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Svezia-Belgio: tra migranti e foreign fighters

EuroCaffè – Belgio e Svezia hanno qualcosa in comune: sono tra le mete principali dei flussi migratori e fanno i conti con un problema ben più grave di una qualificazione agli ottavi dell’Europeo, i foreign fighters.

JIHADISTI MADE IN SWEDEN&BELGIUM – I numeri consentono di capire perfettamente la portata del fenomeno. Secondo un rapporto dell’Agenzia europea dei diritti fondamentali (FRS), un numero notevole di foreign fighters – ovvero i musulmani, nati nei Paesi europei, che decidono di arruolarsi nelle file delle formazioni jihadiste all’estero – proviene dal Belgio: 440. Solo Francia (1.700), Germania e Regno Unito (700) “forniscono” un contributo superiore. Il Belgio detiene un record, però. Il Paese presenta il più alto tasso di “jihadisti pro-capite”, dato che la popolazione conta 11 milioni di abitanti. Così come hanno fatto 300 giovani provenienti dalla Svezia. Il fondamentalismo islamico rappresenta un problema anche per gli svedesi, del resto. Un problema sempre più rilevante.

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Fig. 1 – Polizia e giornalisti davanti al tribunale di Antwerp il primo giorno del processo a Sharia4Belgium, gruppo accusato di reclutare foreign fighters

L’ULTIMA TAPPA DEI MIGRANTI – La Svezia è una delle destinazioni principali per i flussi migratori provenienti dal Sud: stando ai dati dell’Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea, lo scorso anno 156.110 persone – il 108% in più rispetto al 2014 e il 12,4% del totale in Europa – hanno presentato richiesta d’asilo in Svezia, che detiene così il secondo numero più alto di domande presentate per abitante: 16.016 richieste per ogni milione di abitanti contro le 17.699 richieste dell’Ungheria, prima tra i partner europei. Al numero di richieste d’asilo, presentate (ed eventualmente accettate o rifiutate) specie dai migranti provenienti dai Paesi arabi, non corrispondono altrettanti jihadisti o potenziali tali, sia chiaro. Se perfettamente riuscita, l’integrazione può garantire ottimi risultati economici – il contributo offerto dai lavoratori stranieri in Italia è difficilmente trascurabile, ad esempio, – ma non solo: la Nazionale belga – una squadra che conta tra le sue fila alcuni giocatori naturalizzati belgi – è tra le migliori al mondo. La seconda, stando al ranking FIFA aggiornato al 2 gennaio scorso. Bruxelles, però, ha anche qualche guaio.

JIHAD, PERCHÉ PROPRIO IL BELGIO – Suo malgrado, il Belgio possiede tutte le caratteristiche che lo rendono il luogo idoneo per la proliferazione del fondamentalismo islamico: il Paese ospita una consistente comunità musulmana che non si è integrata con il resto della società e non si è inserita nel mondo del lavoro. I jihadisti – o gli aspiranti tali – hanno una vita abbastanza facile: le Autorità antiterrorismo sono male organizzate e l’instabilità politica non aiuta. Non a caso, all’indomani degli attentati di Bruxelles, l’edizione europea del quotidiano on-line Politico non esitò a definire il Belgio «uno Stato fallito».

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Fig. 2 – La Nazionale belga, esempio di integrazione

IL PALLONE PUÒ ESSERE UNA SOLUZIONE? – Il calcio può rappresentare una soluzione, però. Ad aprile il quotidiano La Repubblica ha raccontato la storia di un piccolo comune belga, Vilvoorde, dove i campi di calcetto e di basket rappresentano l’unico punto di aggregazione giovanile e che, una volta ristrutturati, hanno allontanato i giovani dagli ambienti radicali islamici. Un po’ come accade anche in altre parti del mondo: in Somalia, i programmi della FIFA – l’organo che governa il calcio mondiale – e della federazione calcistica somala puntano ad avvicinare i più giovani ai campi di calcio e stanno erodendo il potere dell’organizzazione jihadista, alShabaab. Non a caso, «dal 2010 in poi – sottolinea Limes, – gli šabāb hanno preso di mira anche i talent scout, gli allenatori, i calciatori, i presidenti delle società calcistiche e i cronisti sportivi».

Mirko Spadoni

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Nelle precedenti edizioni degli Europei, Belgio e Svezia si sono incontrate una sola volta: il 10 giugno del 2000, in occasione della gara d’apertura dell’Europeo ospitato proprio dal Belgio e dall’Olanda. Quella volta, allo stadio “Re Baldovino” di Bruxelles, vinsero i padroni di casa per 2 a 1.[/box]

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Mirko Spadoni
Mirko Spadoni

Romano, classe ’88, ha abbandonato i suoi sogni di gloria molto presto: sarebbe voluto diventare presidente di una squadra di calcio. E così, dopo aver conseguito una laurea in Comunicazione, ha deciso di limitarsi a raccontarne le gesta (dei presidenti e dei loro stipendiati, s’intende). Compreso che il pallone – e la Lazio – non sono tutto nella vita, si è dedicato anche ad altro: alla politica e all’economia per un quotidiano online di un istituto di ricerca, per poi innamorarsi definitivamente della geopolitica. Una passione che coltiva con buona pace della letteratura e dei colori biancocelesti.

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