Non c’è niente di peggio di un’intercettazione telefonica per mettere in dubbio l’onestĂ Â intellettuale di un individuo. E’ appena successo in Afghanistan.E quelle rivelate a Kabul dal candidato Abdullah Abdullah incastrano il segretario della Commissione elettorale (Iec).
Diario da Kabul
22 Giugno – BOMBA ABDULLAH – Scoppia una nuova bomba sul processo elettorale in Afghanistan. Il segretario della Commissione Zia ul Haq Amarkhil, di cui Abdullah chiede la testa da giorni, avrebbe orchestrato una truffa su scala industriale per favorire lo sfidante Ashraf Ghani. (Leggi tutta la storia su Lettera22).
Nelle telefonate intercettate si parla di ovini ma il linguaggio in codice è fin troppo evidente. Ovviamente ci si chiede come Abdullah le abbia ottenute e da chi. Ma sono domande che passano in secondo piano e rilanciano la bufera sul processo elettorale mentre tutti i giorni le strade si riempiono di dimostranti, tende e sit-in in favore di Abdullah (non grandi ma sufficienti a farsi notare.
La Commissione elettorale intanto ha fatto sapere che i risultati elettorali del secondo turno subiranno un rinvio ma ha reiterato che la partecipazione al voto del 14 giugno è stata di oltre sette milioni di afgani.
21 Giugno – LA CRISI AFGANA E IL RITORNO DI KARZAI –Â L’avventura di Abdullah Abdullah – un “dramma afgano”, come l’ha definita un diplomatico occidentale – sembra per ora aver prodotto, al di lĂ di qualche manifestazione di protesta nella capitale dai numeri poco consistenti, un solo effetto: il ritorno in scena a tutti gli effetti di Hamid Karzai.
Accusato dal candidato in odore di sconfitta di non essere stato neutrale, il presidente afgano inizialmente non ha reagito, se si esclude una nota di palazzo che ne riaffermava l’imparzialitĂ .
Poi, anziché attaccare Abdullah per le accuse e diffidarlo per la sua sconfessione del processo elettorale, ha detto di ritenere lui e Ashraf Ghani due personalità che meritano ogni rispetto.
E’ andato piĂą in lĂ : ha accolto la proposta di Abdullah di tirare in mezzo l’Onu come arbitro super partes. E le Nazioni Unite  rispondono che si, la cosa si può valutare. Così facendo, l’astuto capo di Stato uscente ha riaffermato nei fatti la sua imparzialitĂ , ha accolto con saggezza almeno una delle richieste di Abdullah senza criticarne la scelta di fondo ma, soprattutto, ha disinnescato la crisi aperta dal candidato valorizzando, con questo modo di fare, un ruolo super partes e di pater patriae che ne ingrandisce una statura fortemente debilitata sino a ieri in termini di consenso. Che gli apre la strada a un’uscita di scena che è l’anticipo del suo ritorno sulla scena politica afgana.
20 Giugno – COME LA PENSA ASHRAF GHANI – Alla vigilia della crisi, è la tarda mattinata di ieri, Ashraf Ghani fa circolare la sua versione dei fatti. GiĂ la sera prima aveva twittato un paio di messaggi alla volta del suo rivale: toni pacati ma fermi. E, con un tam tam di sottofondo, l’ex ministro dalle buone letture, il tecnocrate che piace ai laici e sembra aver convinto una larga parte della gioventĂą afgana, ribadisce che l’unica linea da seguire è, sul piano legale, la Costituzione e su quello etico la trasparenze.
Ci cono contestazioni? Bene, la Commissione per i reclami è lì per questo. I commissari elettorali han dato troppo presto e con leggerezza i dati sull’affluenza? Ci sarĂ tempo perchĂ© arrivino i dati ufficiali, un lavoro per esperti non per chi vuole fare illazioni.
Il suo staff ha i dati che gli osservatori del candidato Ghani hanno raccolto nei seggi, ma il presidente in pectore – cui le prime proiezioni, gli exit pool, le indiscrezioni e le relazioni dei suoi nei vari seggi danno vincitore di diverse lunghezze – li tiene per adesso per sé. Gli unici dati accettabili, ribadiscono i “ghaniani”, sono quelli che il 2 e il 22 luglio la Commissione elettorale elargirà come ufficiali.
Regole insomma e non supposizioni. Criteri assodati e sottoscritti da ambi i candidati, non illazioni o costruzioni su elementi non ufficiali. E se poi è solo una mossa per negoziare qualche posto al sole nel futuro governo, Ghani fa sapere che non è disponibile per  nessuna trattativa segreta.  Quanto a Karzai, Ghani – che pure ha avuto col presidente uscente piĂą di uno screzio – ne rispetta l’imparzialitĂ senza tirarlo (diremmo noi) per la giacchetta.
Ma basteranno i toni rassicuranti e urbani di questo personaggio sulla cui ascesa nessuno avrebbe scommesso? BasterĂ richiamarsi alla Costituzione, alle regole o alle garanzie che la comunitĂ internazionale richiede per evitare il patatrac? E’ presto per dirlo. Mentre sulla capitale scende la sera, Hakim fa spallucce davanti alle nostre preoccupazioni: «La situazione politica è grave? Uff, qui abbiamo visto ben di peggio». PurchĂ© il kalashnikov continui a rimanere con la sicura.
Intanto i talebani vanno avanti: un gruppo di kamikaze  ha  incendiato almeno 37 veicoli della Nato al porto doganale di  Torkham, alla frontiera col Pakistan (Passo Khyber). Crisi o non crisi la guerra continua.
Da Kabul, Emanuele Giordana
Membro del Comitato Scientifico del Caffè Geopolitico