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Parigi-Berlino, l’intesa ritrovata?

Il 6 febbraio una missione diplomatica franco-tedesca giunge prima a Kiev dal presidente Poroshenko e poi a Mosca da Putin per discutere una possibile soluzione alla crisi che dall’aprile 2014 sconvolge l’Ucraina dell’Est. Oggi a Minsk andrĂ  in scena un nuovo tentativo. Al di lĂ  del risultato, vediamo perchĂ© l’asse Parigi-Berlino può rappresentare una novitĂ  importante per l’Unione europea.

IL RITORNO DELLA COPPIA FRANCO-TEDESCA – Probabilmente non avrĂ  alcun esisto e, se nel tempo dovesse averne, potrebbe essere per meriti non interamente ascrivibili allo sforzo della diplomazia (si legga il prezzo del petrolio in calo e il valore del rublo in caduta libera). Eppure, cosa che non accadeva da tempo (almeno ad altissimi livelli diplomatici), si è trattato di una missione esclusivamente franco-tedesca: al tavolo con Poroshenko, prima, e Vladimir Putin, poi, si trovano infatti a sedere assieme soltanto la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente della Repubblica francese François Hollande. Di per sĂ© è giĂ  abbastanza eloquente che non siano stati invitati Renzi e Cameron, ma, soprattutto, è lecito domandarsi dove fosse l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione (Lady Pesc), Federica Mogherini. 

DECLINO E GELO TRA PARIGI E BERLINO – Lo si è dimenticato, eppure la coppia Parigi-Berlino era stata un tempo il vero, e unico “motore” dell’Unione europea, soprattutto se interpretata con l’assetto (poco variabile) di una Francia in posizione di partner politico e la Germania nel ruolo di quello economico. Se giĂ  negli ultimi anni del secolo scorso, come attesta il vertice bilaterale anglo-francese di Saint-Malo del 1998 al quale Berlino non prese parte e che avrebbe confermato la volontĂ  europea di iniziare a dotarsi di possibili risposte militari autonomamente coordinate, attraverso la Politica Europea di Sicurezza e di Difesa, la coppia franco-tedesca sembrava essersi raffreddata, è con l’intensificarsi dei contraccolpi della crisi economica globale in Europa, dal 2009 in poi, che il matrimonio sembra essere de facto entrato in crisi. 

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Merkel e Hollande sembrano non guardarsi alle spalle…

STRADE DIVERSE DOPO LA CRISI ECONOMICA – Era stata proprio la crisi economica del 2008 a mettere duramente alla prova la tenuta della “leadership a due” dell’Unione. Mentre la Francia restava indietro, la Germania inanellava performance di riguardo, come si può facilmente constatare dando uno sguardo agli indicatori socio-economici quali tasso di disoccupazione, deficit pubblico e bilancia commerciale nel periodo 2008-2014. A testimonianza si veda il Report sulla CompetitivitĂ  Economica Globale 2014 pubblicato annualmente dal World Economic Forum, che mostra chiaramente come la Germania occupi stabile la quinta posizione (su 144 paesi analizzati), mentre la Francia è solo a quota 23. Nello stesso Report del 2008-2009, Berlino e Parigi occupavano, in maniera molto significativa, la settima e la sedicesima posizione.
Le strade seguite quindi dalla crisi economica in poi dalla ex coppia sono state sempre meno condivise. La Germania è sembrata sempre più guardinga nei confronti degli abituali partner occidentali e intenta a cercare nuovi interlocutori a est, verso la “cara”
Mitteleuropa (che nel 2014 è valsa ben 125 miliardi di euro come destinazione del Made in Germany), e poi ancora piĂą a est, verso Russia e Cina, che valgono poco meno del 10% dell’export tedesco, nonostante la crisi in Ucraina e il rallentamento dell’economia del Dragone. Per un po’ di tempo questa strategia geo-economica, al limite tra calcolo attendista, free-riding e Realpolitik, sembra aver pagato, portando la Germania a cogliere qualche piccolo successo, soprattutto in campo commerciale.
La Francia dal canto suo ha per un po’ tentato di farsi carico con molta buona volontĂ  di azioni militari forse frettolosamente concepite, imbarcandosi, da sola o in tandem con Londra, per imprese alquanto difficili sotto mandato NATO o Nazioni Unite, come nel caso della
guerra civile in Libia del 2011 (altra clamorosa divisione con la Germania) e della crisi provocata dall’avanzata degli islamisti in Mali nel 2012, speranzosa di ritrovare la propria Grandeur.
Separatamente gli ex partner Berlino e Parigi hanno continuato prevedibilmente a seguire le proprie vocazioni con molta energia, rispettivamente l’attivismo economico-commerciale e quello politico-militare. Tuttavia sono entrambe sembrate, nelle loro azioni, meno credibili, brillanti e sicure di un tempo.

UN INSPERATO RITORNO DELLA ‘LEADERSHIP A DUE’? – Con l’arrivo del 2015, invece, il vento sembra aver cominciato a soffiare in una direzione differente. Vuoi per una maturata consapevolezza da parte di Berlino che un rallentamento economico possa un giorno accadere anche in casa propria, vuoi che, dati alla mano, i Paesi dell’Unione sono ancora le mete preferite del Made in Germany e che la loro stagnazione varrebbe grosse perdite alla bilancia commerciale o, infine, vuoi per le strategie attuate da alcuni partner commerciali extra-UE (Russia), Berlino, fortunatamente per tutta l’Unione, sembra aver timidamente cominciato a riconsiderare le proprie strategie.
Anche il piano di
quantitative easing da 1.140 miliardi di euro per 18 mesi, annunciato dalla Banca centrale europea a gennaio, sembra possa essere cautamente interpretato come un altro piccolo segnale che va nella direzione di un ammorbidimento dei falchi della Bundesbank in seno al consiglio direttivo dell’Istituzione presieduta da Mario Draghi a Francoforte. Un ammorbidimento ancora graduale e non completamente coerente, come testimoniato dai niet della Cancelliera e del ministro Schäuble alle recenti richieste greche inoltrate da Tsipras e Varoufakis. Eppure il primo timido, ma vero, cambiamento di direzione riscontrabile dopo molti anni.
Condividere con una Francia in difficoltĂ  il peso delle responsabilitĂ  che una leadership attiva dell’Unione implica, potrebbe essere probabilmente l’unico modo fattibile, ad avviso di chi scrive, per
far tornare ad avanzare il progetto di integrazione europea. Quel progetto europeo interrottosi bruscamente contro gli scogli aguzzi della crisi dei debiti sovrani europei (e le politiche di austeritĂ  messe in atto), e troppo spesso diventato pretesto per un gioco a somma zero, nel quale i guadagni propri sono le perdite di altri Paesi membri, in una strategia a somma-zero esiziale del “beggar-thy-neighbor” (o del danneggiare i propri vicini), mentre l’integrazione europea dovrebbe significare risposte politiche all’insegna di un approccio fondato su principi normativi di solidarietĂ . Insomma, si è finalmente giunti alla lucida consapevolezza che «se Atene piange, Sparta non ride».

Valerio Alfonso Bruno

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Un chicco in piĂą

Il 22 Gennaio del 1963 il Cancelliere della allora Repubblica federale tedesca, Konrad Adenauer, e il Presidente della Repubblica francese, il generale De Gaulle, firmarono a Parigi il Trattato dell’Eliseo, che, oltre a sancire cooperazione in ambiti fondamentali quali commercio, sicurezza e cultura tra i due Stati, avrebbe costituito un passo essenziale per il rafforzamento della giovane ComunitĂ  europea. Nel 2013, cinquant’anni dopo, è stata coniata una particolare moneta da due euro per commemorare il Trattato dell’Eliseo, recante i volti di Adenauer e De Gaulle.

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Valerio Alfonso Bruno
Valerio Alfonso Bruno

Nato a Napoli nel 1985, sono laureato in Filosofia, che ho studiato a Napoli e Parigi, ed ho ottenuto nel 2012 un Master in Relazioni Internazionali presso l’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell’UniversitĂ  Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con un progetto sull’impatto della crisi economica globale in Israele. Sempre presso l’UniversitĂ  Cattolica di Milano svolgo un dottorato in “Istituzioni e Politiche”, interessandomi a tematiche legate alla leadership nell’Unione europea, competitivitĂ  economica e analisi di politiche per lo sviluppo. Ho avuto modo, negli anni, di effettuare esperienze professionali presso la Camera del Commercio e dell’Industria Israele-Italia di Tel Aviv, la Commissione europea e l’ITU dell’ONU.

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