Il Giro del Mondo in 30 Caffè – Il 2016 sarĂ l’anno delle elezioni presidenziali statunitensi. Un anno di grandi cambiamenti, contestuali al continuo evolversi della politica internazionale. Vediamo come la campagna elettorale si è evoluta e cosa ci riserverĂ il futuro
L’INIZIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE – Nel 2015 sono cominciati ad emergere i primi potenziali candidati, alcuni tra questi molto esitanti. Prima fra tutti la Clinton, reduce, quasi otto anni fa, da una sconfitta a sorpresa che ha portato alla Casa Bianca l’avversario Barack Obama. Altri, invece, hanno abbandonato la corsa. Tra questi, il democratico Joe Biden, Vice Presidente dell’amministrazione Obama e i repubblicani Graham e Mitt Romney, avversario dell’attuale Presidente e della Clinton nel 2008. L’uscita di scena di Biden (dovuta in parte alla morte del figlio) ha favorito molto la Clinton, la quale ha guadagnato le preferenze inizialmente destinate al Vice Presidente. Romney, invece, ha dichiarato di voler abbandonare la corsa alle presidenziali dicendo semplicemente che non si sentiva pronto a portare avanti la torcia repubblicana. Nonostante questa defezione, il numero dei candidati del Grand Old Party ha raggiunto la dozzina, mentre il partito democratico si è ritrovato solo con tre partecipanti. Di sicuro, nel 2015, la più grande sorpresa è stata la candidatura di Donald Trump. Il 7 giugno, gli statunitensi hanno assistito al discorso del re del mattone newyorkese in cui si denunciava la morte del sogno americano e si prevedeva il ritorno degli Usa, sotto l’amministrazione Trump, a essere “great again”.
Fig. 1 – Donald Trump, possibile sorpresa delle elezioni statunitensi
L’EVOLUZIONE – Tra uscite di scena e sorprese, le fila dei partiti si sono compattate e oggi troviamo la Clinton, il socialista Bernie Sanders e Martin O’Malley in un angolo del ring e Trump, Carson, Christie, Bush, Cruz, Rubio, Paul, Huckabee, Khasi, Pataki, Santorum e Fiorina nell’altro. Tre persone, però, si sono imposte come candidati permanenti sulla scena e possibili vincitori: Hillary Clinton, Donald Trump e Bernie Sanders. La Clinton sta facendo di tutto pur di sbaragliare gli avversari e conquistare la poltrona tanto agognata nello Studio Ovale e sembra aver dimenticato la bruciante sconfitta del 2008. Sanders è l’unico suo avversario all’interno del partito in grado di spaventarla, anche se supera il 30% delle preferenze, venti in meno rispetto a quelle di Hillary, O’Malley, invece, è già stato dato per sconfitto, con solo il 2% delle preferenze tra i democratici. Ma è Trump la vera novità : con il suo background libero dalla politica e la sua popolarità  data, inevitabilmente, dal suo prestigio e dal suo ruolo di giudice nel programma “The Apprentice”, non sta facendo altro che scioccare il mondo intero con le sue affermazioni, influenzate anche, secondo alcuni, dalla sua poca dimestichezza con il mondo della politica, della difesa e delle relazioni internazionali. I polls danno Trump al 39% di preferenze, al primo posto nella classifica dei repubblicani. Questo perché, in un anno di scontri e caos sul tema dei rifugiati, sul terrorismo e sulla diplomazia, i repubblicani più tradizionalisti hanno visto in Donald Trump un uomo che potrà  ristabilire l’ordine e fare ciò che nessun altro oserà mai fare: costruire un muro tra Usa e Messico o rimpatriare tutti gli immigrati illegali nel Paese ne sono un esempio.
Fig. 2 – Tra Sanders e la Clinton sarĂ la seconda, molto probabilmente, a spuntarla
POSSIBILI SCENARI – Per quanto il 2015 sia stato un anno interessante per la politica interna Usa, sarà il 2016 il vero anno di svolta. Le primarie cominceranno a febbraio e dureranno circa sei mesi, al termine dei quali verranno eletti i candidati che potranno essere votati alle presidenziali. Di solito, nella storia statunitense, vige la consuetudine dell’alternanza di amministrazioni democratiche e repubblicane, certo con qualche eccezione (per esempio, l’amministrazione Nixon, repubblicana, seguita da quella Ford, anch’essa repubblicana). Quindi, se la storia si ripeterà , si siederà alla poltrona più importante sulla scena internazionale un repubblicano e, molto probabilmente, questo sarà Trump. Il front-runner del GOP verrà votato da tutti coloro che, come lui, si sono coalizzati contro Obama e contro la sua politica moderata. Promettendo di riportare gli Usa al loro antico splendore, Trump si è posto davanti una bella sfida, che (a detta di alcuni) non sarà , però, in grado di vincere, a causa della sua poca esperienza politica. Se invece la storia non si dovesse ripetere, la lotta sarà tra la Clinton e Bernie Sanders. Questi due candidati mettono in difficoltà l’opinione pubblica: sulla scia del primo Presidente afro-americano, avere la prima inquilina alla Casa Bianca donna non può far altro che tentare l’elettorato. Certo, la Clinton è molto vicina a Obama e questo potrebbe allontanare gli elettori. Nonostante il suo più marcato interventismo nell’arena internazionale, dalla proposta di portare a zero il costo dei college, al sostegno della fine dell’embargo contro Cuba, al supporto delle politiche sull’immigrazione, la Clinton ha seguito le orme di Obama. La sua esperienza sul campo politico, però, è innegabile e le sue proposte attireranno i voti della working class e delle donne, una grande fetta della popolazione. Al contrario, per avere una modifica drastica all’interno degli Usa, il popolo dovrà votare Bernie Sanders. Tra le proposte di Sanders, infatti, ci sono quelle di terminare i Free Trade Agreements come il NAFTA (North America Free Trade Agreements) e il CAFTA (Central America Free Trade Agreement) oltre a limitare i poteri delle grandi banche e implementare il sistema sanitario. Sanders ha il supporto degli attivisti liberali democratici, di chi non vuole più iniquità e vorrebbe ritornare alle radici populiste del partito. La sua presa sulla politica internazionale sarebbe molto più morbida e diplomatica: Sanders è, infatti, generalmente contrario alla guerra e ha sostenuto con vigore gli accordi sul nucleare iraniano. Per sapere cosa accadrà con certezza, però, dovremo aspettare ancora un anno. Uno di questi scenari potrebbe realizzarsi, ma la politica interna degli Usa potrebbe sorprenderci ancora una volta.
Giulia Mizzon
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Foto: Diego Cambiaso