La Russia di Putin affila le unghie per riaffermare la sua potenza economica e geopolitica attraverso la costituzione dell'Unione eurasiatica. Sebbene primi passi siano stati compiuti rimangono annose questioni da risolvere. In questa prima parte l'analisi dello scenario attuale: quali nazioni appoggiano l'integrazione e perché
MINSK CAPOLISTA – La Bielorussia è stata la prima, insieme al Kazakistan, ad appoggiare il progetto del Cremlino aderendo nel 2010 all'unione doganale, primo tassello per la costituzione dell'Unione eurasiatica. Minsk e Mosca sono legate storicamente da forti legami culturali ma anche politici, economici e militari che rendono improbabile uno spostamento ad ovest della Bielorussia. La sua economia, basata principalmente sull'export delle delle risorse energetiche, rimane indissolubilmente legata alla Russia, fonte d'approvvigionamento di gas e petrolio e proprietaria della Beltransgaz, gestore dei gasdotti bielorussi.
Ma i fili che si dipanano da Mosca sono molteplici. Una comune identità culturale, caratterizzata dall'appartenenza linguistica e dalla presenza nel Paese di una consistente minoranza russa. Una comune strategia di difesa e sicurezza, resa possibile dall'adesione di Minsk alla Csto – alleanza militare su modello Nato tra repubbliche ex sovietiche – dalla presenza su territorio bielorusso di installazioni militari russe e dalla collaborazione tra gli organismi di intelligence. Questi i fili che creano ancora una volta un cordone ombelicale difficile da spezzare. Inoltre, a rafforzare i legami sull'asse Mosca-Minsk, già ben saldi, ha giocato un ruolo decisivo l'isolamento politico praticato dall'Ue contro la dittatura di Lukashenko che, visiti i risultati delle elezioni parlamentari dello scorso 23 settembre, rimane fermamente ancorato al suo potere, conquistando in parlamento 109 seggi su 110. L'ostilità da parte dell'Ue non ha fatto altro che favorire l'influenza del Cremlino, rendendo praticabile per Minsk l'unica strada accessibile, quella verso Mosca.
LA REGINA CENTROASIATICA – Come già detto, si aggiunge alla lista dei sostenitori la repubblica del Kazakistan, ricca di idrocarburi e caratterizzata da una delle più floride economie centro asiatiche, con un PIL in crescita del 7% nel 2011. Il presidente Nazarbayev, nostalgico dell'Unione sovietica, da tempo auspicava una maggior cooperazione tra gli stati dell'ex URSS ed ha quindi accolto di buon grado le idee di Mosca. Ma se per la Bielorussia il sostegno a Mosca è parso quasi obbligato, per Astana il discorso è differente. Infatti Nazarbayev ha visto in Putin un alleato, utile a contrastare gli interessi speculativi delle grandi potenze economiche in terra kazaka, ricca di gas e petrolio. Il ruolo del Kazakistan nell'organizzazione eurasiatica potrebbe assumere inoltre un importante rilevanza geopolitica, sia nella risoluzione del conflitto per la provincia del Nagorno-Karabach tra Armenia e Azerbaigian – che potrebbe confluire nell'Unione eurasiatica – sia nella creazione di un asse tra Mosca ed Ankara. La repubblica della Mezzaluna, già in buoni rapporti commerciali e politico-culturali con Astana – che siede assieme ad Ankara, Baku e Biskek nel Consiglio di cooperazione dei Paesi turcofoni – potrebbe mettere da parte i pregiudizi e tessere nuovi relazioni economiche con il Cremlino, accantonando definitivamente i progetti di respiro europeo. Spostando l'asse più ad est, il Kazakistan, grazie alla sua posizione strategica, potrebbe favorire nondimeno gli scambi di greggio e gas tra le repubbliche eurasiatiche unite e la Cina.
LE PICCOLE DEL GRUPPO – Chiudono il gruppo dei favorevoli all'integrazione le repubbliche del Kirghizistan e del Tajikistan che, per evitare onerosi dazi doganali dovuti agli scambi commerciali con la Russia e il Kazakistan, a breve entreranno a far parte dello spazio economico comune (Ces). Ma Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tajikistan non possono bastare. Parafrasando un famoso detto, si può affermare che qualcuno risulti indispensabile per la buona riuscita dell'integrazione eurasiatica immaginata da Putin, ne sono un esempio l' Ucraina e la Georgia.
(I. Continua)
Maria Paterno [email protected]