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L’anno (teso) che verrĂ 

La tensione tra i due Paesi sta aumentando, di pari passo con l’aumento dei disordini all’interno della repubblica teocratica. Ecco le prospettive di una situazione che appare sempre più incerta e fragile

TENSIONE ALLE STELLE – La rivoluzione è alle porte. Un periodo ad alta tensione in Iran, che potrebbe destabilizzare gli equilibri geopolitici dell’intera regione, considerando le recenti proteste di piazza contro il governo di Mahmud Ahmadinejad che hanno provocato morti e feriti risvegliando l’onda verde riformista. Le ultime settimane sono state contraddistinte da tensioni anche con l’Iraq, per questioni di confini: il 18 dicembre undici persone, tra soldati e tecnici di nazionalità iraniana, hanno occupato un pozzo petrolifero nei pressi di Fakka nella provincia di Maysan, Iraq meridionale. L’azione è stata da subito condannata come l’ennesimo attacco alla sovranità irachena, ma da parte iraniana nessun commento sull’accaduto. La notizia ha rimbalzato su tutti i network internazionali, ed ha riacceso i riflettori sulla tragica guerra di confine tra i due paesi che dopo otto anni di guerra ha provocato più di un milione di vittime. 

IL “VALZER” DELLE DICHIARAZIONI – Poche ore dopo l’annuncio dell’occupazione iraniana del pozzo numero 4 nel distretto di Fakka le autorità iraniane, tramite il capo della commissione Esteri e sicurezza nazionale del Parlamento iraniano Alaeddin Borujerdi, hanno dichiarato che nessuna violazione del suolo iracheno era stata compiuta dall’esercito iraniano. Le accuse – secondo Borujerdi – sono "propaganda di elementi contrari alle buone relazioni tra i due Paesi"; anche l’ambasciatore iraniano in Iraq Hassan Kazemi-Qomi ha affermato come ci sia una propaganda tesa a screditare il legame tra i due Paesi. Le dichiarazioni irachene sono state immediate e di ben altra natura: il responsabile provinciale di Maysan Ali al Dabbagh ha denunciato l’accaduto formulando una richiesta di ritiro immediato dei militari iraniani dal pozzo petrolifero. La sera stessa si è riunito il Consiglio di sicurezza nazionale iracheno, presieduto dal premier Nuri al Maliki, il quale ha cercato di trovare una valida risposta alle continue voci di crisi diplomatica tra i due Paesi.

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LE RAGIONI “STORICHE” – Il governo iraniano successivamente ha precisato in merito all’accaduto che non vi è stata nessuna violazione della sovranità irachena. Il sito di Fakka ha una storia molto particolare alle spalle. In molte carte geografiche la zona viene inserita in territorio iraniano con il nome di “Fakkeh” ed è assai comune trovare discordanze sulla sovranità delle zone a ridosso del confine. La definizione dei confini, soprattutto nelle zone meridionali dell’Iraq, è stata da sempre causa di tensione tra i due paesi; alla vigilia della guerra degli otto anni, una delle cause principali fu la contesa sullo stretto dello Shatt al Arab che evidenziò senza dubbio la fragilità della commissione istituita nel ’75 per la definizione della frontiera tra i due paesi. Negli accordi venne dato l’impulso per la creazione di una piattaforma di cooperazione per creare una commissione, con il compito di sciogliere le numerose contese territoriali lungo il confine: nei fatti non vi fu modo per la commissione di svolgere il compito assegnatogli, poiché le violente dichiarazioni tra Khomeini e Saddam Hussein verso la fine degli anni’70 lasciarono il posto alla guerra

GEOPOLITICATra le ragioni che esistono dietro il gesto di forza iraniano, sicuramente c’è da annoverare quello relativo al valore geopolitico dell’azione. L’Iraq in questo periodo sta iniziando a concedere numerosi giacimenti di petrolio a compagnie internazionali, con l’obiettivo primario di incrementare la produzione di greggio. Al momento lo stato iracheno è il terzo produttore mondiale, al pari dell’Iran, ed ha grandi potenzialità di crescita, come ha sottolineato in un recente incontro il ministro del petrolio iracheno Al-Shahristani; dal 1990 l’Iraq non è soggetto alle quote di produzione stabilite dall’OPEC come per gli altri membri, questo per via delle sanzioni imposte al governo di Saddam, e perciò può vantare riserve strategiche importanti che porterebbero il Paese al pari dell’Arabia Saudita, situazione che muterebbe notevolmente gli equilibri di potenza nel contesto regionale. Per questo motivo l’Iran ha necessità di intervenire nel “mercato iracheno” con azioni, come l’occupazione dei pozzi, volte ad aumentare il prezzo del petrolio nel breve periodo e cercando di influenzare le decisioni del governo di Baghdad sul tipo di alleanze da intrattenere con gli attori internazionali, USA in testa. Inoltre, alla luce delle prossime elezioni irachene che si terranno a marzo, l’Iran dovrà mostrare la propria forza ed influenza nella regione e molto probabilmente il teatro iracheno sarà un banco di prova importante, non tralasciando quello che potrebbe accadere nelle piazze di Teheran nei prossimi giorni.

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