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L’Italia tra triplice alleanza e triplice intesa

Caffè 150 – Il 1882 segna l’abbandono della politica di non-allineamento che l’Italia aveva mantenuto a partire dall’UnitĂ  e il suo ingresso nel sistema difensivo bismarckiano attraverso l’adesione alla Triplice Alleanza affianco a Germania e Austria-Ungheria. La situazione europea contingente, i moti interni legati alla questione delle terre irredente, la paura che le idee repubblicane potessero minare la monarchia sabauda e la volontĂ  di portare il paese nel sistema internazionale europeo, costrinsero il governo ad adottare una nuova politica attiva.

 

L’ITALIA ENTRA NELLA TRIPLICE ALLEANZA: La decisione di optare per la Triplice, nonostante il forte sentimento anti-austriaco italiano, fu determinata dagli accordi che le potenze europee stipularono allaConferenza di Berlino del 1878 con la quale posero fine alla Questione Orientale e iniziarono la “spartizione del mondo”.

L’avallo concesso da Gran Bretagna e Germania alla Francia per l’espansione in Tunisia, dove il Regno d’Italia aveva importanti interessi economici, evidenziò la necessità di abbandonare al più presto la politica di non-allineamento se si voleva raggiungere una posizione equiparata a quella degli altri paesi. Il 20 Maggio 1882 il Ministro degli Esteri Mancini firmò il Trattato di adesione alla Triplice Alleanza.

Inizialmente l’Italia si trovava in una posizione di debolezza rispetto agli alleati, ciò non deve distogliere l’attenzione però dal fatto che grazie a questo accordo Bismarck scongiurava il pericolo di un avvicinamento della Francia all’Italia, e l’Austria vedeva placati, almeno momentaneamente, i moti irredentisti nei suoi territori a maggioranza italiana.

 

LA MANCATA STRATEGIA INTERNAZIONALE DEL REGNO: Solo a partire dal 1887, anno del primo rinnovo della Triplice, la situazione internazionale divenne più favorevole per l’Italia. Tale posizione di vantaggio non trovava però le sue radici nella politica attiva e accorta del governo, ma bensì nelle difficoltà che si vennero a creare nel contesto europeo.

Il rinfocolarsi delle tensioni austro-russe e di quelle franco-tedesche fecero assumere un peso maggiore all’Italia sia per Triplice, sia per i paesi non alleati che iniziarono ad avvicinarla a sé per sottrarla agli avversari.

Fu grazie a questo stato di cose che il governo riuscì ad ottenere il tacito assenso per la futura espansione coloniale in Libia, e soprattutto ottenne l’accettazione del principio di compensazione territoriale da parte dell’Austria-Ungheria nel caso di un suo ampliamento di controllo sui Balcani.

Non essendo frutto di una vera strategia di politica internazionale, questa situazione però non era destinata a durare a lungo.

 

I PRIMI MUTAMENTI IN AMBITO INTERNAZIONALE:Dal 1890, a causa del passaggio dalla politica di equilibrio e di salvaguardia dello status quo continentale di Bismarck alla politica di potenza di Guglielmo II, si venne a rafforzare da prima l’alleanza franco-russa in funzione anti-tedesca, ed in seguito quella franco-britannica attraverso l’entente cordiale, con la quale le due potenze si riconoscevano tutte le conquiste coloniali e la rispettiva influenza in Marocco e in Egitto. Da questi due accordi nel 1907 nacque la Triplice Intesa, un’alleanza difensiva in funzione anti-tedesca.

In quegli anni l’Italia assunse effettivamente il ruolo di ago della bilancia negli equilibri europei tra le due opposte fazioni, perché sebbene facesse parte della Triplice, quest’ultima fu sempre minata dai contrasti tra il Regno e l’Austria per la questione delle terre irredente e dell’espansionismo asburgico nei Balcani.

 

GLI AZZARDI DELLA POLITICA INTERNAZIONALE ITALIANA – La volontĂ  di sfruttare la situazione internazionale e quella di dimostrare di meritare un ruolo di grande potenza equiparato a quello degli altri paesi portarono l’Italia a fare delle scelte azzardate in ambito coloniale. In poco tempo ciò le causò la perdita della posizione di vantaggio che aveva fortuitamente guadagnato negli anni precedenti, il rispetto e la considerazione in ambito europeo.

La disfatta di Adua del 1896 e la successiva annessione forzata della Libia nel 1912 non provocarono un’aperta opposizione né degli alleati, né di Francia e Gran Bretagna. Nonostante queste ultime non ne condividessero i metodi, temessero per una destabilizzazione dell’area balcanica e l’intervento italiano fosse in aperto contrasto con la politica britannica nel Mediterraneo, la necessità di allontanarla dalla Triplice le portò ad optare per il mantenimento di un atteggiamento di silente contrarietà e aperta condiscendenza.

La politica estera italiana palesò in quelle circostanze tutti i suoi limiti, il suo personalismo e la sua incapacità di creare situazioni favorevoli per sé, si dimostrò in grado solo di sfruttare le circostanze derivate dalla situazione contingente. L’unico motivo che spingeva il governo all’azione era la voglia di guadagnare qualcosa soddisfando le rivendicazioni sulle terre irredente, ricercando la posizione egualitaria e salvaguardando la monarchia sabauda dai i moti repubblicani.

 

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IL NUOVO SISTEMA DI ALLEANZE E LA GRANDE GUERRA – Anche le blande reazioni delle potenze europee però in quel momento trovavano la loro ragion d’essere nel contesto internazionale.

La frattura tra le potenze dell’Intesa e gli Imperi Centrali era sempre più profonda. La crisi marocchina del 1911, la politica coloniale tedesca in contrasto con quella britannica, ed il rafforzamento dell’alleanza tedesca con l’Austria della quale appoggiava le mire sui Balcani ostacolando le ambizioni russe, trasformarono l’Italia in un prezioso alleato.

Non solo, a causare il definitivo collasso della Triplice sopraggiunsero anche gli eventi successivi all’attentato di Sarajevo. L’ultimatum di Germania e Austria inviato alla Serbia e la successiva dichiarazione di guerra non erano stati in alcun modo concordati con l’Italia, in aperta violazione del trattato. Ciò permise al governo italiano di sentirsi libero da ogni obbligo e di poter prendere le distanze da un’alleanza che non rispondeva più in maniera efficace agli obbiettivi della politica estera nazionale. Inoltre, il rifiuto da parte austriaca di compensare l’Italia, in caso di espansioni territoriali nei Balcani, fece definitivamente cadere l’ipotesi di entrare in guerra al fianco delle Potenze Centrali e diede avvio alle trattative con l’Intesa. Solo dieci giorni prima che l’Italia firmasse il Patto di Londra la corona asburgica acconsentì a farle delle concessioni nella speranza di guadagnare almeno la sua neutralità, ma la proposta arrivò tardiva e insoddisfacente. Il 26 aprile 1915 l’Italia entrò a far parte dell’Intesa.

 

I RAPPORTI CON I NUOVI ALLEATI – Il patto prevedeval’ingresso in guerra dell’Italia entro un mese contro tutti i nemici comuni, in cambio, a guerra finita, avrebbe conseguito i confini naturali della penisola, attraverso l’annessione del Trentino, del sud Tirolo fino al confine del Brennero, la Venezia Giulia e l’intera penisola Istriana (esclusa la cittĂ  di Fiume) una parte della Dalmazia e numerose isole adriatiche.

Tuttavia l’intesa tra gli alleati non fu mai totale. Le distanze venivano aumentate dai diversi obbiettivi con cui i le nazioni affiancate nella lotta agli imperi centrali erano scese in guerra. Per l’Italia contavano molto le questioni irredentiste e di conseguenza la sconfitta del vecchio nemico, l’Austria. Per Inghilterra, Francia e Russia l’avversario da battere era soprattutto l’impero prussiano. Non a caso il Regno d’Italia dichiarò guerra alla Germania solo 15 mesi dopo l’inizio delle ostilità con gli austriaci.

A causa di questa divergenza di vedute i rapporti con gli alleati, anche in questo caso, furono sempre piuttosto tesi.

 

LA FINE DELLA GUERRA E LA POLITICA WILSONIANA:Con la fine del conflitto l’Italia comprese che la sua mancata volontà di partecipare attivamente al conseguimento di un obiettivo comune, le impedì di raggiungere l’agognato status di potenza eguale e il suo rimase sempre un ruolo di attrice non protagonista. Non era stata resa partecipe degli accordi su Costantinopoli e di quelli di Sykes-Picot e il successo dei 14 punti di Wilson la resero in un “alleato dimezzato”. Ilprincipio di nazionalità stabilito dal presidente statunitense, inoltre, confliggeva con agli accordi stipulati a Londra, e riconosceva i confini naturali dell’Italia solo alla metà occidentale dell’Istria. Molte delle richieste di compensazione territoriale fatte dal governo italiano non furono accolte e a tal proposito nel Regno si parlò di“vittoria mutilata”.

 

Marianna Piano

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