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Sicurezza umana, OSCE ed elezioni in Ucraina

Miscela Strategica – Nonostante le valutazioni positive del processo da parte degli osservatori dell’OSCE, il risultato delle elezioni, tenutesi domenica scorsa in Ucraina in un contesto di sicurezza particolarmente teso, è ben lontano dal portare il cambiamento radicale da molti auspicato. Numerose sono le sfide che attendono i partiti vincitori.

DIMENSIONE ‘UMANA’ DELLA SICUREZZA – Nell’affrontare il tema della sicurezza nel campo delle relazioni internazionali si tende a porre l’attenzione sugli aspetti di hard security, sottovalutando quanto la nozione di sicurezza vada oltre la sola difesa militare, poiché coinvolge numerosi aspetti del modo in cui viviamo e in cui siamo governati. Uno degli approcci più ampi al concetto di sicurezza è proprio quello dall’OSCE (Organization for Security and Cooperation in Europe), che affronta i problemi legati a questa tematica seguendo tre dimensioni: politico-militare, economico e ambientale, e umana, intesa come tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Partendo dal presupposto che la sicurezza duratura non possa prescindere dal rispetto dei diritti umani e dal corretto funzionamento delle Istituzioni democratiche, l’OSCE ha istituito un catalogo di diritti umani e di norme della democrazia, divenuto il fondamento della cosiddetta “dimensione umana” della sicurezza, nonché fulcro dell’azione dell’Organizzazione in materia di prevenzione e gestione dei conflitti.

LE MISSIONI DI OSSERVAZIONE ELETTORALE – Per assistere gli Stati membri nello sviluppo della dimensione umana della sicurezza, l’OSCE ha creato l’Ufficio per le Istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo (ODIHR), che sostiene la creazione e il consolidamento delle Istituzioni e dei processi democratici attraverso varie attività, tra cui il monitoraggio elettorale. La presenza dei diritti elettorali della persona, l’invito da parte del Paese ospitante, un preavviso sufficiente per permettere il rispetto della metodologia e le condizioni di sicurezza sono i prerequisiti senza i quali non sarebbe possibile l’invio di una missione di osservazione. Qualora i prerequisiti fossero rispettati, l’ODIHR stabilisce se e secondo quali modalità intervenire, ritenendo talvolta necessario l’invio di funzionari esperti e osservatori per seguire una o più fasi del processo elettorale, la cui presenza contribuisce a garantire credibilità all’intero processo.
Le missioni di osservazione elettorale sono in grado di fornire valutazioni accurate su tutte le fasi del processo, attraverso il dispiegamento in loco di un core team composto da analisti e funzionari esperti (circa 6 settimane prima del giorno delle votazioni), un numero variabile di osservatori di lungo termine (4 settimane prima) e di osservatori di breve termine (una settimana prima).

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LA MISSIONE OSCE IN UCRAINA – Dal 1999, tra elezioni parlamentari e presidenziali, attraverso l’ODIHR, l’OSCE ha dispiegato in Ucraina dieci missioni di osservazione elettorale, ultime delle quali le votazioni parlamentari indette dal presidente Petro Poroshenko per il 26 ottobre scorso, per cui è stato inviato a Kyiv un core team di 17 membri, 80 osservatori a lungo termine e 600 osservatori a breve termine.
Da una parte, le ultime elezioni si sono tenute in un clima di miglior trasparenza, imparzialità e indipendenza rispetto alle precedenti elezioni parlamentari (28 ottobre 2012), che, secondo il rapporto finale dell’OSCE, erano state caratterizzate da mancanza di condizioni di parità, abuso di risorse statali, mancanza di trasparenza sulla campagna e sul finanziamento dei partiti e assenza di una copertura mediatica equilibrata.
Di conseguenza, l’OSCE aveva raccomandato di implementare diverse misure volte a migliorare la trasparenza e l’imparzialità del processo elettorale, alcune delle quali, a oggi, non sono ancora state introdotte.

IL CLIMA DI INSICUREZZA – D’altra parte, nonostante l’accordo di cessate il fuoco e l’implementazione del memorandum siglato a Minsk lo scorso settembre, le ultime elezioni si sono svolte in un ambiente politico e di sicurezza particolarmente teso.
Innanzitutto le elezioni non hanno avuto luogo né nella penisola di Crimea, territorio che non è più sotto il controllo delle Autorità ucraine, né in circa metà dei distretti elettorali nel Donetsk (9 su 21) e nel Luhansk (6 su 11), a causa delle tensioni con i gruppi armati indipendentisti. Malgrado i significativi sforzi fatti dell’Ucraina per facilitare la partecipazione alle votazioni degli abitanti di queste zone, attraverso la semplificazione delle procedure per il trasferimento temporaneo del voto, l’ambiente ostile ha influenzato negativamente la partecipazione alle elezioni di una gran parte della popolazione, in particolare dei russofoni nativi e della minoranza dei tartari di Crimea. Questi ultimi hanno riferito agli osservatori internazionali di aver ricevuto intimidazioni affinché non lasciassero la Crimea il giorno delle elezioni.

LA CAMPAGNA ELETTORALE – Secondo quanto riportato dalle valutazioni preliminari dell’OSCE, il clima di tensione che ha caratterizzato la campagna elettorale si è esacerbato negli ultimi dieci giorni, durante i quali gli osservatori internazionali hanno notato un aumento significativo della violenza contro alcuni attori coinvolti nel processo elettorale, sia attraverso intimidazioni e minacce nei confronti di candidati e altri personaggi di rilievo della campagna, sia attraverso la distruzione dei materiali e degli uffici dei partiti.
La perdurante violenza nei territori dell’Est del Paese è stata protagonista indiscussa della retorica della campagna elettorale, declinata dai vari partiti nei temi dell’unità nazionale, dell’integrità territoriale, della difesa, del decentramento e dello “status speciale”, di cui non sono ancora stati chiariti i termini, che dovrà garantire l’autonomia delle regioni orientali. Un altro tema al centro della campagna elettorale è la corruzione, problema endemico nella società ucraina, che mina fortemente la fiducia dell’opinione pubblica nel processo politico e rappresenta per tale ragione una delle principali sfide che il nuovo Parlamento eletto dovrà affrontare.

L’ESITO DELLE ELEZIONI PARLAMENTARI Il Parlamento ucraino viene scelto per un mandato di cinque anni, secondo un sistema elettorale misto, metà maggioritario e metà proporzionale, in collegi plurinominali. Questo sistema è da lungo oggetto di controversie in Ucraina, poiché viene considerato da numerosi interlocutori particolarmente vulnerabile a possibili frodi.
Durante le elezioni parlamentari di domenica scorsa si è registrata un’affluenza alle urne del 52,42% su un totale di 35.828.401 elettori registrati. A scrutinio ultimato, si conferma in testa il Fronte popolare del premier Arseny Yatseniuk (22,14%), seguito a breve distanza dal Blocco del presidente Petro Poroshenko (21,82%), che fino all’ultimo era stato dato per vincente dai sondaggi del DIF (Democratic Initiatives Foundation) con il 26,9% dei voti. Al terzo e quarto posto si posizionerebbero rispettivamente il partito Auto-aiuto del sindaco di Leopoli Samopomich (10,79%) e il Blocco di opposizione, in cui si sono riversati i candidati restanti del Partito delle Regioni di Yanukovich (9,42%), penalizzato in queste elezioni dalla scarsa affluenza alle urne nelle regioni orientali, per tradizione di affiliazione filo-russa. Superano inoltre la soglia di sbarramento posta al 5% il Partito radicale dell’ultranazionalista Oleh Liashko (7,44%) e il partito di Yulia Timoshenko (5,68%). Non passano, invece, Svoboda, il partito nazionalista di estrema destra (4,71%) e il Partito comunista, che aveva rischiato di essere messo al bando ben prima delle elezioni dal ministero della Giustizia.

VALUTAZIONE DEL PROCESSO ELETTORALE Secondo le valutazioni preliminari dell’OSCE, le elezioni si sono svolte in conformità alle norme democratiche e il processo in fase di voto è stato giudicato positivamente nel 99% dei seggi elettorali osservati. Nonostante ciò, diverse sono le irregolarità segnalate durante le fasi del processo ed elevato il numero di reclami ricevuti, dalle accuse di acquisto di voti, reputate credibili da parte degli osservatori OSCE, alla violazione delle norme che regolano la campagna elettorale, la lista dei votanti, la composizione delle commissioni elettorali e la gestione dei reclami. Inoltre, gli osservatori hanno valutato negativamente il 10% del conteggio dei voti osservati e oltre il 15% dei processi di tabulazione.
A seguito degli eventi dell’ultimo anno e delle sfide all’integrità territoriale dell’Ucraina che hanno rimodellato il panorama politico e del Paese, le elezioni sono state considerate dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale un passo fondamentale per consolidare la legittimità democratica delle Istituzioni politiche ucraine. Il risultato del voto, riconosciuto anche dalla Russia, nonostante le aspre critiche sulla campagna elettorale, è stato accolto favorevolmente da Unione europea e Stati Uniti, che hanno letto nel trionfo dei partiti pro-Europa la vittoria della democrazia e l’avvio di un programma di riforme europee, che prenderà forma non appena i due partiti al vertice avranno trovato l’accordo per la creazione una maxi coalizione alla guida del Paese.

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FANTASMI DEL PASSATO E SFIDE FUTURE – Eppure, il panorama politico che si sta delineando sembra ben diverso dal cambiamento che si auspicavano i manifestanti di Euromaidan, scesi in piazza lo scorso novembre per protestare contro la corruzione degli organi di governo, l’abuso di potere e la violazione dei diritti umani in Ucraina. A conti fatti, circa due terzi dei membri del Parlamento attualmente in carica erano tra i candidati in lista domenica scorsa per la rielezione. Tra i nuovi candidati, oltre a giornalisti e attivisti della società civile, si sono presentati anche alcuni comandanti dei battaglioni coinvolti nei combattimenti nelle regioni orientali, accusati di aver perseguito crimini di guerra da organizzazioni internazionali, quali Human Right Watch e Amnesty International.
Sebbene i due partiti vincitori filo-europeisti siano forti del fatto che «tre quarti degli elettori abbia fornito un sostegno forte e irreversibile al cammino dell’Ucraina verso l’Europa», il percorso che dovranno affrontare si presenta lastricato di numerose difficoltà: una coalizione già spaccata al proprio interno per le divergenze sull’intesa con la Russia, un cessate il fuoco con i gruppi armati infranto, l’assenza di controllo da parte delle Autorità su una porzione del territorio nazionale e, secondo l’allarme lanciato dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati (UNHCR), un numero di sfollati che supera quota 820mila.

Martina Dominici

[box type=”shadow” ]Un chicco in più

Una missione di osservazione elettorale dell’OSCE produce tre principali documenti (Interim Report, Preliminary Statement e Final Report), che insieme alle dichiarazioni ufficiali, cercano di dare una valutazione complessiva dell’intero processo elettorale, attraverso analisi del contesto, quadro giuridico, sistema elettorale e amministrazione elettorale, registrazione dei candidati e aventi diritto al voto, ambiente e finanziamento della campagna, media, reclami e ricorsi in appello, partecipazione delle minoranze, presenza di cittadini e altri osservatori internazionali, procedure nel giorno del voto e sviluppi successivi. Nella relazione finale sono inoltre contenute le conclusioni e alcune raccomandazioni alle quali sarà compito del Paese ospite dare un seguito. [/box]

Foto: oscepa

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Martina Dominici
Martina Dominici
Instancabilmente idealista e curiosa per natura, il suo desiderio di scoprire il mondo l’ha spinta a studiare lingue straniere presso l’Università Cattolica di Milano e relazioni internazionali tra l’Università di Torino e la Zhejiang University di Hangzhou. Le esperienze lavorative presso l’Ambasciata d’Italia a Washington DC e Confindustria Romania a Bucarest hanno contribuito a forgiare il suo spirito girovago e ad affinare la sua arte nel preparare la valigia perfetta. Dopo quasi due anni di analisi strategica, si è occupata di ricerca per l’Asia Program dell’ISPI, prima di partire per la Thailandia come Casco Bianco per Caritas italiana in un programma di supporto ai migranti birmani. Continua ad essere impegnata nell’umanitario in campo di migrazioni.

 

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