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Portogallo-Polonia, teodicea di CR7 e Lewandowski

EuroCaffèSi gioca stasera il primo quarto di finale di Euro2016. Di fronte Portogallo e Polonia, squadre che scontano le prestazioni sottotono dei loro grandi rappresentanti Cristiano Ronaldo e Robert Lewandowski.

PORTOGALLO-POLONIA? – Che cosa c’è da dire su Portogallo-Polonia? Non lo so, anche perché sembra che di questa partita importi poco a chiunque. Tranne che per la sfida tra Cristiano Ronaldo e Lewandowski, quasi il match fosse decisivo per entrambi: uno negli annali dei vincenti, l’altro in quello dei perdenti. Non è proprio così, ma quando non si sa di cosa parlare focalizzarsi su una sfida nella sfida è una soluzione spesso usata. Nemmeno io saprei bene che cosa scrivere, perché Portogallo-Polonia non ha il blasone di Italia-Germania, non ha la spinta emotiva che ormai genera l’Islanda – soprattutto se alle prese con la Francia, – ma non ha nemmeno l’attenzione riposta su Galles-Belgio, che vede impegnata una delle favorite alla vittoria finale. Però è un giudizio alquanto ingiusto, forse condizionato dalla presenza della Nazionale italiana là dove non ce l’aspettavamo contro gli avversari di una vita: un vortice che risucchia tutta l’attenzione. O forse dal fatto che l’opinione pubblica ha già un outsider da supportare, con quei 23 arrivati da un’isola ai confini del circolo polare che hanno elevato la Brexit al quadrato. Oppure, semplicemente, perché ormai il lato sinistro del tabellone, scaturito da un regolamento evidentemente da modificare, ha automaticamente reso di secondo livello tutte le squadre che ci sono capitate, per merito o demerito. Eppure Portogallo-Polonia avrà un senso e, in ogni caso, produrrà effetti validi per Euro 2016! Quindi, attenzione, mai dire mai nel calcio.

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TEODICEA DI CR7Ronaldo e Lewandowski, dicevamo. Per CR7 il torneo non era cominciato bene – e non è che stia proseguendo chissà come, – ma non c’è da stupirsi. Le sue rosicate non sono passate inosservate, con sorrisi nervosi e reazioni isteriche per qualsiasi filo d’erba storto. Occhio però a dare questa macchina da spettacolo e soldi fuori gioco. Quando meno te lo aspetti succede che contro la Croazia al 117° minuto Ronaldo recuperi un pallone al limite della propria area di rigore, inneschi il contropiede, entri in modalità macchina del tempo e ricompaia 80 metri più in là a favorire il goal di Quaresma. Cioè: dopo due ore di gioco, si vede una maglia verde in fondo allo schermo che scorre fluidamente come su un binario. Senz’altro CR7 accusa la pressione, ma non è una generica questione di maglia, è qualcosa di più profondo. Ronaldo si ritiene – e lo è – un vincente: ha bisogno di percepire il campo e, soprattutto, ha bisogno di segnare. Ogni suo movimento è finalizzato alla rete. È un attaccante, si dirà. Vero, però la necessità del portoghese è oltre l’urgenza viscerale e la consapevolezza funzionale del centravanti. Ronaldo vuole sentirsi il migliore. E per esserlo deve atteggiarsi anche da migliore, con presunzione e con boria, ma anche con magnanimità. CR7 si allena in modo maniacale e si comporta sul campo come se ogni pallone fosse una reale questione di vita: tutto deve essere proteso al suo successo, senza vie di mezzo. Sarà la sfida con Messi, sarà la sua biografia, sarà qualsiasi variabile, ma Ronaldo è questo, una perfetta e a tratti esasperante pianificazione, dentro e fuori dal campo, in allentamento, durante una partita, nella vita privata. La sua ricerca della perfezione non ammette ostacoli, né cedimenti, e quando c’è in gioco la Nazionale, si estende all’intero Portogallo, la cui sorte storica dipende da quante volte Ronaldo riuscirà a toccare il pallone, magari anche a segnare. Teodicea di Cristiano Ronaldo: se CR7 esiste, perché il Portogallo non vince? Si fa per dire, ovvio. Le motivazioni sono molteplici e molto più terrene, con i lusitani che hanno una lunga storia di grandi occasioni mancate. Tipo la finale di Euro 2004 persa in casa con la Grecia.

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ROBERT, DOVE SEI? – Dall’altra parte c’è Lewandowski, che in Francia è ancora a secco. 42 goal col Bayern Monaco in stagione e non sentirli. Batti un colpo, Robert, dato che tanti nei hai già presi, essendo il giocatore che ha subìto più falli del torneo. Il polacco si sta impegnando, ma sta concludendo poco – e la squadra lo sa. I suoi compagni lo aspettano, perché c’è bisogno di lui per portare avanti il percorso cominciato dalla Nazionale nel 2012, quando la Polonia ospitava gli Europei insieme all’Ucraina. All’epoca c’era la consapevolezza che per il movimento calcistico locale l’occasione di confrontarsi con il Vecchio continente fosse capitata troppo presto, ma oggi sembra che l’impressione sia opposta, cioè che per quanto la Nazionale stia mostrando un’ottima capacità di far fronte alle difficoltà, il ciclo avviato qualche anno fa sia arrivato a maturazione e che Euro2016 sarà un punto di svolta per il futuro. Manca il terminale offensivo: se Lewandowski si sblocca, alle sue spalle – come dimostrato durante le qualificazioni – c’è una squadra compatta. Magari già a partire da stasera. Altrimenti, il rischio di un match tattico, muscolare e noioso tra due Nazionali spuntate – e quindi protese a vincere la battaglia dell’interdizione e del possesso palla – è ben presente.

Beniamino Franceschini

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Invertiamo gli spazi: l’articolo parla di sport, il Chicco di politica. Dal 1919 alla Seconda guerra mondiale le relazioni tra Portogallo e Polonia erano avviate e stabili. Addirittura Varsavia aveva dei consolati in Angola e Mozambico. Con l’avvento della Repubblica popolare nella sfera sovietica, Lisbona continuò a riconoscere il Governo polacco in esilio: i due Paesi mantenevano alcuni tenui rapporti commerciali, ma per motivi ideologici (in Portogallo era al potere Antonio Salazar) non era possibile andare oltre. Fu soltanto dopo la Rivoluzione dei garofani del 1974 che furono riprese le formali relazioni diplomatiche: l’ambasciatore polacco arrivò a Lisbona il 2 dicembre 1974, quello portoghese giunse a Varsavia il 14 gennaio 1975.[/box]

Foto: azote

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Beniamino Franceschini
Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’Università di Pisa, sono docente di Geopolitica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Pisa. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa.

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