Che atmosfera si respira a Parigi un mese dopo gli attentati alla redazione di Charlie Hebdo e al supermercato kosher? Un’esclusiva del Caffè vi porta per la Ville Lumiére, mostrandovi come la vita nella capitale francese continua come sempre tra conferma della libertà di espressione e aumento delle misure di sicurezza
Da Parigi
L’ATMOSFERA IN CITTÀ – Trovarsi a Parigi una settimana dopo l’attentato che ha causato venti morti, ed ha visto scendere in piazza quattro milioni di persone che hanno pacificamente marciato per le strade francesi in nome della libertà d’espressione, rende necessaria una testimonianza diretta e una riflessione per non lasciare un vuoto tra la mobilitazione del popolo francese e il terreno sociale del vicino oriente nel quale si sta sviluppando una forte ondata di violenza che è arrivata sino in Europa. A più di un mese di distanza e dopo aver parzialmente razionalizzato l’ondata di choc si è dunque sviluppata la volontà di comprendere e di reagire, non con le armi, ma con il dialogo e con la riaffermazione dei valori fondanti lo stato di diritto di una società democratica che ha voluto difendere il proprio diritto alla libertà di espressione.
È innegabile che questa stessa Europa, nel corso dei secoli, si è macchiata di orrori, si è resa responsabile di atti di violenza religiosa, all’interno e tra le Chiese, è stata profondamente segnata dai regimi totalitari ed autoritari e si è macchiata di schiavismo e colonialismo. Tuttavia ha attraversato un percorso di rinascita, non da sola ma con l’aiuto di agenti esogeni, su aspirazioni di democrazia, rispetto dei diritti, di una visione pluralistica dell’uomo, delle culture e delle società. Democrazia, nell’Europa moderna, significa libertà di pensiero, di opinione e di stampa e quanto accaduto a Parigi non può portare a confondere terrorismo e Islam, e non può essere in alcun modo giustificato poiché rispondere al gusto dissacrante dell’ironia con una violenza brutale e agghiacciante, rappresenta un attacco diretto alla libertà.
L’IMPORTANZA DELLA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE – Avendo l’opportunità di trascorrere un semestre di studio presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Paris-Sud, non è stato difficile notare come il mondo universitario abbia più volte e ripetutamente sottolineato il senso e l’importanza del processo di costituzione delle libertà fondamentali, ed in particolare della libertà d’espressione così come dichiarata all’articolo 11 del testo costituzionale francese che recita: “La libre communication des pensées et des opinions est un des droits les plus précieux de l’Homme: tout Citoyen peut donc parler, écrire, imprimer librement, sauf à répondre à l’abus de cette liberté dans les cas déterminés par la Loi.” (La libera manifestazione del pensiero e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’Uomo; ogni Cittadino può pertanto parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo rispondere dell’abuso di detta libertà nei casi previsti dalla Legge). Molteplici le interpretazioni accademiche che possono essere proposte a questo articolo così come al processo di costituzione della libertà di stampa e d’espressione. Tuttavia, il senso profondo di questo articolo emerge dalla reazione e dal sentimento di unità dimostrato dal popolo francese che in queste settimane ha voluto, nei modi più diversi, esprimere la propria vicinanza al giornale satirico Charlie Hebdo e ai familiari delle vittime.
PLACE DE LA REPUBLIQUE – La manifestazione di domenica 11 gennaio, “la più grande manifestazione della storia della Francia”, come definita dal Ministero dell’Interno francese, è stata la più immediata e chiara dimostrazione pubblica di protesta e di condanna dell’attacco terroristico di mercoledì 7 gennaio. Ad oggi, passeggiando per Place de la Republique si respira ancora quell’atmosfera di fratellanza e unitarietà tanto da far sembrare che la manifestazione, che ha raccolto più di tre milioni di francesi, sia appena terminata. La Marianne, la rappresentazione nazionale allegorica della Repubblica francese che si innalza al centro di Place de la Republique, tiene in mano un ramo d’ulivo simbolo di pace, mentre ai suoi piedi si ergono le tre statue rappresentanti i valori repubblicani di “Liberté, Égalité, Fraternité“. È proprio la statua della libertà che sorregge la matita di Charlie Hebdo, simbolo della libertà di stampa e di espressione. Al di sotto, i protagonisti degli altorilievi rappresentanti gli eventi che hanno segnato la storia francese imbracciano con forza evidenziatori, penne e matite a testimoniare e ribadire il senso della lunga battaglia per la libertà di espressione. Infine, il leone bronzeo al centro della statua affiancato dalla rappresentazione simbolica del suffragio universale è stato ricoperto di lettere, messaggi, fiori e testate dell’ultimo numero di Charlie Hebdo.
IL SISTEMA VIGIPIRATE – Il sentimento di appartenenza ad una tragedia condivisa è tuttora disperso tra le strade e i centri di cultura di Parigi: dai manifesti all’ingresso dell’Hotel de Ville, passando per il Centre Pompidou, i poster e alle locandine diffusi per i vicoli di Parigi, fino ad arrivare ai messaggi di cordoglio e di vicinanza espressi prima degli spettacoli teatrali all’Opera Garnier o in anteprima nei cinema locali. A pochi metri del numero 10 di rue Nicolas Appert, sede delal redazione di “Charlie Hebdo”, un camion di militari sorveglia l’ingresso del giornale satirico ai cui lati si distende ancora un letto di fiori e di lettere indirizzate alle vittime del 7 gennaio, con accanto una “scena del crimine” che vuole raffigurare l’attentato alla matita satirica di Charlie Hebdo. Al contempo, le università, i luoghi di interesse artistico e culturale, il metrò così come le stazioni ferroviarie sono tutti marcati dal simbolo Vigipirate, un sistema permanente di vigilanza, prevenzione e protezione dei cittadini dalla minaccia terroristica che coinvolge contemporaneamente lo Stato, gli enti locali, le forze di polizia e i cittadini stessi. Tale piano nato nel 1978, quando sia la Francia che l’Europa si sono confrontate con la prima grande ondata di attacchi terroristici realizzati da organizzazioni estremiste, separatiste o supportati da Stati esteri, è stato poi utilizzato per la prima volta nel 1981, definendo due livelli generali di vigilanza, Vigipirate e Vigipirate rinforzato, e una serie di misure specifiche per la vigilanza e la prevenzione (minacce aeree, minacce nucleari, minacce biologiche e chimiche). Nel 2014, tale sistema è stato riformato e snellito a due livelli con relativo logo visibile negli spazi pubblici: un livello di vigilanza che può essere rafforzato temporaneamente, geograficamente e settorialmente per affrontare una minaccia specifica, e un livello di allerta attentati riservato a minacce imminenti. Un tale apparato di controllo che prevede ispezioni indistinte di persone e colli ritenuti “sospetti” sembra realizzare la profezia di Ulrich Beck, sociologo tedesco, che nel 2003 aveva affermato che: “i rischi terroristici (…) non possono essere combattuti che con misure che mettano in questioni i fondamenti stessi dell’ordine democratico”.
Eleonora Lombardi
Le fotografie sono state scattate dall’autrice dell’articolo
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Un chicco in più
Si consiglia la lettura del saggio di Ulrich Beck, “La société du risque globalisé revue sous l’angle de la menace terroriste”, Cahiers internationaux de sociologie, n° 114, 2003/1.
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