In 3 sorsi – Il referendum sull’indipendenza del 2017 in Catalogna aveva affermato la vittoria dell’indipendentismo. Le elezioni regionali dello scorso 14 febbraio hanno ribadito la vittoria degli indipendentisti, ma la frattura della societĂ rimane una questione irrisolta.
1. GLI ESITI
Domenica 14 febbraio in Catalogna si sono tenute le elezioni regionali per il Parlamento. I seggi, per un totale di 135, vengono assegnati sulla base della legge elettorale che utilizza il metodo d’Hondt, un modello matematico usato nei sistemi proporzionali per attribuire i seggi (il totale dei voti di una lista si divide per una serie di coefficienti fino ad arrivare al numero di seggi da distribuire). Rispetto agli esiti del voto si registra una parità dei seggi ottenuti dagli indipendentisti e dai socialisti. Il Partito dei socialisti della Catalogna (PSC), rappresentato dal candidato Sanità Salvador Illa, Ministro della Salute del Governo Sanchez, ha registrato un aumento di consensi e di voti rispetto al 2017, passando da 17 a 33. Questo dato rappresenta un buon risultato per il partito, ma non basta a ottenere la maggioranza. Hanno conquistato 33 seggi anche gli indipendentisti di ERC (Esquerra Republicana de Catalunya), risultato che apre la possibilità di formare un Governo indipendentista con gli altri partiti dello stesso fronte: Junts per Catalunya, che ha ottenuto 32 seggi, e Candidatura d’Unitat Popular (CUP), che ne ha ottenuti 9. Con questa unione il fronte indipendentista arriverebbe a una maggioranza di 74 seggi. L’ipotesi di una coalizione con le altre parti separatiste è sostenuta soprattutto dall’esponente di ERC, Pere Aragones, che ha annunciato che non si alleerà con i socialisti, ma punterà a formare una maggioranza con CUP e Juntos, mettendo da parte le divergenze. Per la prima volta riesce a superare la soglia di sbarramento del 3% anche il partito di estrema destra Vox, che ha ottenuto 11 seggi.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Le immagini del voto durante la pandemia
2. LE DIVERGENZE DELLA SINISTRA
Pere Aragones ha dichiarato di voler instaurare quanto prima un dialogo con i leader di Juntos per Catalunya e di Candidatura d’Unitat Popular (CUP), per formare un esecutivo favorevole all’autodeterminazione della Catalogna. ERC si pone alla guida dell’intesa di governo, ma tra i tre partiti rimangono ancora delle questioni aperte. Prima fra tutte la contrapposizione tra Juntos e ERC: stando alle dichiarazioni della prima forza, Esquerra ha abbracciato una posizione più moderata, abbandonando la linea dura sulla questione dell’indipendentismo. In particolare si rimprovera al partito di Aragones la scelta di apertura e dialogo nei confronti di Madrid. La stessa divisione interna della sinistra rispecchia anche la spaccatura dell’opinione pubblica, che nei sondaggi di dicembre 2020 si confermava ancora divisa: il 49,9% dei catalani è contrario alla secessione dal Regno di Spagna, mentre il 45,1% è favorevole. A differenza di Juntos, che continua a sostenere l’indipendenza e la convocazione di un nuovo referendum su spinta del Presidente esiliato Puigdemont, gli indipendentisti di ERC sono coscienti del calo di consensi nell’opinione pubblica rispetto alla questione secessionista.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – I leader di ERC, Pere Aragones e il suo vicepresidente, mentre festeggiano l’esito delle elezioni
3. LE QUESTIONI SULLO SFONDO
Il voto catalano si colloca in un contesto che è ancora ben poco sereno: dal 2017 la questione indipendentista è il tema principale della regione e questa mancanza di dinamismo crea una paralisi rispetto alla societĂ catalana. La spaccatura è stata definita dalla stampa spagnola “desgarro”, cioè “lacerazione” e il decennio all’insegna del separatismo viene chiamato “dĂ©cada perdida”. I dieci anni persi ai quali si riferiscono i media comprendono l’arco temporale dal 2012 ad oggi, segnato dalla perdita di rilievo in Unione Europea della regione, dalla scelta delle imprese di delocalizzare i propri stabilimenti e dalla frattura sociale tra le due metĂ catalane. Ad appesantire il clima, le elezioni sono state segnate da una scarsa partecipazione. Si è registrato un crollo dell’affluenza rispetto alle elezioni del 2017, causato dall’impatto della pandemia da coronavirus: la percentuale dei votanti ha superato di poco il 53%. In vista delle elezioni si è anche discusso a lungo sulla possibilitĂ di rimandare le urne. Difatti il Governo catalano aveva deciso di rinviare le elezioni regionali al 30 maggio, per la grave situazione dei contagi che sta vivendo la Spagna. Tuttavia la possibilità è stata esclusa dal Tribunale superiore di giustizia della Catalogna, che ha decretato il voto per il 14 febbraio.
Alessandra Fiorani
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