Mentre l’operazione Protective Edge di Israele continua a Gaza con gli scontri a terra e le diplomazie internazionali cercano una tregua che ancora sfugge, cerchiamo di capire qualcosa su quello che accade nella Striscia.
Già da qualche giorno è iniziata la fase terrestre dell’Operazione Protective Edge lanciata da Israele contro Hamas a Gaza. Tuttavia, mentre aumentano le vittime e l’intensità degli scontri, Israele sembra mantenere un atteggiamento puramente reattivo, a tutto discapito della sua strategia.
TUNNEL – Il governo Israeliano in effetti non aveva grande intenzione di impiegare le truppe di terra, o almeno non ancora, ma la decisione è cambiata in seguito ad alcuni tentativi di Hamas di infiltrarsi in Israele tramite tunnel sotterranei. Nessun tentativo è riuscito, ma il timore di trovarsi a dover combattere nelle proprie retrovie contro un numero potenzialmente sconosciuto di avversari ha portato alla decisione di agire preventivamente e distruggere i tunnel stessi. Da qui la decisione di invadere la Striscia in maniera parziale – a nord e a sud, nelle zone di confine, dove si presumeva fossero i principali scavi – e non eseguire alcuna penetrazione profonda come già eseguito durante l’Operazione Cast Lead (quando la brigata corazzata Barak aveva tagliato in due la Striscia). Una decisione che risulta, appunto, una reazione a una situazione non prevista.
SORPRESE – La maggiore sorpresa è stata la scoperta di quanto fosse esteso il network di tunnel, sia verso Israele sia interno alla Striscia, un vero e proprio sistema di movimento e comunicazione sotterraneo probabilmente studiato e creato dopo il 2009 per permettere ai miliziani di muoversi anche in caso di invasione massiccia. Molti tunnel iniziano o finiscono in edifici che Hamas ha anche fornito di trappole esplosive (anche questo già visto in Cast Lead), cosa che ha aumentato le vittime tra le IDF.
STAND OFF – Contrariamente a quanto successo in Cast Lead però, questa volta Israele non appare (ancora) intenzionata a un’operazione più profonda, cosa che presenta – operativamente parlando – più svantaggi: i miliziani di Hamas sono meno pressati e possono contrattaccare e gli israeliani, per evitare le trappole, spesso preferiscono sparare direttamente sugli edifici da lontano piuttosto che andare casa per casa. Questo ovviamente limita l’efficacia dell’azione e aumenta i morti, soprattutto civili. Allo stesso tempo la scarsa incisività militare dell’azione e varie imboscate del nemico stanno facendo lentamente lievitare il numero di morti e feriti anche tra le IDF.
GOLDSTONE 2.0? – Proprio la questione delle morti di civili innocenti, in numero sempre crescente, è al centro del dibattito pubblico. Israele stesso ha dichiarato di aver eliminato numerosi terroristi, ma il numero fornito indica come anche Tel Aviv riconosca un elevato numero di civili uccisi e la sua tattica attuale, combinata al continuo bombardamento dal cielo, contribuisce a peggiorare le cose. Hamas da parte sua continua a lanciare razzi, causando le prime vittime israeliane, ma il sistema Iron Dome appare ancora capace di proteggere gran parte del Paese.
L’ONU stessa ha già dichiarato di voler approfondire la questione e ha accusato entrambi di sparare ai civili, ipotizzando l’accusa di crimini di guerra contro Israele, mentre l’UNRWA ha scoperto due depositi di razzi sotto le scuole da essa gestite nella Striscia. E’ probabile che, così come dopo Cast Lead ci fu il rapporto Goldstone, anche dopo Protective Edge venga eseguita un’indagine volta a porre sotto accusa i responsabili di entrambe le parti per la condotta di guerra ed è plausibile che anche in questo caso la strategia militare israeliana verrà messa al centro dell’inchiesta.
LEZIONI MANCATE, LEZIONI IMPARATE – Al di lĂ del giudizio morale, appare evidente che le operazioni Israeliane siano caratterizzate da una minore incisivitĂ rispetto al passato, limitate a reagire alle azioni e alle sorprese avversarie piĂą che a imporre la propria condotta di guerra. Per Israele il problema è che la decisione del governo di trattenere le operazioni militari non sta dando i frutti sperati e sta comunque aumentando le morti civili e il relativo biasimo internazionale. Hamas da parte sta subendo una forte pressione ma appare ancora lontana dal cedere e ha giĂ colto un importante successo tattico: per quanto i tunnel per ora non siano serviti a infiltrare Israele, essi hanno sconvolto i piani avversari e sono riusciti a costringere le IDF a una condotta di guerra a loro meno congeniale. Essendo ancora entrambi lontani dal cedere, possono permettersi di porre le proprie condizioni per una tregua che ancora non sembra alla portata.
Lorenzo Nannetti