Analisi – Il 13 aprile il tribunale militare di Ouagadougou ha incriminato Blaise Compaoré e altri per l’omicidio di Thomas Sankara, popolare leader socialista e progressista, un omicidio che si interseca con giochi di potere e influenze regionali e internazionali. Dopo più di tre decenni il Burkina Faso sembra ora avviarsi verso la riconciliazione e la giustizia, mentre continua la ricerca di stabilità.
GIUSTIZIA PER THOMAS SANKARA
Il 13 aprile l’ex Presidente burkinabé Blaise Compaoré è stato incriminato dal tribunale militare di Ouagadougou, insieme a Gilbert Diendéré e altre dodici persone, con l’accusa di attentato alla sicurezza dello Stato, concorso in omicidio e occultamento di cadavere nel caso dell’assassinio di Thomas Sankara e dei suoi compagni (Noufou Sawadogo, Amadé Sawadogo, Abdoulaye Guem, Der Somda, Wallilaye Ouédraogo, Emmanuel Bationo, Paténema Soré, Frédéric Kiemdé, Bonaventure Compaoré, Paulin Bamouni, Christophe Saba, Sibiri Zagré). Il tribunale militare della capitale ha confermato quelle che erano quasi certezze, ovvero che il 15 ottobre 1987 l’allora Presidente del Burkina Faso sarebbe stato assassinato a sangue freddo con la complicità del suo braccio destro, che assunse la guida del Paese con il favore francese e di altri Stati africani dell’area. La decisione per l’incriminazione segue di qualche anno l’inizio della diffusione da parte di Emmanuel Macron dei documenti secretati prodotti dalle amministrazioni francesi durante e dopo il regime di Sankara e la riapertura delle indagini sulla sua morte, ufficialmente registrata come avvenuta per “cause naturali”, cui è seguita la riesumazione del cadavere poi descritto come crivellato da dozzine di proiettili.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Un soldato accanto ai ritratti dei compagni uccisi insieme a Sankara, durante l’inaugurazione di un suo memoriale al Conseil de l’Entente a Ouagadougou davanti all’ingresso della casa dove l’ex Presidente fu assassinato, 2 marzo 2019
IL PADRE DEGLI UOMINI INTEGRI
Thomas Isidore Noël Sankara, militare, musicista e rivoluzionario socialista, sale al potere nel 1983 dopo un susseguirsi di colpi di Stato forte di una popolarità crescente e diffusa. È spesso definito il “Che Guevara africano” per i suoi profondi sentimenti anticapitalisti e antimperialisti confluiti in una logica terzomondista. Carismatico Padre della patria, Sankara rinomina la sua terra da Alto Volta (retaggio del periodo coloniale) in Burkina Faso, fondendo le due principali lingue del Paese in un neologismo di lirismo identitario: Burkina, in lingua moré traducibile in ”uomini integri” o “uomini di valore”, e Faso, che in lingua dioula significa patria.
Coerentemente con la sua visione politica, negli anni al potere realizza una serie di riforme radicali: costituzione del Consiglio nazionale della rivoluzione e di Comitati per la difesa della rivoluzione con il compito di estendere ad ampi strati della popolazione il potere decisionale; riforma agraria, che porta a un aumento vertiginoso della produzione di cereali e di cotone con la quale persegue l’autonomia dagli aiuti internazionali; sensibilizzazione verso le questioni ambientali e rimboschimento per combattere la desertificazione. Infine la battaglia per l’alfabetizzazione, per la salute e i diritti delle donne: in soli tre anni il tasso di scolarizzazione aumenta dell’8%, grazie alle campagne di vaccinazione crollano i tassi di mortalità infantile e diverse figure femminili vengono integrate all’interno dell’esecutivo. Un leader definito patriota, ecologista e femminista.
Fig. 2 – Thomas Sankara all’ottavo vertice del Movimento dei paesi non allineati il 31 agosto 1986
LE RAGIONI DELL’OMICIDIO
In politica estera Sankara è vicino ai movimenti di liberazione e di autodeterminazione (saharawi e palestinesi su tutti), stringe legami con i Paesi progressisti del continente africano, simpatizza per i sandinisti in Nicaragua, per la Cuba di Fidel Castro e non ha ottimi rapporti con l’Unione Sovietica, che considera potenza imperialista. A un certo punto rompe con l’ex alleato Gheddafi e nega ogni sostegno al liberiano Charles Taylor, la cui vicenda si intreccia nei giochi di potere europei e statunitensi nella regione (come racconta un documentario di Silvestro Montanaro).
Sankara ha pessime relazioni con il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, Istituzioni che per la pretesa del pagamento del suo debito pubblico vengono accusate di tenere in ginocchio l’Africa. Debito pubblico che è la principale minaccia all’indipendenza vera dell’Africa secondo Sankara, tanto che alla conferenza dell’Organizzazione per l’Unità Africana inviterà i suoi omologhi a sottrarsi al pagamento dello stesso manifestando la sua linea panafricanista.
Posizioni nette che confermano i suoi contrasti con gli Stati Uniti, la Francia di Mitterrand e la Costa d’Avorio di Houphouët-Boigny, principale alleato di Parigi in Africa occidentale e la cui nipote sposerà quello che è considerato il maggiore responsabile del suo omicidio, Blaise Compaoré. Omicidio i cui dettagli restano oscuri, motivato dalle pressioni regionali e internazionali verso un cambio di rotta di cui Compaoré si farà promotore, edulcorando i toni verso le ex potenze coloniali e le Istituzioni di Bretton Woods, avviando la “rettifica” della rivoluzione sankarista, concedendo lo sfruttamento delle miniere d’oro alle aziende minerarie francesi, canadesi e inglesi e rendendo di fatto il Burkina Faso un hub strategico per le missioni militari di Parigi. Una linea politica che gli garantirà di restare al potere per quasi tre decenni.
Fig. 3 – Poster che celebra Thomas Sankara, definito il “Che Guevare africano” accanto al ritratto di Ernesto “Che” Guevara, alla vigilia delle commemorazioni per il trentesimo anniversario della sua morte, il 14 ottobre 2017
UN PAESE IN CERCA DI RICONCILIAZIONE E PACE
Parlare del “padre degli uomini integri” è stato per decenni tabù a causa del terrore di Compaoré per la popolarità della sua figura. Quando tra il 2014 e il 2015 fu costretto a fuggire nella vicina Costa d’Avorio, la folla scese in piazza portando proprio manifesti e cartelli inneggianti a Sankara, idolatrato e vivo nelle speranze dei giovani. Da allora in Burkina Faso è iniziato un periodo di transizione democratica e un percorso verso la riconciliazione.
Dopo la sua rielezione a fine 2020 e l’inizio del secondo mandato, il presidente Roch Marc Christian Kaboré ha nominato a questo proposito un Ministro per la Riconciliazione nazionale, Zephirin Diabré, che si è impegnato anche ad affrontare la questione della giustizia per Sankara. L’incriminazione del 13 aprile potrebbe essere un passo per spingere la Costa d’Avorio a rispettare il trattato di estradizione tra i due Paesi e consegnare Compaoré, atto che il presidente Ouattara si è finora rifiutato di fare. Non è comunque chiaro quando si svolgerà il processo.
Nonostante si possa celebrare la notizia dell’incriminazione come un segnale che va verso la giustizia, mentre la Francia continua a diffondere altri documenti dell’epoca per giungere a una pacificazione, la situazione del Burkina Faso resta preoccupante a causa della povertà endemica, la minaccia costante della desertificazione e la presenza jihadista non ancora debellata per la quale il Paese è ancora parte integrante dell’assetto securitario strategico di Parigi – che allo stato attuale ha tutto l’interesse di assicurarsi un partner alleato stabile nel Sahel.
Daniele Molteni
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