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Crimini di genere in Afghanistan: la CPI contro i leader talebani

In 3 sorsi – Lo scorso 23 gennaio la richiesta di mandato d’arresto alla Corte Penale Internazionale (CPI) contro i leader talebani per il trattamento riservato alle donne afghane ha rappresentato una pietra miliare nella tutela dei diritti umani. I talebani, all’indomani dell’ascesa al potere nel 2021, hanno imposto regole draconiane sulle donne, rendendole sempre più escluse dalle attività istituzionali, lavorative e pubbliche. Un’apartheid di genere che ha sollevato accuse di crimini contro l’umanità, inducendo la comunità internazionale a ricorrere ad azioni giudiziarie contro la leadership talebana.

1. L’AFGHANISTAN E IL SUO CONTESTO POLITICO

Cerniera diplomatica tra Pakistan, Uzbekistan, Iran, Turkmenistan e Cina, la natura geografica afghana ha influenzato e influenza ancor oggi la storia di questo Stato. L’Afghanistan ha da sempre rappresentato un crocevia strategico tra Asia Meridionale e mondo occidentale, divenendo teatro di conflitti e di innumerevoli invasioni. Da mosaico etnico frammentato, si consolidò in un’unica entità statale nel 1746, mantenendo per oltre due secoli una relativa stabilità sotto il potere monarchico, nonostante le tensioni tribali. Il 1973 segnò una svolta con il colpo di Stato di Mohammed Daoud, il quale tentò una politica di equilibrio tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Tuttavia, nel 1978 il partito comunista Khalq rovesciò il regime, instaurando un Governo sostenuto da Mosca e caratterizzato da profonde divisioni interne. L’occupazione sovietica trovò resistenza nei mujaheddin, ai quali si affiancarono i talebani, militanti formatisi nelle scuole coraniche sotto la guida del Mullah Omar. Con il supporto di Osama bin Laden e Al Qaeda, i talebani imposero un regime fondamentalista, dominando il Paese fino all’intervento internazionale del 2001. Tuttavia, il ritiro delle truppe americane nell’agosto 2021 ha segnato il ritorno dei talebani al potere, riportando il Paese sotto un regime autoritario. Nel novembre 2022, il Governo talebano ha promulgato il Codice Akhundzada, un corpus normativo composto da trentacinque articoli e sottoscritto dal “Comandante dei fedeli”, con l’obiettivo dichiarato di promuovere la virtù e reprimere il vizio. Tale documento ha introdotto un ulteriore irrigidimento delle restrizioni sui diritti delle donne e sulle libertà individuali. In particolare, le disposizioni colpiscono le donne, imponendo loro non soltanto l’obbligo di coprire interamente il corpo negli spazi pubblici, ma anche il dovere di osservare il silenzio, poiché la voce femminile è ritenuta un potenziale strumento di corruzione morale.

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Fig. 1 – Protesta organizzata dai talebani a Ghazni contro la richiesta dei mandati d’arresto alla CPI nei confronti dei leader del movimento, 26 gennario 2025

2. APARTHEID DI GENERE

Le misure adottate dai fondamentalisti afghani, nei confronti delle proprie donne, sono state profondamente criticate da diverse organizzazioni per i diritti umani. Queste ultime hanno denunciato le politiche estremistiche dei talebani come una forma di persecuzione di genere, un crimine contro l’umanità ai sensi dello Statuto di Roma, ratificato nel 2003 dall’Afghanistan. Una reale apartheid di genere che vede l’esclusione delle donne da quasi ogni aspetto della vita pubblica compresi l’accesso all’istruzione, al sistema giudiziario e alle cure mediche. Persino la Procura della Corte Penale Internazionale ha giudicato il comportamento del regime talebano come una repressione pianificata contro una parte specifica della popolazione, istituendo un vero e proprio regime discriminatorio e oppressivo nei riguardi delle donne.

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Fig. 2 – Due donne afghane coperte dal burqa camminano lungo una strada della provincia di Kandahar, febbraio 2025

3. PROVVEDIMENTO DELLA CORTE E IMPLICAZIONI INTERNAZIONALI

L’eventuale decisione della Corte Penale Internazionale di emettere un mandato di arresto nei riguardi dei leader talebani rappresenterebbe un punto di svolta nella dottrina in materia di diritti umani. Ciononostante, ai fini di ottenere la possibilità concreta di arrestare e processare il regime talebano, questi mandati richiedono una solida cooperazione tra gli Stati membri. A giocare un ruolo determinante è pertanto la risposta della comunità internazionale. In particolare, Cina, Russia e Pakistan potrebbero influenzare l’esito del procedimento, ponendo effettivamente ostacoli sull’applicazione delle misure della Corte. In ottica diplomatica, l’istanza in oggetto potrebbe richiedere maggiori pressioni su Governi e Istituzioni affinché adottino rigide sanzioni contro il regime
talebano
. Certamente, l’impatto di tali provvedimenti dipenderà dall’impegno tangibile degli attori coinvolti. In definitiva, l’iniziativa della CPI segna un passo cruciale nella condanna delle discriminazioni di genere e, più precisamente, nella difesa dei diritti delle donne afghane. Sebbene il percorso rimanga complesso, la comunità internazionale potrebbe intensificare la pressione sul regime afghano, favorendo un miglioramento delle condizioni di vita delle donne del Paese. Un intervento che potrebbe rappresentare un primo passo verso una giustizia effettiva e duratura, in grado di poter rompere il silenzio delle innocenti vittime afghane.

Federica Leone

Photo by jifreire3 is licensed under CC BY-NC-SA

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Perchè è importante

  • L’Afghanistan, storicamente instabile, è tornato sotto il controllo talebano nel 2021, con un regime autoritario che ha imposto leggi sempre piĂą restrittive.
  • Le politiche talebane hanno eliminato quasi completamente i diritti delle donne, escludendole dalla vita pubblica e violando lo Statuto di Roma.
  • L’eventuale mandato di arresto della CPI contro i leader talebani potrebbe segnare un punto di svolta, ma la sua efficacia dipenderĂ  dalla cooperazione internazionale.

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Federica Leone
Federica Leone

Giovane viaggiatrice appassionata di lingue e letterature straniere, geopolitica e relazioni internazionali. Laureata in Relazioni Internazionali presso la LUMSA di Roma e con un Master in Istituzioni Parlamentari conseguito alla Sapienza di Roma, coltivo il sogno di una carriera diplomatica. Semino buoni propositi per realizzare i miei obiettivi, con gli occhi della curiositĂ  puntati sul futuro, accompagnata da tenacia, determinazione e da una grande fame di sapere.

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