L’Unione europea (UE) indica la prevenzione dei conflitti come uno degli obiettivi principali della propria politica estera. Bruxelles ha sempre espresso una ferma convinzione nella capacità di costituire uno spazio di pace e progresso ai confini dell’Unione tramite questa tipologia di misure.
LE RAGIONI DELLA PREVENZIONE – Alla luce del recente conflitto ucraino, un riesame delle azioni preventive implementate dall’UE appare doveroso e necessario: cosa non ha funzionato nelle iniziative europee? Gli strumenti adottati sono all’altezza delle dichiarazioni contenute nei documenti ufficiali o il divario tra policy e prassi è piuttosto ampio? Quali azioni vanno adottate per migliorare l’efficacia del sistema?
L’articolo cerca di rispondere a queste domande partendo da un’analisi delle motivazioni che guidano l’azione dell’UE nel settore della prevenzione. Alle argomentazioni classiche che puntano sulla capacità di tali misure di eliminare “il costo umano” di un conflitto violento, evitare l’implementazione di costosi programmi di ricostruzione e impedire il consolidarsi di reti ben organizzate che detengono interessi nel protrarsi dell’instabilità , si accostano ragioni particolari che fanno riferimento esclusivo all’Unione. Le dinamiche geopolitiche nell’area eurasiatica ed elementi insiti nel bagaglio ideologico delle Istituzioni europee donano uno slancio particolare all’UE in materia di prevenzione.
GLI STRUMENTI – L’entusiasmo di Bruxelles per le misure preventive si esplica attraverso tre strumenti principali: diplomazia preventiva e mediazione; programmi di assistenza e cooperazione; intervento d’emergenza. Si rileva come ciascuna di queste misure sia stata applicata nel contesto ucraino. Bruxelles ha sempre fatto particolarmente leva sulla mediazione, intervenendo in occasione di crisi sia in Ucraina che in Georgia. Il ricorso frequente a questo strumento ha comportato sicuramente dei vantaggi, ma ha anche presentato non pochi punti di debolezza. Per quanto riguarda le attività di assistenza e cooperazione, l’UE ha investito risorse nei seguenti programmi: la Politica europea di vicinato, il Partenariato orientale, la Sinergia del Mar Nero e le missioni EUBAM e UAPS. Mettendo in evidenza come le attività di prevenzione siano state fatte confluire in tali programmi, si riscontrano errori e lacune che hanno ridotto la capacità di tali strumenti di agire sulle root causes delle tensioni nella regione ucraina. Nel prendere in considerazione l’intervento d’emergenza, si rileva come l’impiego degli EU battlegroups sia totalmente da escludere, mentre si indicano interessanti prospettive per l’utilizzo del recente Strumento per la stabilità e la pace.
Membri del Parlamento europeo mostrano le bandiere ucraina e dell’Unione come gesto di risentimento per la mancata firma dell’accordo di associazione di Vilnius, nel dicembre 2013
LE SOLUZIONI – L’analisi delle lacune nelle tre principali tipologie di strumenti adottati dall’UE permette di avanzare proposte per migliorare l’efficacia di ciascuna misura. La creazione di una rete di contatti locali diversificata che permetta ai funzionari europei di agire concretamente sui germi di un conflitto e valutare l’impatto delle politiche dell’Unione sulle dinamiche locali e regionali; l’implementazione di programmi di sviluppo e cooperazione che agiscano sui fattori di tensione specifici dell’Ucraina ed evitino di cedere alla tentazione di adottare un approccio tecnocratico; un esame della “violenza storica” dell’area nello sviluppo delle policy europee sono solo alcuni degli spunti offerti.
Si suggeriscono inoltre iniziative di lungo termine, che l’UE potrebbe intraprendere al fine di rendere il proprio sistema dotato di una maggiore autonomia e tempestività d’azione. Dal momento che uno dei principali ostacoli all’adozione di una risposta comune è la mancanza di consenso tra i Paesi membri, si indicano azioni mirate a rafforzare la cooperazione tra gli Stati nel settore preventivo e si prendono in esame misure atte a influenzare i Governi nazionali a costituire un sistema di prevenzione europeo, i cui meccanismi siano maggiormente svincolati dalla volontà dei singoli Paesi.
Chiara Pinardi
Lo studio completo può essere scaricato gratuitamente compilando il form qui di seguito. Questo paper fa parte della serie I Quaderni del Caffè, dedicati ai casi di studio. In particolare, il progetto editoriale dell’autrice segue la borsa di studio da lei conseguita per la partecipazione alla summer school Engaging Conflict, tenutasi a Torino dal 7 al 18 luglio 2014, supportata da Il Caffè Geopolitico.
[subscribelocker]Visualizza o scarica qui il saggio di Chiara Pinardi[/subscribelocker]
[box type=”shadow” align=”aligncenter” ]Un chicco in piĂą
La prevenzione dei conflitti emerse come concetto negli anni Sessanta soprattutto a opera del segretario generale delle Nazione Unite Dag Hammarskjold, che sottolineò il ruolo della “diplomazia preventiva” nell’impedire a crisi locali e regionali di diventare globali. Il termine fu esteso dal segretario generale Boutros Ghali nella sua Agenda for Peace del 1992: nel documento la prevenzione non è solamente intesa come uno strumento per evitare l’escalation di un conflitto a livello internazionale, ma è definita un’azione mirata a impedire che tensioni sorgano tra le parti o dispute sfocino in conflitti e che gli eventuali scontri si diffondano. Dal momento che la definizione di prevenzione diventa più ampia, anche l’insieme degli strumenti impiegati per attuarla si estende. La prevenzione operativa si esplica attraverso azioni quali le commissioni d’inchiesta, la mediazione, la conciliazione, il dispiegamento di forze preventivo e la creazione di zone demilitarizzate. Le attività strutturali agiscono su una moltitudine di aree tematiche, che vanno dal consolidamento dello Stato di diritto alla promozione della società civile.
Oggi la prevenzione dei conflitti è obiettivo di Organizzazioni internazionali (ONU), regionali (UE, OSCE, UA) e non governative (International Alert). Anche il settore privato sta cominciando a investire in questo settore. Tuttavia numerose sfide rimangono ancora aperte. Per esempio una teoria che metta in chiara evidenza il rapporto tra impiego di strumenti preventivi e mancata escalation di tensioni è ancora in evoluzione. In quest’ambito, i tentativi di dare una valutazione empirica dell’efficacia delle misure preventive sono soprattutto portati avanti da Wallensteen presso l’Università di Uppsala.
Video: il dilemma geopolitico dell’Ucraina
[/box]