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Imran Khan e la lunga marcia per la giustizia in Pakistan

Islamabad, capitale del Pakistan, è protagonista da giorni della marcia pacifica di migliaia di sostenitori di Imran Khan, leader del partito politico Pakistan-Tehereer-e-Inshaf (PTI), organizzata per chiedere le dimissioni del primo ministro Nawaz Sharif.

ELEZIONI IN PAKISTAN – Nel2013 il nome di Imran Khan ha fatto il giro del mondo. Per la prima volta nella sua storia il Pakistan ha assistito a uno scontro elettorale per la poltrona di Primo Ministro tra un candidato politico esperto e navigato come Nawaz Sharif, Presidente della Lega musulmana pakistana (Pakistan Muslim League – PML-N), il leader del Pakistan People’s Party (PPP), Bilawadi Bhutto Zardari, figlio di Benazir Bhutto e dell’attuale Presidente in carica Asif Ali Zardari e l’ex campione di cricket, Imran Khan.
La vittoria di Sharif e del suo partito non ha convinto però le forze politiche avversarie, che l’hanno giudicata frutto di brogli elettorali e di intrighi di palazzo. Le elezioni del 2013 hanno comunque dato il via a un significativo cambiamento di rotta, che ha portato al tracollo del PPP e all’emergere di una nuova forza politica: il PTI.
Fino a oggi il Pakistan ci ha abituati a un carosello politico composto da pochi attori che si sono alternati negli anni tra esili, colpi di Stato e ingerenze dei servizi segreti nelle alte sfere del potere. Ma negli ultimi anni, un’emergente e consistente generazione di giovani e di appartenenti alla middle-class pakistana sembra determinata a donare una nuova identitĂ  sociale a questo Paese, spesso protagonista di atti di terrorismo, corruzione e guerre civili. Il cambiamento potrebbe avere il volto di Imran Khan, il quale pare avere le carte in regola per diventare, in un futuro non lontano, un protagonista sempre piĂą rilevante nell’intricato scenario partitico pakistano.
Il 14 agosto, 67° anniversario dell’indipendenza del Pakistan, il leader del PTI, ha scelto di indire l’Azadi March (Marcia per la libertà), mobilitando migliaia di sostenitori affinché venga fatta giustizia politica con le dimissioni di Sharif.

imran_khan_poster_2_by_imadkhan-d4k9cjaIMRAN KHAN – In Italia è poco conosciuto al pubblico, ma in Pakistan è un eroe nazionale in virtù dei suoi trascorsi sportivi, tanto da essere stato proclamato nel 2012 come l’uomo più noto non solo del suo Paese, ma di tutta l’Asia.
Classe 1954, ex stella e capitano della Nazionale di cricket, nel 1992 porta la squadra all’unica vittoria mondiale della sua storia, entrando nella leggenda dello sport pakistano, ma soprattutto nel cuore dei suoi connazionali. Dal campo di gioco all’arena politica il passo è stato breve, perchĂ© Khan, al di lĂ  del suo passato da cricketer, è un uomo colto e ambizioso, che sogna un futuro democratico per il Pakistan. Con una laurea in filosofia conseguita all’UniversitĂ  di Oxford e un indiscutibile charme, Khan diventa protagonista del jet set internazionale, che gli regala popolaritĂ  e fama di playboy. In seguito, il matrimonio con una donna inglese appartenente all’alta societĂ  britannica, Jemima Goldsmith, permette a Khan di entrare in stretto contatto con le personalitĂ  piĂą in vista e influenti del mondo occidentale.
Tornato in patria nel 1996, decide di dedicarsi alla filantropia e all’attivismo politico: fonda, nell’aprile dello stesso anno, il Pakistan-Tehereer-i-Inshaf (Movimento per la giustizia), di cui diventa il leader indiscusso. Suo obiettivo è trasformare il linguaggio politico pakistano, di stampo militare e pseudo-democratico, in uno piĂą vicino all’ascolto dei bisogni del popolo.

IL PROGRAMMA POLITICO – La linea del PTI si basa essenzialmente su un welfare di stampo anglosassone che possa arginare e ridurre le condizioni di estrema povertà in cui versa gran parte della popolazione (specialmente nelle zone rurali); sull’istruzione obbligatoria per tutti (sia bambini che bambine), in un Paese nel quale l’analfabetismo tocca punte drammatiche, specialmente nei territori controllati dai talebani e dall’estremismo islamico; su un’assistenza sanitaria più equa e capillare che copra anche le regioni più impervie e inaccessibili, come quelle, per esempio, delle aree tribali.
Ma tra i punti di forza politica di Khan, largamente condivisi e capaci di raccogliere le simpatie di molti suoi connazionali (in particolare tra i giovani), ci sono la lotta alla corruzione, che in Pakistan è un fenomeno endemico in grado di coinvolgere la politica e lo Stato a quasi tutti i livelli, e la campagna contro l’uso dei droni statunitensi nelle aree tribali e nelle FATA (Federal Administration Tribal Areas).
Il PTI si è distinto per le molteplici attività di informazione e le numerose manifestazioni per sensibilizzare l’opinione pubblica, sia nazionale, sia internazionale, sulle vittime civili, soprattutto donne e bambini lungo il confine del passo Khyber, tra Afghanistan e Pakistan, considerato uno dei punti più caldi del Paese per la lotta al terrorismo.
Nonostante l’agenda politica del PTI risulti, in realtà, di difficile attuazione, l’innato carisma e l’enorme popolarità del suo leader hanno portato il Movimento della giustizia a essere la terza forza del Paese, dopo la Lega musulmana e il Partito popolare pakistano, le cui sorti sono state legate a Zulfiqar Bhutto (giustiziato nel 1979) e Benazir Bhutto (assassinata a Rawalpindi nel dicembre 2007).

Un'immagine della marcia
Un’immagine della marcia

IL SUCCESSO DEL PTI – La campagna di Khan ha quindi mobilitato migliaia di sostenitori del PTI, che hanno accolto positivamente l’appello del loro leader a invadere pacificamente Islamabad.
Ma in questi stessi giorni, per motivazioni politiche diverse, anche Thair-ul-Qadri, capo religioso e fondatore del Pakistani Awami Tharik (PAT), ha organizzato un sit-in pacifico nella capitale. Nel 2013, a seguito della sua sconfitta elettorale, Qadri si era trasferito in Canada, ma ha deciso di organizzare una lunga marcia su Islamabad per denunciare gravi episodi di corruzione nel Governo di Sharif. Il leader del PAT era ancora in Canada quando alcuni suoi sostenitori sono stati uccisi a Lahore in uno scontro con la polizia locale (14 morti e più di 100 feriti), episodio tuttora senza responsabilità penali acclarate. Qadri, tornato rapidamente in Pakistan, ha raggiunto Islamabad per chiedere da un lato che sia fatta giustizia, dall’altro le dimissioni dell’attuale Primo Ministro. La coincidenza delle mobilitazioni ha creato una sorta di alleanza tra i due leader, sebbene le motivazioni e le cause politiche siano differenti.
Tuttavia il Pakistan è un Paese politicamente instabile dove un sit-in e un’invasione pacifica di una città possono bruscamente portare a conseguenze inaspettate.

SITUAZIONE DI EMERGENZA – Fino a venerdì 29 agosto la situazione, ritenuta d’emergenza, era sotto controllo e si manteneva sui toni di un confronto pacifico, ma l’appello di Khan alla «disobbedienza civile» e l’annuncio dell’«assedio pacifico» della residenza politica di Nawaz Sharif hanno fatto precipitare gli eventi. Inevitabile il coinvolgimento della polizia, pronta a mettere a tacere, con l’uso della violenza, le voci dei manifestanti.
Sabato notte circa 25mila persone hanno marciato alla volta della residenza del Primo Ministro. Ne sono seguiti scontri violenti e uso di gas lacrimogeni che hanno provocato la morte di 5 persone e un centinaio di feriti. Ma anche all’interno delle forze militari non mancano voci di dissenso nei confronti del Governo: un’ufficiale della polizia di Islamabad, per esempio, ha rassegnato le dimissioni, rifiutandosi di usare la forza contro dimostranti pacifici. La protesta, nel frattempo, si è estesa anche a Lahore, ma Sharif al momento non è intenzionato a dialogare con Khan e Qadri.
Il Pakistan sembra ora spaccato in due fazioni: coloro che chiedono, a gran voce, le dimissioni di Sharif e coloro che sostengono l’attuale Governo in carica. Il rischio è che la marcia, nata come un movimento pacifico, possa condurre il Paese sull’orlo di una guerra civile.

Barbara Gallo

 

[box type=”shadow” align=”aligncenter” ]Un chicco in piĂą

Il giornale on-line Dawn segue in tempo reale la protesta con interessanti approfondimenti politici. Si possono trovare aggiornamenti anche sul sito Dunya News.[/box]

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Barbara Gallo
Barbara Gallo

Ha conseguito la Laurea in Sociologia con una Tesi sulle donne afghane. E ciò non ha fatto che aumentare la sua passione e il suo amore per quelle terre belle e selvagge e per quelle popolazioni fiere e coraggiose. Collabora con Archivio Disarmo perché sogna la pace e con la Fondazione Pangea perché sogna un futuro migliore per le donne. Attualmente vive e lavora come giornalista pubblicista a Roma.

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