In 3 sorsi – In vista delle imminenti elezioni in Nicaragua, che potrebbero portare a una storica sconfitta del sandinismo nel Paese, l’opposizione ricorda le passate proteste antigovernative.
1. LA ‘INSURRECCIÓN CÍVICA NICARAGUENSE‘
Nel 2018 il Nicaragua è stato teatro di numerose proteste antigovernative che hanno messo a dura prova il Governo sandinista presieduto da Daniel Ortega. Le manifestazioni inizialmente nacquero come risposta all’approvazione, da parte dell’esecutivo, di una contestata riforma del sistema previdenziale, che prevedeva un sostanziale aumento delle imposte e una drastica riduzione delle pensioni. Tuttavia in poco tempo le proteste divennero a mano a mano sempre più organizzate e politicizzate, fino a diventare ben presto un vero e proprio movimento antigovernativo che chiedeva a gran voce le dimissioni di Ortega e la fine del potere sandinista nel Paese. Movimenti contadini, associazioni studentesche e persino esponenti della Chiesa cattolica reclamavano il rispetto dello Stato di diritto e la conclusione della presidenza Ortega, dal 2007 alla guida del Paese. La risposta del regime non si fece di certo attendere: le proteste furono infatti represse con la forza, centinaia di manifestanti arrestati e altrettanti uccisi dalle forze governative. Secondo stime ufficiali delle Nazioni Unite e della Commissione Interamericana dei Diritti Umani, la brutale reazione ha causato la morte di 328 persone, 777 arresti e la fuga dal Paese di più di 100mila nicaraguensi.
Fig. 1 – Una manifestante mostra una bandiera insanguinata durante le proteste contro il Presidente Daniel Ortega, tenutesi a Managua nel 2018
2. UNA PROTESTA SIMBOLICA
A tre anni dall’insurrezione popolare il partito dell’opposizione La Unidad Nacional Azul y Blanco ha richiamato la popolazione a ricordare i fatti del 2018, per i quali secondo l’opposizione ancora oggi 115 persone sono in stato di arresto. In particolare il partito guidato da Félix Maradiaga ha invitato la cittadinanza a indire due giorni di lutto nazionale, una manifestazione puramente simbolica per ricordare coloro che hanno perso la vita, o la propria libertà, durante le proteste. Le misure al contrasto alla pandemia e le possibili ritorsioni governative non permettono di certo manifestazioni in piazza, tuttavia piccoli gesti come il vestirsi di nero o l’uso sui social dell’hashtag #YoNoOlvidoAbril, servono a mantenere vivo il sentimento antigovernativo, in vista delle prossime elezioni di novembre.
Fig. 2 – A sinistra il Ministro degli Esteri cubano Bruno Rodriguez mentre interloquisce con il Presidente del Nicaragua Daniel Ortega, alla sinistra del Presidente cubano Miguel Díaz Canel e del Presidente del Venezuela Nicolás Maduro
3. SETTE MESI ALLE ELEZIONI
Le proteste del 2018 hanno pericolosamente minato il regime sandinista. Pertanto non sorprende affatto che a pochi mesi dalle prossime elezioni l’opposizione cerchi di riaccendere quel sentimento antigovernativo che è ancora vivo in gran parte della società civile. Inoltre Maradiaga, principale candidato dell’opposizione, ha promesso in caso di vittoria l’adesione del Nicaragua allo Statuto di Roma, affinché Ortega venga giudicato per crimini contro l’umanità. Tra le varie proposte dell’opposizione c’è poi la creazione di una Commissione per la Verità, al fine di garantire alle vittime verità, giustizia e non ripetizione degli abusi commessi dal regime. Sul fronte interno l’opposizione mira a cavalcare l’onda delle proteste antigovernative del 2018, che non sembrano essersi affatto affievolite. Il contesto internazionale alimenta inoltre le speranze di una possibile sconfitta elettorale di Ortega, che metterebbe fine al controllo sandinista del Paese. L’Amministrazione Biden ha già mosso le prime forti critiche al Governo Ortega, ribadendo la propria preoccupazione per la deriva autoritaria che sta assumendo lo Stato centroamericano e la necessità di un decisivo cambio di passo. Lo scorso marzo, inoltre, un gruppo bipartisan di senatori democratici e repubblicani ha proposto un nuovo disegno di legge per esercitare maggiore pressione diplomatica su Ortega, affinché vengano garantite libere elezioni e il rispetto dei diritti umani nel Paese. Ortega, tuttavia, può contare ancora sull’appoggio di storici alleati come Cuba e Venezuela. C’è da chiedersi pertanto se l’alleanza socialista, orfana dell’era Castro e alle prese con la crisi economica venezuelana, sia in grado di rispondere alle nuove sfide che la presidenza Biden pone nella regione. Le imminenti elezioni in Nicaragua sono dunque un ottimo banco di prova per definire i possibili futuri equilibri nel continente.
Ellen Stephany Vanegas Coronado
“_N3A0002” by jorgemejia is licensed under CC BY