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L’intelligence militare oggi: rilevanza e discipline di raccolta

Miscela Strategica – Tecnologie sempre più avanzate che si mescolano al lavoro (diverso rispetto al passato, ma non troppo) degli operatori: un’analisi del concetto di intelligence, della sua importanza sul campo di battaglia e delle diverse fonti informative.

TENTATIVO DI DEFINIZIONE – La complessità del concetto di intelligence emerge dall’assenza di una definizione univoca e largamente condivisa. Una delle definizioni più “complete” di intelligence è forse quella fornita da Mark Lowenthal, che nel suo Intelligence: From Secrets to Policy del 2002 la descrive come «il processo attraverso il quale specifici tipi di informazioni rilevanti per la sicurezza nazionale vengono richieste, raccolte, analizzate e fornite ai policymakers; il prodotto di questo processo; la salvaguardia di questi processi e informazioni grazie all’attività di controspionaggio; il compimento di queste operazioni come richiesto dalle Autorità competenti».

IL CICLO DI INTELLIGENCE – La locuzione è utilizzata quando si parla di intelligence come processo. Questo, articolato in diverse fasi, consente la trasformazione dei dati “grezzi” in intelligence (stavolta intesa come prodotto). Il ciclo, valido sia per l’ambito civile che per quello militare, inizia con la formulazione delle necessità informative da parte di soggetti a questo deputati (per esempio le agenzie), che si occupano anche della pianificazione delle fasi successive. Si ha poi la fase di ricerca, che viene condotta con i metodi (che verranno poi meglio analizzati) ritenuti più idonei dai pianificatori. Le informazioni raccolte giungono poi agli analisti, che si occupano di valutarle, elaborarle e aggregarle, operandone la trasformazione in intelligence. I risultati ottenuti sono poi inoltrati a chi li aveva richiesti: quest’ultima fase, abitualmente definita di disseminazione, trova la sua rilevanza nel fatto che l’intelligence acquisisce senso nel momento in cui viene applicata.

L’INTELLIGENCE MILITARE – L’obiettivo principale dell’intelligence militare è acquisire il maggior numero di informazioni possibili per la difesa della sicurezza nazionale e per configurare – preparandosi in una serie di ambiti che verranno analizzati a breve – un vantaggio rispetto all’avversario. In base a quanto stabilito in fase di pianificazione, l’intelligence militare può essere strategica, operativa o tattica.

  • L’intelligence strategica è quella che consente a un Paese (o a un gruppo di Paesi nel caso di missioni multinazionali) di ottenere una conoscenza di tipo politico, economico e militare in merito a una determinata area o a uno o più eventi di portata internazionale, così da poter organizzare al meglio le attività in caso di crisi o scontri.
  • L’intelligence operativa, invece, è legata a operazioni che dovranno essere svolte in un’area specifica. Affinché i comandanti coinvolti possano procedere alla pianificazione è necessario raccogliere e analizzare informazioni (militari, ma anche politiche, sociologiche, geografiche, climatiche, storiche) che consentano di ottenere una conoscenza quanto più completa possibile dei luoghi in cui si opererà.
  • L’intelligence tattica è ancora più specifica, essendo riferita a un’area ristretta del teatro operativo e a particolari missioni. Diversamente da quanto avviene a livello strategico e operativo, le informazioni raccolte in teatro operativo sono fonti primarie: per tale motivo l’intelligence tattica è l’unica a essere condotta durante le attività militari (e non prima).

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Fig.1 – HUMan INTelligence (HUMINT), ricognizione sul campo di battaglia

INTELLIGENCE PREPARATION OF THE BATTLEFIELD – Quando i vertici militari si trovano a dover organizzare un’operazione, ricorrono alla cosiddetta Intelligence Preparation of the Battlefield, cioè alla raccolta di informazioni utili alla definizione delle minacce in una specifica area e alla determinazione delle attività atte a contrastarle. Di solito tale preparazione comprende quattro fasi: la definizione della battlefield area, la descrizione degli effetti che l’ambiente in cui si andrà a operare potrà avere sulle proprie truppe, la valutazione della minaccia e l’identificazione delle possibili azioni dell’avversario. Con la definizione della battlefield area si stabiliscono lo spazio fisico entro cui si svolgeranno le operazioni e le altre eventuali aree di interesse che potrebbero influenzarle, e si procede poi al reperimento delle informazioni – che possono essere di carattere geografico, meteorologico, demografico, infrastrutturale. Successivamente gli analisti si occuperanno di valutare le informazioni e definire le influenze che gli elementi individuati potrebbero aver sul corso delle operazioni (fase due) e le possibili minacce che, in base al tipo di missione, potrebbero intralciare le proprie operazioni (fase tre). Infine, i risultati raccolti nelle fasi precedenti vengono integrati tra loro, così da creare dei modelli che delineino quali saranno le azioni che il nemico potrebbe mettere in pratica in considerazione delle condizioni del terreno e delle sue capacità.

LE DISCIPLINE DI RACCOLTA DELLE INFORMAZIONI – Un elemento particolarmente rilevante del ciclo di intelligence è dato dalle tecniche per la raccolta delle informazioni, che possono andare dall’utilizzo di operatori/agenti (la cosiddetta HUMINT, HUman INTelligence), all’impiego dei più sofisticati sistemi di intercettazione dei segnali (quella che viene definita SIGINT, SIGnal INTelligence), arrivando, soprattutto in tempi più recenti, all’utilizzo delle fonti aperte (in questo caso si parla di OSINT, Open Source INTelligence). Data l’eterogeneità di queste tecniche, diviene particolarmente importante cercare di individuare già nella fase di pianificazione quella o quelle utilizzabili per reperire (come prescritto dalla dottrina NATO) informazioni che siano rapide, accessibili al decisore, riservate, attendibili e quanto più precise possibili. Le tecniche migliori per soddisfare particolari requisiti informativi vengono scelte, in ambito militare, in base al tipo di operazione e al proprio avversario. Per esempio, l’IMINT (l’intelligence che sfrutta la raccolta di immagini) era parecchio utilizzata durante la Guerra Fredda di fronte a un avversario che era facilmente identificabile. Durante la lotta al terrorismo, proprio per le maggiori difficoltà di individuazione del nemico – che non possiede un esercito ben definito, – il suo impiego si è ridotto in favore della SIGINT (l’intelligence che sfrutta l’intercettazione di segnali).

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Fig.2 – IMagery INTelligence (IMINT), veduta aerea di un villaggio afghano

HUMAN INTELLIGENCE (HUMINT) – La HUman INTelligence è la tecnica più vecchia per l’acquisizione di informazioni, e probabilmente quella più conosciuta al grande pubblico. Anche se può sembrare un metodo desueto, le relazioni interpersonali sono ancora utilizzate come metodo di acquisizione di informazioni. A livello tattico, la HUMINT è abitualmente impiegata per identificare capacità del nemico e potenziali minacce. Rispetto ad altre tecniche che verranno adottate in seguito, l’impiego dell’HUMINT consente – grazie alla conoscenza dei vari canali informativi – di raccogliere velocemente informazioni affidabili, pronte dunque a essere utilizzate. Tra i diversi tipi di HUMINT si annoverano la ricognizione, l’interazione diretta con individui, l’acquisizione di informazioni (per esempio mediante interrogatorio), la sorveglianza, l’infiltrazione e lo spionaggio vero e proprio. Le attività di controspionaggio – e dunque la prevenzione e il contenimento delle azioni di spionaggio condotte da agenzie, organizzazioni o individui stranieri – sono considerate come strettamente collegate alla HUMINT.

IMAGERY INTELLIGENCE (IMINT) – L’IMagery INTelligence consiste nella raccolta di immagini tramite fotografie aeree (scattate già nell’Ottocento con l’ausilio di palloni aerostatici) o satellitari. La raccolta di immagini avviene grazie a diverse tipologie di sensori – fotografici/ottici, a infrarossi, multi-spettro e radar – montati su differenti mezzi. L’acquisizione di immagini con questo sistema permette una valutazione in tempo reale di ciò che avviene a livello tattico, fornendo ai comandanti la possibilità di identificare armamenti e capacità di comando dell’avversario, nonché di informare le proprie truppe di conseguenza. Consente inoltre di farsi un’idea più compiuta del terreno in cui si sta operando e, se necessario, di aggiornare le mappe possedute e pianificare meglio le azioni successive. Ognuno dei diversi sensori utilizzabili presenta vantaggi e svantaggi (per esempio, i sensori ottici sono preferibili con cielo sereno e durante il giorno, ma non in presenza di vegetazione rigogliosa), e sta alla bravura dei pianificatori comprendere quale di questi possa essere più adatto in una situazione specifica. Scelto il tipo di sensore, si stabilisce quale vettore lo ospiterà, così da procedere alla raccolta delle immagini. Diversi sono infatti i sistemi che possono trasportare i sensori (si va dagli aeromobili – sia manned che unmanned – ai satelliti), che a loro volta presentano vantaggi e svantaggi. Per esempio, se i velivoli unmanned sono preferibili nelle aree più pericolose, i satelliti – sebbene le immagini da questi raccolte non abbiano alta risoluzione – vengono preferiti per acquisire dati su aree particolarmente estese.

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Fig.3 – SIGnal INTelligence, un RC-135 Rivet Joint dell’USAF

SIGNAL INTELLIGENCE (SIGINT) – Disciplina molto ampia, si sostanzia nell’intercettazione – per esempio attraverso satelliti, navi, aeromobili, stazioni di terra – di segnali elettromagnetici ed elettronici. Le informazioni possono dunque essere acquisite identificando i segnali elettromagnetici, così da comprendere in modo immediato se vi possano essere possibili minacce, oppure intercettando le emissioni elettroniche provenienti dalle varie strumentazioni nemiche, avendo così la possibilità di tracciare i suoi spostamenti. In base al tipo di segnale rilevato, la SIGINT è distinta in tre sottogruppi principali, l’ELectronic INTelligence (ELINT), la Foreign Instrumentation Signals INTelligence (FISINT) e la COMmunications INTelligence (COMINT).
Il primo tipo riguarda l’individuazione della posizione di armamenti (batterie contraeree, navi, missili, strutture di comando e controllo, solo per citarne alcune) attraverso l’intercettazione dei segnali da questi emessi.
Il secondo intercetta i segnali provenienti da armamenti stranieri in fase di collaudo o di sviluppo. L’ultimo tipo è invece legato all’intercettazione delle comunicazioni, che sul teatro delle operazioni può avvenire ponendo una sofisticata strumentazione nelle adiacenze dei centri di comunicazione nemici. Nell’ambito delle comunicazioni, avviene spesso che le informazioni raccolte siano criptate, e dunque non disponibili per un’immediata utilizzazione: in questi casi si renderà necessario l’utilizzo di strumenti di crittoanalisi al fine di renderle comprensibili.

MEASUREMENT AND SIGNATURE INTELLIGENCE (MASINT) – Consente di derivare informazioni a partire da attributi fisici grazie alla misurazione di suoni, radiazioni e altri elementi non analizzabili mediante IMINT e SIGINT. Fornisce la possibilità di identificare le caratteristiche di una particolare fonte (measurement), facilitandone l’individuazione e la misurazione future (signature). Può essere utilizzata in chiave strategica o tattica – in quanto, per esempio, consente la valutazione delle postazioni e degli equipaggiamenti nemici, ma anche l’analisi delle condizioni del terreno o del meteo. La MASINT è spesso utilizzata in modo complementare ad altre tipologie di intelligence. Se ne distinguono diverse sottocategorie:

  • Radar intelligence, che utilizza un sistema radar di sorveglianza, acquisizione e ricognizione che consente di raccogliere immagini ad alta risoluzione per individuare obiettivi fissi e mobili, anche se sottomarini o sotterranei;
  • Frequency intelligence, atta alla raccolta, all’analisi e alla diffusione di dati derivati da emissioni elettromagnetiche trasmesse da sistemi d’arma, e che consente, per esempio, di misurare gli impulsi radio che derivano da test nucleari;
  • Electro-optic intelligence, che raccoglie dati provenienti da emissioni a infrarossi o ultraviolette e consente di individuare una vasta gamma di elementi, dalle infrastrutture ai dissesti idrogeologici causati da armi di distruzione di massa;
  • Geo-physical intelligence, che considera suoni, onde e vibrazioni che sono presenti nell’acqua e nell’atmosfera;
  • Nuclear intelligence, che monitora ciò che è legato all’ambito nucleare, dalle esplosioni alle radiazioni e alle infrastrutture.

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Fig.4 – Alcuni radome del sistema SIGINT Echelon nella Bad Aibling Station, Germania

TECHNICAL INTELLIGENCE (TECHINT) – Questa forma di intelligence riguarda le capacità tecniche del nemico. È quindi utilizzata per comprendere, tramite personale appositamente addestrato, i suoi punti di forza e debolezza, così da poter pianificare le operazioni evitando che le truppe vengano colte di sorpresa e preparando le contromisure necessarie. Si raccolgono quindi informazioni sulla ricerca e sviluppo del nemico, sulle sue capacità tecnico-scientifiche, sui sistemi d’arma che questo detiene e sui materiali che può utilizzare. Impiegabile a tutti e tre i livelli di intelligence, a livello tattico consente, una volta comprese le dotazioni nemiche, di cogliere il nemico di sorpresa grazie al vantaggio tecnologico acquisito.

OPEN SOURCE INTELLIGENCE (OSINT) – Tra le tecniche di intelligence più recentemente introdotte spicca la Open Source INTelligence, che, come richiamato dallo stesso nome, si basa sull’utilizzo delle fonti aperte, intendendo con questo termine l’insieme di documenti reperibili dal grande pubblico, fonti accessibili soltanto a una parte di questo (è il caso della cosiddetta letteratura grigia, tra cui si annoverano – solo per citarne alcuni – documenti non ufficiali, bozze di relazioni o ricerche, working papers), ma anche le produzioni di missioni diplomatiche, Organizzazioni non governative o religiose, camere di commercio ed esperti. Più nel dettaglio, alle fonti “classiche” – i libri, le trasmissioni radio-televisive e i quotidiani – si è di recente aggiunta la ricerca su internet, che ha notevolmente aumentato la quantità di informazioni cui è possibile accedere, ponendo però, allo stesso tempo, problemi in merito alla verifica dell’attendibilità. Nel tentativo di ovviare a questo problema gli specialisti utilizzano sovente database o fonti reperibili a pagamento, che già all’origine vengono ritenuti come maggiormente affidabili.

Giulia Tilenni

[box type=”shadow” ]Un chicco in più

Fino a qualche anno fa, durante le operazioni di peacekeeping svolte sotto l’egida delle Nazioni Unite, non era previsto alcun meccanismo “autonomo” di intelligence, ma si sfruttavano le agenzie nazionali e i militari per acquisire le cosiddette military information necessarie alla conduzione delle operazioni. A partire dal 2006 – con prima sperimentazione nella missione MINUSTAH (Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite a Haiti) – sono stati introdotti i cosiddetti Joint Mission Analysis Center: con compiti specifici variabili in base alla singola missione, essi procedono all’aggregazione dell’intelligence militare, civile e politica relativa a ogni singola missione. Le forme di intelligence più utilizzate nel contesto di tali operazioni sono l’HUMINT e l’IMINT – anche grazie all’impiego di aeromobili a pilotaggio remoto Falco (prodotti dall’italiana SelexES) in dotazione alle stesse Nazioni Unite. [/box]

 

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Giulia Tilenni
Giulia Tilenni

Laureata magistrale in Relazioni Internazionali a Bologna – dove ha anche completato il Master in Diplomazia e Politica Internazionale, che l’ha portata a Francoforte sul Meno per un tirocinio di ricerca di tre mesi. Dopo una tesi in Studi strategici che analizza l’intervento militare in Libia del 2011 e una ricerca sui velivoli a pilotaggio remoto, è entrata a far parte del Caffè Geopolitico nel team Miscela Strategica.

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