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Il lobbying del futuro

Totalmente svincolata dalle dinamiche di lobbying in voga a Bruxelles, la Cina avanza nel cuore dell’Unione Europea a piccoli passi. E punta sempre più in alto. Senza bisogno di mettere in atto uno stile “rumoroso” ed aggressivo, Pechino è già riuscita a conseguire importanti successi per preservare le proprie esportazioni nel Vecchio Continente e si appresta ad ottenere risultati ancora più ambiziosi

GLI INVISIBILI – Song Zhe, ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese presso l’Unione Europea, è un uomo sobrio e riservato, che non concede interviste. Il palazzo che ospita la delegazione cinese a Bruxelles è un anonimo edificio grigio, che suggerisce modestia e isolamento. Viene da chiedersi: dov’è la grande Cina? Qualche settimana fa, il mensile francese di economia “Expansion” riportava le parole di Gerard Legris, l’uomo a capo dell’ “Unità Trasparenza e Rapporti con i Gruppi di Interesse extra-UE” presso la Commissione Europea. Legris ha definito i cinesi in Europa “invisibili”, e ha spiegato che Pechino è del tutto tagliata fuori dai meccanismi di lobbying aggressivo che contraddistinguono la politica brussellese. Mentre le delegazioni di molti paesi extraeuropei (soprattutto USA, Giappone e Corea del Sud) si animano e si agitano tra accordi, affari e promesse con le istituzioni UE, i cinesi stanno a guardare. O meglio, scelgono altri canali per far sentire la loro voce.  Certo è che la concitata girandola del lobbying non si addice a un uomo come Song Zhe, che predilige l’austerità e detesta le public relations. LOBBYING ALLA CINESE – Eppure, lontano dai riflettori, Pechino sa tutelare i suoi interessi commerciali in Europa molto meglio di quanto non facciano delegazioni più esperte e presenzialiste. La moderazione della Cina a Bruxelles non è che una finzione, come mostrano recenti esempi di pressioni tutt’altro che low profile. Quando a Bruxelles si parlava di introdurre nuovi standard sull’uso di sostanze potenzialmente nocive nella filiera produttiva di apparecchiature elettriche ed elettroniche (cadmio in testa), la Cina ha fatto di tutto tranne che restarsene in disparte. Questo perché il cadmio è largamente impiegato nella produzione di pannelli fotovoltaici (quasi tutti made in China, dato che Pechino ambisce a divenire leader nel settore delle rinnovabili). Promettendo ingenti investimenti in Francia, i tycoons cinesi si sono potuti avvalere dell’appoggio di un numero consistente di deputati francesi, i quali hanno prontamente difeso la filiera di produzione dei pannelli solari, con il risultato che la direttiva UE sul cadmio non sarà applicabile in questo settore. Qualcosa di simile era già accaduto nel 2010, sul fronte della polemica tra la società belga Option e il gigante cinese delle telecomunicazioni Huawei. Option aveva accusato i cinesi di dumping, scatenando un’inchiesta in seno alla Commissione Europea. Huawei, per tutta risposta, aveva spostato il discorso su un altro terreno, promettendo al governo belga la creazione di un hub di ricerca e sviluppo (R&D) nel settore delle telecomunicazioni. Inutile dire che Option ha subito bloccato la procedura anti-dumping avviata, ha accettato la proposta cinese, e ha addirittura concesso a Huawei di acquistare la sua subsidiary M4S, un ramo dell’azienda belga impiegata nella produzione di chip per smartphones e telefonia di ultima generazione. Insomma, la Cina non avrà i migliori lobbisti sulla piazza, ma non le mancano le carte per concludere accordi vantaggiosi nel Vecchio Continente. 

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PROSSIMI OBIETTIVI – In cima alla “to-do list” di Song Zhe restano due obiettivi fondamentali, quelli per cui l’uomo forte di Pechino a Bruxelles sta lavorando fin da quando è stato nominato Ambasciatore. Numero uno: far guadagnare alla Cina lo status di “economia di mercato” in UE (etichetta che proteggerebbe le imprese cinesi dal rischio delle procedure anti-dumping). Numero due: far sì che l’embargo sulle armi venga eliminato. Zhe, che in passato è stato Ambasciatore a Londra e Consigliere del Primo Ministro Wen Jiabao, sa muoversi diplomaticamente e in punta di piedi, e potrebbe arrivare ad entrambi. Senza colpi di testa e con grande discrezione, la Cina sta iniziando a dettare nuove regole nell’arena del lobbying e, se andrà avanti così, la sua avanzata silenziosa e invisibile diventerà presto evidente. Anna Bulzomi [email protected]

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