mondo finanziario ed economico. Questo quesito evidenzia la matrice socialista moderna del governo Correa, che vuole ideologicamente evitare che si crei un intreccio nebuloso d’interessi economico – politici, pericolosi per la democrazia, tra il mondo dell’imprenditoria e quello della comunicazione e della finanza. Il quesito n. 3, infatti, chiedeva ai cittadini di esprimersi sulla proibizione per i direttori e principali azionisti di istituzioni del sistema finanziario privato e di imprese di comunicazione private di essere  al contempo proprietari o avere partecipazioni azionarie fuori dall’ ambito finanziario o imprenditoriale nel quale già operano.

PER ORA…UN SUCCESSO POLITICO – In definitiva non sappiamo quanto tempo dovrà passare prima che l’ esito referendario sia trasformato in fatti, cioè in norme da parte della Asemblea Nacional e dal governo in carica. Tuttavia ciò non fa venir meno, come detto, l’importanza politica di questa vittoria. Nonostante il progetto di riforma sociale possa sembrare molto ambizioso, Correa porta a casa ancora una volta, infatti, l’ approvazione popolare come nei cinque referendum indetti a partire dalla sua prima elezione, nel 2006. Ciò vuol dire che il presidente in carica gode ancora di una grande popolarità in Ecuador e che fondamentalmente, almeno per i temi di politica interna, continui ad avere l’ appoggio della maggioranza degli ecuadoriani. Le opposizioni, invece, tra le quali spicca la Sociedad Patriótica di Lucio Gutiérrez, rivale di Correa alle presidenziali 2009, paiono aver ricevuto una tremenda “scoppola” dal risultato di questo referendum dal quale sono uscite decisamente sconfitte. In vista delle elezioni presidenziali del 2013, quindi, sarà necessario che si ricompattino cercando temi di convergenza concreti ed originali per avere ragione di un rivale che per il momento sembra ancora godere di un consenso plebiscitario.

Alfredo D’Alessandro

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