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Un ponte sull’Oceano Atlantico

Un accordo di libero commercio tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti? Da alcuni mesi se ne parla in maniera sempre piĂą insistente da entrambe le sponde dell’Atlantico. Un deal non sembra facile da ottenere, perchè gli interessi in gioco da proteggere sono gli stessi da entrambe le parti. Eppure i vantaggi sarebbero notevoli: la crescita sarebbe stimolata ed Europa e USA potrebbero mantenere la propria supremazia in campo economico

 

COS’E’ UN’AREA DI LIBERO SCAMBIO? – Un’area di libero scambio è costituita da un gruppo di paesi tra i quali sono soppressi i dazi doganali ed ogni regolamentazione commerciale restrittiva riguardante gli scambi di prodotti originari della zona stessa.  Così, ad esempio, lo scopo di una area di libero scambio è quello di allargare l’accesso delle aziende europee ai mercati dei paesi terzi favorendo la crescita del commercio, riducendo le barriere alle esportazioni e creando un ambiente piĂą stabile e trasparente. La situazione di stallo dell’economia degli ultimi anni ha portato alla proliferazione di questi accordi (Free Trade Agreements – FTAs) coinvolgendo tutte le aree del globo, e in particolare Asia Orientale e America Latina. E anche l’Unione Europea in questo settore è molto attiva. Infatti, giĂ  dal 2006, con la comunicazione “Global Europe: competing in the world” la Commissione ha stabilito la sua strategia, considerando l’apertura dei mercati uno strumento fondamentale per la crescita e la creazione di nuovi posti di lavoro. Così, negli ultimi anni, l’UE per perseguire questi obiettivi ha giĂ  realizzato o sta cercando di concludere  FTAs con diverse regioni tra cui: Corea del Sud, Cile, Messico, Sudafrica,India, MERCOSUR, Canada, Ucraina, paesi ASEAN (soprattutto Singapore, ma anche Malesia e Vietnam), Giappone e USA.

 

PERCHE’ LO ZIO SAM? – Quello con gli USA costituisce l’accordo tra le due piĂą importanti aree commerciali del mondo in quanto UE e USA rappresentano, insieme, metĂ  del Pil mondiale e quasi un terzo dei flussi commerciali globali. E’ proprio necessario? Le relazioni economiche tra le due regioni sono le piĂą ricche in assoluto (con oltre 1,8 miliardi di euro di beni e servizi scambiati ogni giorno). Inoltre,le cifre dell’interscambio tra USA e UE sono le piĂą importanti al mondo (con 485 miliardi di dollari nei primi nove mesi del 2012) e competono con quelle tra USA e Cina (con 390 miliardi); gli investimenti esteri degli Usa in Europa sono pari a tre volte quelli effettuati in Asia; mentre l’Europa ha investito negli Stati Uniti otto volte le somme impegnate in Cina e in India. Nonostante tutto però, sono quattro anni che si parla di un UE – USA Fta e poco piĂą di un anno fa Bruxelles e Washington hanno chiesto ai loro rispettivi team di iniziare i lavori per vedere in concreto i potenziali benefici e ostacoli di questo accordo. La pubblicazione di questa relazione e delle sue raccomandazioni è prevista per i prossimi mesi.

 

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PRO…  –  Gli esperti, infatti, ammettono che i rapporti tra UE e USA siano giĂ  abbastanza buoni: con barriere tariffarie molto basse rispetto agli standard globali per la maggior parte dei prodotti (in media sotto al 3%). Ma è proprio l’ampliamento di questi rapporti giĂ  esistenti che rende la liberalizzazione una meta ancora piĂą attraente per le due parti. Addirittura, David Cameron ha posto la conclusione di questo accordo come la prioritĂ  principale della leadership della Gran Bretagna nel G8 di quest’anno. E anche secondo il Segretario di Stato (uscente) Usa, Hillary Clinton,questo FTA è molto importante perchĂ© non solo spingerebbe ad una crescita economica (si calcola che il tasso di crescita del Pil su ambo i lati dell’Atlantico potrebbe aumentare dell’1,5%) ma anche all’aumento di posti di lavoro (è stimato che un terzo dell’intero accordo bilaterale consista in trasferimenti interni di compagnie che operano in entrambi i mercati). A ciò conseguirĂ  anche una maggiore compatibilitĂ  tra le norme legali delle due parti in questione. Lo FTA avrĂ , inoltre, un importante messaggio politico mostrando UE e USA come ancora capaci di affrontare insieme quelle che saranno le nuove sfide, soprattutto nei confronti delle nuove potenze economiche emergenti (come la Cina).

 

… E CONTRO – Ma se da un lato, a livello macroeconomico, vi è consenso sugli effetti favorevoli alla crescita, dall’altro vi sono dei gruppi d’interesse che temono di essere danneggiati nel negoziato: ad esempio, agricoltori e allevatori americani contrari alla politica agricola comune o alle regole europee sui prodotti geneticamente modificati. Non sarĂ  facile, infatti, superare le resistenze dell’Europa, che ha la legislazione piĂą restrittiva al mondo sugli Ogm, riflesso della sfiducia diffusa nell’opinione pubblica nei confronti di queste tecnologie. Lo stesso commissario Ue al Commercio, Karel De Gucht, grande sponsor dell’operazione, ha piĂą volte avvisato le sue controparti che su questo fronte sarebbe meglio non coltivare troppe aspettative. Altrettanto complesso sarebbe poi allentare le restrizioni sulla commercializzazione in Europa della carne prodotta negli Stati Uniti in allevamenti che utilizzano gli ormoni della crescita. Altro problema sarebbe la mancanza nell’ordinamento federale degli Stati Uniti di una norma simile a quella che nei Trattati dell’Unione Europea proibisce gli aiuti di Stato. Anzi, è prassi corrente negli States che uno stato federato, una contea o una cittĂ  cerchi con pubblico denaro di attrarre un’impresa nel proprio territorio o di evitare che la medesima si trasferisca in altra giurisdizione; secondo un’indagine del New York Times, il totale degli incentivi concessi dai governi locali è di oltre 80 miliardi di dollari l’anno. Da parte sua, una delle principali sfide per Bruxelles sarĂ  superare le restrizioni all’acquisto di beni e servizi europei. E neanche questa partita sembra semplice. PerchĂ© in gran parte si tratta di decisioni prese non dal Governo federale a Washington, ma dai singoli Stati, che in alcuni casi hanno leggi che incentivano l’acquisto di prodotti made in America. Tuttavia, secondo la Commissione UE, l’accordo potrebbe far crescere il Pil dell’Unione dello 0,5% nel lungo termine, aggiungendo circa 120 miliardi di euro alla ricchezza prodotta dalla regione. Ogni tariffa rimossa, ha ricordato qualche settimana fa De Gucht, «si traduce in milioni di euro di risparmi per le imprese che potrebbero reinvestirli in nuove opportunità».

 

Jane N. Alibali

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