Caffè lungo – Il 19 novembre è stata superata la soglia dei mille giorni dall’inizio del conflitto in Ucraina, un traguardo estenuante per l’Europa e per il mondo. Le notizie che ci arrivano sono costanti e rendono difficile avere un quadro chiaro di quello che sta succedendo. Cerchiamo quindi di delineare sommariamente gli sviluppi delle ultime settimane.
LA SITUAZIONE AL FRONTE
Le quattro province orientali dell’Ucraina di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, insieme alla Crimea, rimangono sotto il controllo russo e costituiscono la principale posta in gioco. L’obiettivo immediato di Putin è consolidare la posizione in queste regioni. Ma il punto caldo del conflitto si trova attualmente nel territorio russo, a Kursk, oltre il confine internazionale tra Ucraina e Russia. Ad agosto infatti l’esercito ucraino ha lanciato un’offensiva nell’oblast’ russo che ha impresso una certa dinamicità al conflitto. L’obiettivo era, e rimane, quello di acquisire un maggior peso negoziale in eventuali trattative di pace. Di risposta, Mosca ha avviato una controffensiva a metà settembre che ha prodotto risultati significativi: l’Ucraina ha infatti perso circa il 40% dei territori precedentemente conquistati. Sembra inoltre confermata la presenza di circa 11mila soldati nordcoreani a sostegno delle truppe russe, un fattore che aggiunge incertezza e allarga il coinvolgimento internazionale nell’area, rafforzando il pericoloso asse Russia-Corea Del Nord.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Soldati ucraini si esercitano in un’area non identificata dell’oblast di Donetsk, 2 dicembre 2024
VERSO UN’ESCALATION NUCLEARE?
A metà novembre il Presidente americano uscente Biden ha preso una decisione dai risvolti cruciali: revocando le restrizioni sull’utilizzo di missili a lunga gittata, gli ATACMS statunitensi e gli Storm Shadow britannici, capaci di colpire obiettivi a 300 chilometri di distanza, sono stati utilizzati nelle regioni russe di Bryansk e Kursk. Zelensky spinge da tempo per l’utilizzo di questo tipo di armamenti, ma l’Amministrazione Biden ha sempre esitato per evitare un’escalation del conflitto. La reazione del Cremlino non si è fatta attendere, Putin considera l’utilizzo di questi missili in Russia come una forma di partecipazione diretta dei Paesi occidentali. La sua reazione è stata una rivisitazione della dottrina nucleare russa: questa prevede ora la possibilità di ricorso all’arma nucleare in risposta ad attacchi convenzionali da parte di Paesi supportati da potenze atomiche, abbassando quindi di fatto l’asticella che pone il limite all’utilizzo dell’arma nucleare. In questa direzione, il recente utilizzo del missile Oreshnik sulla città di Dnipro, un missile balistico a raggio intermedio in grado di trasportare testate nucleari, è stato orgogliosamente rivendicato da Putin in un discorso televisivo del 22 novembre come un monito diretto all’Occidente.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Incontro tra Putin e i vertici militari russi dopo l’uso del missile Oreshnik in Ucraina, 22 novembre 2024
TRUMP E IL FUTURO DELL’UCRAINA
La rielezione di Trump ha spinto l’Europa a interrogarsi sul futuro dell’Ucraina e sul ruolo che assumeranno gli Stati Uniti nell’evoluzione del conflitto. Donald Trump ha sempre accusato Biden di inadeguatezza nella gestione della guerra in Ucraina, dichiarando, con toni enfatici, di essere in grado di raggiungere la pace in “24 ore”. Una prima iniziativa è stata la nomina di Keith Kellogg a inviato speciale per l’Ucraina e la Russia. In un documento programmatico, scritto dallo stesso Kellogg e dall’analista della CIA Fred Fleitz, America first, Russia and Ukraine viene presentata una strategia per arrivare alla conclusione del conflitto. Il testo, dopo una lunga disamina di tutti gli errori compiuti dall’Amministrazione Biden, dal non essere stata in grado di prevenire la guerra all’aver facilitato la creazione dell’asse Russia-Cina-Corea Del Nord, propone una linea d’azione radicale in grado di condurre alla fine del conflitto basata sulla subordinazione del sostegno militare all’Ucraina alla sua decisione di sedersi al tavolo negoziale. In caso di rifiuto della Russia a negoziare, al contrario, si intensificherebbe tale sostegno.
L’approccio isolazionista di Trump suggerisce una possibile riduzione del coinvolgimento americano nel conflitto, con l’ottica di favorire una risoluzione negoziata e allontanarsi così da una guerra nel Vecchio Continente ormai percepita come lontana dagli interessi americani.
Un primo scenario quindi, il più allarmante per Kiev, potrebbe essere quello dell’interruzione degli aiuti militari da parte degli USA. Questa opzione determinerebbe quasi certamente la sconfitta ucraina, esito che andrebbe a costituire un precedente pericoloso nella definizione degli equilibri geopolitici internazionali. Nel frattempo, però, fonti vicine al Cremlino continuano a ribadire che Putin non intende sedersi a un tavolo negoziale a meno che non vengano avanzate proposte che prevedono la sostanziale capitolazione dell’Ucraina e una nuova rimodulazione degli equilibri internazionali in grado di garantire la sicurezza della Russia.
Fig. 3 – Keith Kellogg, nominata da Trump inviato speciale per il conflitto in Ucraina
Un altro possibile scenario potrebbe essere, al contrario, un’ulteriore intensificazione del conflitto, con la messa in campo di tutti gli sforzi necessari per sconfiggere la Russia militarmente. Tuttavia questa prospettiva porta con sé rischi enormi, soprattutto nel caso in cui Putin, sentendosi alle strette, decidesse di concretizzare le minacce nucleari più volte avanzate.
In alternativa, una prospettiva più realistica potrebbe essere di continuità con la linea assunta dall’Amministrazione Biden, mantenendo attivo il sostegno all’Ucraina in una guerra di logoramento a bassa intensità. Tale approccio mira a mantenere lo status quo fino a quando una delle due parti non si troverà in una posizione abbastanza favorevole per avviare negoziati significativi. Al momento, però, nessuna delle due parti sembra avere raggiunto un vantaggio strategico sufficiente.
L’incertezza continua dunque a dominare il futuro, in un clima di costante tensione nel quale la forza della diplomazia rimane schiacciata dalla preminenza degli strumenti militari. Nel frattempo ci avviciniamo al traguardo dei tre anni di guerra senza avere una prospettiva di pace, almeno non nel breve termine.
Chiara Battaglini
Photo by Alexandra_Koch is licensed under CC BY-NC-SA