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Orienti convergenti

In occasione dei campionati europei di calcio 2012 l'attenzione dei paesi dell'Unione si è focalizzata sull'Est Europa, dove per settimane gli stadi gremiti di Polonia e Ucraina hanno visto sfidarsi le nostre nazionali del cuore. Eppure qualcun altro già da tempo ha iniziato a rivolgere lo sguardo verso l'estremo più orientale del nostro continente

LA PORTA SUL RETRO – Quella che in Occidente viene considerata la più remota periferia d'Europa, per l'Oriente potrebbe diventare un vero e proprio portone d'accesso a un’area attualmente periferica ma di grande rilevanza per l’Unione Europea. Gli alti tassi di crescita dell’Est Europa, la forza lavoro relativamente istruita, le risorse naturali e, in particolar modo, la possibilità d'accesso al mercato europeo, sono un allettante richiamo per i paesi dell'estremo Oriente, primo tra tutti l'Impero di Mezzo, che ha già iniziato il suo graduale posizionamento strategico nella regione. Le visite ufficiali del Premier cinese Wen Jiabao in Ungheria e di Hu Jintao in Ucraina del giugno 2011, la partecipazione al Forum economico di Varsavia e la visita della delegazione del PCC in Bulgaria, Romania e Polonia dei mesi scorsi sono testimonianza del recente interesse che la Cina, notoriamente focalizzata sulle risorse di Asia e Africa, sta iniziando a mostrare per il fronte orientale del vecchio continente.

ORIENT-ATIVAMENTE UGUALI – L'interesse cinese per l’Europa orientale ha però ben più lontane origini. Lo stesso Jian Zemin, nucleo della terza generazione dei capi di stato del PCC, negli anni Settanta visse in Romania, dove imparò la lingua romena. Questi due “Orienti”, ai nostri occhi così distanti, hanno diversi tratti in comune. Cina e Romania: in entrambi il comunismo si è radicato fortemente nel tessuto sociale, entrambi segnati dall’esperienza di un leader autoritario che nel nome del comunismo ha compiuto scelte scellerate, entrambi segnati da un passato al quale non voler tornare. Paesi con una forte presenza di minoranze etniche, alla ricerca di sempre maggiore autonomia. Paesi in crescita, in una fase cruciale del proprio sviluppo, in cui circa metà della popolazione vive nelle campagne, da dove i giovani cercano disperatamente di scappare, attraverso quelle strade che macchine e carretti si trovano a dover condividere.

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QUESTIONE DI ENERGIA – L'influenza economica e geostrategica cinese in Romania è notevolmente aumentata negli ultimi anni, in particolare da quando la crisi economica ha inziato a far arretrare gli investitori occidentali. Le imprese dell’Impero di Mezzo sembrano pronte ad occupare lo spazio lasciato vuoto dagli europei, in particolare nel settore energetico la cui redditività nei paesi UE risulta tuttora elevata nonostante la crisi. In questo quadro, appare assai significativo il caso del ritiro francese, tedesco e spagnolo dal progetto di costruzione dei due nuovi reattori nucleari della centrale romena di Cernavoda, nel sud est del Paese, subito seguito dalla richiesta di una corporation cinese di raggiungere un accordo per avere accesso a informazioni confidenziali riguardanti lo sviluppo di tale piano nucleare.

EST CHE GUARDA AD EST – Pechino non ha tratto vantaggio dall'attuale turbolenza economica solo in Romania. L'influenza del dragone si sta espandendo, infatti, in numerose economie europee: lo scambio tra Cina e Europa centro-orientale, che negli ultimi 10 anni è cresciuto con una media del 30% annuo, ha raggiunto il suo massimo picco in seguito alla crisi economica dalla fine del 2008. Come per la Romania, anche Serbia e Bosnia Erzegovina hanno attratto l'attenzione cinese nel settore energetico, Ungheria, Bulgaria, Croazia e Polonia nelle infrastrutture e le ex repubbliche sovietiche Ucraina, Bielorussia e Moldavia per l'accesso agli sviluppi tecnologici e bellici russi nel settore militare.

NELL'OCCHIO DEL DRAGONE – Gli investimenti cinesi, trattati con sospetto sul fronte più occidentale del continente, sono invece ben accetti dai paesi dell'Europa dell'Est, che mai come ora hanno disperato bisogno di capitale. Le istituzioni finanziarie cinesi in questi stati si sono mostrate disponibili a concedere investimenti tramite prestiti garantiti a condizioni tanto favorevoli da scatenare contro Pechino l’ira degli investitori occidentali, questa volta accusata di utilizzare metodi finanziari aggressivi e talvolta scorretti pur di raggiungere i propri obiettivi geopolitici. Ben diverso pare dunque il lungimirante Celeste Impero dei giorni nostri, pronto a cogliere al volo anche le opportunità offerte da una grave crisi economica e finanziaria per giungere fin dentro le nostre mura, da quell’impero che neanche mezzo secolo fa Foucault descriveva, secondo il sistema immaginario europeo, come il più sordo agli avvenimenti del tempo, diffuso e rappreso sull'intera superficie d’un continente cinto di muraglie.

da Bucarest Martina Dominici [email protected]

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Martina Dominici
Martina Dominici
Instancabilmente idealista e curiosa per natura, il suo desiderio di scoprire il mondo l’ha spinta a studiare lingue straniere presso l’Università Cattolica di Milano e relazioni internazionali tra l’Università di Torino e la Zhejiang University di Hangzhou. Le esperienze lavorative presso l’Ambasciata d’Italia a Washington DC e Confindustria Romania a Bucarest hanno contribuito a forgiare il suo spirito girovago e ad affinare la sua arte nel preparare la valigia perfetta. Dopo quasi due anni di analisi strategica, si è occupata di ricerca per l’Asia Program dell’ISPI, prima di partire per la Thailandia come Casco Bianco per Caritas italiana in un programma di supporto ai migranti birmani. Continua ad essere impegnata nell’umanitario in campo di migrazioni.

 

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