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Un tè lungo la ring road – 2

Parte II – Seconda parte della nostra analisi del viaggio del Primo Ministro indiano in Afghanistan. L'India cerca di inserirsi in un gioco alquanto complesso, dove i rapporti tra Pakistan e Stati Uniti, dopo l'uccisione di Bin Laden, hanno bisogno di un nuovo slancio. Quali sono gli spazi di manovra per il colosso indiano? Nuova Delhi cerca di sottrarre spazio a Islamabad, e di guadagnare un posto di primo piano nella contesa regionale. Con un occhio rivolto alla Cina…

Parte II di II

LA STRATEGIA DI NUOVA DELHI – Sul lato opposto rispetto al Pakistan si posiziona l’India che è alla ricerca di una maggior influenza sul territorio afgano e forte del suo ruolo di potenze economica nell’area asiatica, è oggi uno dei principali donatori nelle politiche di ricostruzione e sviluppo in Afghanistan: la visita stessa del Primo Ministro indiano sancisce ulteriori aiuti finanziari per un totale di 1.5 miliardi di dollari; l’India fornisce inoltre tecnologia di buon livello tramite propri ingegneri al lavoro in tutto il paese per la costruzione di dighe (tra cui una nella regione di Herat) e programmi di ricostruzione di centrali idroelettriche. Da non trascurare la costruzione della Ring Road, la più importante ed anche unica strada in Afghanistan in grado di collegare l’intero paese: uno dei grossi e annosi problemi dell’Afghanistan è la mancanza totale di infrastrutture che non consentono e rendono più difficoltoso perciò lo sviluppo economico del paese. C’è chi vede dietro tutti questi progetti e sostegni indiani il secondo fine di accedere alle risorse energetiche del paese, principalmente idrocarburi, fondamentali nel sostenere l’attuale fase di ascesa economica indiana. Avere un ruolo attivo e centrale nel territorio afghano consentirebbe all’India di poter controllare i confini con il Pakistan da possibili infiltrazioni jihadiste. La visita del Primo Ministro indiano Manmohan, se segue quella dello scorso febbraio di Karzai in India, è servita anche per ottenere rassicurazioni e vigilare sul processo di riconciliazione in atto nel paese, processo che può avere importanti ripercussioni sull’andamento dei finanziamenti dati all’Afghanistan: la paura che una ricaduta del paese nel baratro della guerra civile possa far andare in fumo i cospicui finanziamenti è piuttosto diffusa tra gli ambienti indiani. Ecco il motivo per cui l’India preme per una maggiore stabilità del paese dal punto vista interno.

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IL QUARTO ATTORE – Nel complesso scacchiere afgano e all’interno del triangolo indo-pakistano-afgano, chi gioca un ruolo fondamentale e decisivo sono gli Stati Uniti, artefici “dell’esportazione della democrazia” in Afghanistan e alleati sia dell’India che del Pakistan, considerato un alleato “imperfetto”. La politica estera americana in Afghanistan è attualmente ad un punto di non ritorno: da un lato l’uccisione di Osama Bin Laden parrebbe aver riportato serenità e tranquillità nel territorio afgano ma dall’altro non ha fatto altro che inasprire e incrinare i rapporti con l’alleato Pakistan che accusa gli Stati Uniti di aver violato la propria sovranità’ entrando in territorio pakistano senza nessun tipo di autorizzazione. Gli Stati Uniti si trovano ora a dover decidere tra un ritiro immediato delle truppe e quindi un maggior conferimento di autonomia alle autorità locali afgane e alle sue forze di polizia, anche attraverso il sostegno militare e cooperazione dei paesi alleati che hanno delle truppe sul suolo afgano tra i quali l’Italia, o un maggiore coinvolgimento stesso degli Stati Uniti sul suolo afgano, cosa attualmente poco probabile. L’opzione di un immediato ritiro delle truppe apre degli scenari complessi e intricati nella geopolitica della zona dell’Asia meridionale: a chi demandare e assegnare il ruolo centrale nell’opera di ricostruzione della nazione afgana? Al confinante Pakistan, da sempre alleato degli Stati Uniti, paese che non offre garanzie dal punto vista legale e democratico ma comunque incline ad avere un ruolo preponderante in Afghanistan con il quale condivide i confini territoriali? Oppure all’alleata India, uno dei principali partner esteri del commercio di beni e servizi con gli Stati Uniti e paese dove quest’ultimi hanno i maggiori investimenti economici e che sarebbe anche ago della bilancia nella zona Asiatica e controparte del dragone cinese?

SCENARI FUTURI – I rapporti tra Pakistan e Stati Uniti sono al momento alquanto delicati, il Pakistan è agli occhi degli americani un alleato “imperfetto”: gli USA sospettano e accusano il Pakistan di complicità e appoggio ad organizzazioni terroristiche di matrice jihadista; la complicità dell’Isi, l’intelligence pakistana, con gruppi di jihadisti con l’intento di intimidire l’India è ben nota. Ma nonostante questo la diplomazia americana cerca di tenere in piedi l’immagine di una stretta collaborazione con le forze pakistane. Inoltre negli ultimi tempi i rapporti tra Pakistan e Afghanistan hanno raggiunto ottimi livelli di dialogo e cooperazione sia dal punto di vista politico sia economico tali da far presagire per il Pakistan un ruolo centrale e predominante nel processo di riconciliazione e ricostruzione afgana. Dall’altro, il riavvicinamento del Pakistan, ha sicuramente aumentato i timori delle autorità e della diplomazia indiana che ha tutto l’interesse, per i motivi esposti sopra, ad avere un ruolo di pivot in Afghanistan. La visita di Manmohan Singh è volta a mostrare al mondo, e soprattutto al Pakistan e alla Cina, il ruolo che questo paese è pronto a rivestire all’interno del complesso sistema economico mondiale (l’India si candida, secondo alcuni analisti, a superare la Cina come potenza economica globale). Le future mosse dell’alleato indiano potrebbero aprire degli scenari decisivi per la sicurezza e stabilità dell’Afghanistan e sia per il futuro sviluppo economico di questo paese. Decisivo per le relazioni tra i due paesi saranno anche le prossime mosse e decisioni che saranno prese dall’amministrazione Obama.

Concettina Putzolu

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