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Tutti a scuola!

Storicamente, il Brasile ha dovuto scontare un problema di arretratezza del proprio sistema educativo: mentre gli altri Brics, in particolare Cina ed India, hanno fatto dei propri studenti il volano della crescita, il Brasile non è ancora riuscito a dotarsi di un sistema educativo al livello di quelli americano ed europeo. Per affrontare il problema Dilma Roussef ha promosso “Science without borders”, un programma governativo che prevede la possibilità per gli studenti universitari brasiliani di ottenere lauree e diplomi all’estero

SCUOLE E CRESCITA – Dall’inizio del secolo la crescita del Brasile è proseguita a ritmi inimmaginabili per la stagnante Europa, ma nonostante questo il 4-5% annuo di Brasilia rimane leggermente inferiore alla media latinoamericana e sensibilmente in ritardo rispetto a Cina e India. Le ragioni sono ovviamente molteplici, ma fra queste trova posto un sistema educativo di livello inadeguato. I datori di lavoro lamentano infatti la difficoltà di reperire tecnici e impiegati sufficientemente preparati, mentre la disoccupazione ha toccato record minimi. Nel 2000, il Programme for International Student Assessment (PISA) classificò il Brasile all’ultimo posto del suo studio sul rendimento scolastico: i Paesi sotto esame erano i membri dell’OECD più alcuni paesi in forte crescita. Nonostante questo punto di partenza estremamente basso, le riforme del sottore e le varie iniziative collegate operate dai governi Cardoso, Lula e Rousseff hanno portato buoni frutti: nell’ultimo studio del PISA, pubblicato nel 2010, il Brasile si è classificato 53esimo su 65 paesi nelle materie scientifiche ed è stato indicato dalla stessa OECD come un “esempio incoraggiante”. Ma la strada da percorrere è ancora lunga per un paese che coltiva sogni di potenza regionale e mondiale. SCIENCE WITHOUT BORDERS – Per affrontare il problema della mancanza di tecnici formati ad alto livello, Dilma Roussef ha lanciato Science Without Borders: il programma prevede la possibilità per 100.000 giovani studenti brasiliani di studiare almeno un anno in prestigiose università estere che hanno concluso accordi con il governo brasiliano (fra cui l’Università di Bologna). Le materie sovvenzionabili sono ovviamente quelle ritenute di interesse strategico dal governo: scienze, tecnologia, ingegneria e matematica. L’investimento non è di poco conto: l’intero programma costerà 1,65 miliardi di dollari, un quarto dei quali arriverà dai privati. L’obiettivo è ovviamente quello di aumentare il livello dei propri tecnici per poter sostenere la crescita economica del colosso sudamericano.

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BASE FRAGILE – 20.000 studenti si recheranno in università statunitensi, tra i 6000 ed i 10.000 ciascuno in Italia, Germania, Inghilterra e Francia. Numeri importanti, ma ancora insufficienti a competere con India e Cina, che vantano oltre 260.000 studenti nei campus statunitensi. D’altro canto i colossi asiatici hanno puntato in modo massiccio sull’educazione e sulla formazione come volano per lo sviluppo, mentre il Brasile mantiene alcune zone specifiche di eccellenza, come agricoltura, biocarburanti ed estrazione petrolifera, che per l’appunto furono oggetto di un programma simile a Science Without Borders già negli anni ’70. D’altra parte i problemi del sistema educativo brasiliano rimangono sostanziali: se le università pubbliche sono comunque di buon livello, soprattutto se confrontate con quelle latinoamericane, le scuole primarie e secondarie non lo sono affatto. Si arriva quindi al paradosso per cui chi accede all’università pubblica e completamente gratuita ha frequentato scuole primarie e secondarie private, dai costi decisamente alti ed insostenibili per buona parte della popolazione. Un problema che dovrà essere risolto per fornire una base solida alla crescita del gigante verdeoro. Francesco Gattiglio [email protected]

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