Mentre l'Europa rischia di sprofondare in un baratro che produrrebbe effetti catastrofici per le economie dei suoi Stati, dall'altra parte del mondo c'è chi gode di una salute decisamente migliore. È il Brasile, la cui economia continua a crescere e guadagna solidità, confermata dal miglioramento del “famigerato” rating di Standard & Poor's. I processi che si stanno innescando in questo periodo potrebbero avere conseguenze geopolitiche fondamentali nel medio-lungo periodo
POLLICE ALZATO – Nelle ultime settimane si è sentito parlare delle più importanti agenzie di rating quasi esclusivamente in negativo: prima sono intervenute per abbassare il grade dell'Italia, poi – giusto pochi giorni fa – è stata ventilata l'ipotesi di una revisione al ribasso della “tripla A” di cui la Francia si può ancora fregiare (chissà ancora per quanto tempo). Nelle stesse ore, tuttavia, dall'altra parte dell'Oceano Atlantico Standard & Poor's metteva in atto un'operazione diametralmente opposta. L'agenzia ha infatti innalzato il rating a lungo termine delle emissioni di titoli brasiliani in valuta straniera e domestica rispettivamente dal livello di BBB- a BBB e da BBB+ ad A-. Le giustificazioni di questo “upgrade” risiedono essenzialmente nell'efficacia della politica fiscale messa in atto dal Governo di Dilma Rousseff nel corso dell'ultimo anno, che si è concluso con un avanzo primario di bilancio del 3%. Questo ha permesso alle autorità brasiliane di agire con più flessibilità anche sulla leva della politica monetaria, lasciando la Banca Centrale con le mani “libere” per adottare politiche anticicliche in modo da scongiurare il pericolo di un contagio della crisi da Europa e Stati Uniti. Nello specifico, ci riferiamo all'abbassamento del tasso di interesse, che è stato ridotto in due occasioni di mezzo punto percentuale (ora è all' 11,5%) al fine di ridurre il costo del denaro e di conferire maggiore liquidità nel mercato. Questo costerà qualcosa in termini di inflazione, un obiettivo che l'autorità monetaria brasiliana mantiene sempre come primario: l'aumento dei prezzi nel 2011 si attesterà intorno poco al di sotto del 7%, al di sopra del tetto che si era posto il Banco Central. In periodi di difficoltà, però, l'inflazione è uno strumento che, nei limiti di una certa moderazione, si può lasciar salire: e anche per la rigidità della Banca Centrale Europea su questo aspetto i Paesi UE sono con l'acqua alla gola.

E IL BRASILE VOLA – Insomma, mentre l'Italia e l'intera Unione Europea rischiano di andare a rotoli, il Brasile può vantare una performance economica davvero invidiabile. Il PIL, secondo le prime stime, dovrebbe continuare a crescere anche nel 2012, seppur nell'ordine di un più modesto 2%. Questa tendenza del tutto opposta a quelli dei Paesi più ricchi non può non suggerire una serie di ragionamenti per il futuro. La crescita di attori cruciali come Cina e Brasile (l'India è ancora molto più arretrata mentre la Russia ha una valenza squisitamente geopolitica piuttosto che in termini di potenza economica) potrebbe portare ad una sensibile ridefinizione degli equilibri mondiali. Tale processo sarebbe accelerato se la crisi dell'UE non dovesse trovare una soluzione positiva, mentre in caso contrario sarebbe solamente rallentato. Il Brasile, che è meno esposto a livello internazionale della Cina e meno dipendente da quello che accade sui mercati europei, potrebbe essere il soggetto il cui perso relativo cambierebbe in maniera più significativa. Davide Tentori [email protected]