In 3 sorsi – Theresa May è il nuovo Primo Ministro britannico e avrà il difficile compito di guidare il Paese nell’uscita dall’Unione Europea. Le nomine della nuova squadra di Governo hanno suscitato molte polemiche, ma forse vi è una linea strategica dietro le scelte di May
1. IL POST-BREXIT – Il 23 giugno scorso i cittadini britannici sono stati chiamati alla urne per decidere della permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea. Il 24 giugno, appena annunciati gli esiti del referendum, il caos si è impadronito dell’isola, e non solo di quella. I mercati di tutto il mondo, apparentemente sorpresi dalla vittoria del leave, hanno “avvertito il colpo” e la sterlina ha subito una decisa svalutazione.
Tuttavia è in campo politico che la situazione ha cominciato a prendere una piega decisamente schizofrenica. Una volta appurata l’effettiva vittoria del leave, il Primo Ministro David Cameron ha rassegnato le dimissioni. E immediatamente è iniziata la “corsa per la poltrona”.
Nella bufera causata dalla Brexit, il partito Conservatore sembrava essere stato quello più danneggiato. Ci si aspettava un lungo periodo di transizione (e di incertezza), ma in meno di venti giorni è stato eletto un nuovo segretario e, da circa una settimana, Downing Street ha una nuova inquilina.
Fig.1 – L’ex Primo Ministro britannico David Cameron al meeting del Consiglio Europeo, 28 giugno 2016
2. LA VITTORIA DI MAY – Subito dopo le dimissioni di Cameron, è iniziata la corsa per la leadership del partito Conservatore. La campagna elettorale interna, se così si può definire, è durata poche settimane, ma è stata ricca di eventi, alcuni tragicomici.
Uno di quelli più eclatanti è stato il golpe di Michael Grove nei confronti del collega Boris Johnson. Il primo, Ministro della Giustizia del Governo Cameron e sostenitore del leave, aveva inizialmente appoggiato la candidatura di Johnson alla guida dei Tories. Tuttavia, a meno di una settimana dalle annunciate dimissioni di Cameron, Grove ha cambiato le carte in tavola, decidendo di prendere parte lui stesso alla corsa per Downing Street, “silurando” Johnson poiché, a suo parere, «incapace di fornire la leadership necessaria» per affrontare il difficile processo di uscita dall’Unione. Poco dopo queste dichiarazioni, Johnson ha ritirato la propria candidatura.
Il voltafaccia, però, è costato molto all’ex Ministro della Giustizia. Questi, infatti, non ha superato i secondo turno delle votazioni per eleggere il nuovo Segretario generale del partito Conservatore. I deputati Tory hanno deciso di far avanzare nella competizione elettorale due donne: Theresa May e Andrea Leadsom, rispettivamente Ministro dell’Interno e dell’Energia del Governo Cameron.
L’11 luglio Leadsom si è ritirata dalla corsa per Downing Street, lasciando così alla sfidante la carica di Segretario generale dei Tories. Theresa May ha ricevuto l’incarico ufficiale di Primo Ministro dalla Regina il 13 Luglio. Il giorno seguente le squadra di governo era già al completo. Ed alcune nomine hanno fatto molto discutere.
Fig.2 – Theresa May in visita ufficiale in Francia subito dopo il suo insediamento, luglio 2016
3. STRATEGIE E PERPLESSITÀ – Nel suo discorso di investitura, May (che, anche se debolmente, si era schierata per il remain) ha messo in chiaro che il processo di uscita dall’UE sarà una priorità del suo Governo. L’obiettivo è quello di ottenere un ruolo positivo e forte per il Paese nonostante l’uscita dall’Unione.
Il suo Governo avrà un compito delicato e complesso: negoziare con Bruxelles. Tuttavia, molti sostengono che proprio questo compito sia messo a dura prova viste le nomine fatte da May.
Partendo dai cambiamenti meno eclatanti, sono aumentati i membri del Governo che hanno studiato in università pubbliche, con solo 5 ministri ad aver frequentato università private (principalmente Oxford e Cambridge). Per quanto riguarda le “quote rosa”, le scelte di May hanno deluso chi sperava in un notevole aumento delle donne nell’esecutivo, nonostante circa un terzo del Governo sarà composto da donne. L’età media rimane, anche se di poco, sopra ai 50 anni.
I cambiamenti, per così dire, più interessanti riguardano le nomine in sé. È vero che i ministri pro-Brexit sono aumentati rispetto al precedente Governo Cameron (7 a 4), ma il punto cruciale riguarda i ministeri loro assegnati. In particolare tre di essi. Tre ministeri strategici per le trattative della Brexit (International Trade, ovvero Commercio Internazionale, Secretary for Exiting the EU – un nuovo ministero appositamente creato per gestire le trattative della Brexit – e Foreign, cioè il ministero degli Esteri) sono tutti presieduti da ferventi sostenitori del leave, rispettivamente Liam Fox, David Davis e Boris Johnson.
La nomina di quest’ultimo ha fatto il giro del mondo in poche ore, suscitando lo sconcerto di numerosi esponenti politici e l’incredulità di molti cittadini britannici. Lo stupore deriva da un semplice motivo. Johnson non si può esattamente definire il paladino della diplomazia. Durante gli anni ha collezionato una serie di gaffe, principalmente a tema razzista o anti-europeista, che lo hanno portato ad avere una pessima reputazione, specialmente a Bruxelles (dove gli è stato attribuito l’appellativo di “bugiardo”). Basti pensare che il termine Euromyths (Euro-miti), ovvero tutta quella serie di esagerazioni volutamente faziose riguardanti i burocrati e le istituzioni europee, è stato coniato proprio a grazie agli articoli prodotti da Johnson tra il 1989 e il 1994, quando era corrispondente per il Daily Telegraph da Bruxelles.
Fig.3 – Boris Johnson tiene il proprio discorso di insediamento in qualità di Ministro degli Esteri britannico, luglio 2016
Insomma, per molti quella di Theresa May è stata una scelta sconcertante. Tuttavia potrebbe, invece, avere una qualche logica politica. Difatti, si tratterebbe di lasciare il leave nelle mani dei leavers. Se le trattative con l’UE dovessero andare male, e l’uscita portasse con sé pesanti conseguenze economiche e sociali, i principali negoziatori e sostenitori della Brexit (ovvero Johnson, Fox e Davis) ne uscirebbero politicamente danneggiati e dovrebbero ammettere l’errore compiuto. Se invece il Regno Unito per qualche ragione non dovesse uscire dall’Unione, allora sarebbero proprio quegli stessi ministri a dover spiegare ai sostenitori del leave le motivazioni e la “bontà” della scelta di rimanere. Sembrerebbe che, comunque vada, i riflettori saranno puntati su questi tre ministri. Insomma, secondo alcuni analisti questa di May sarebbe una mossa per non inimicarsi l’elettorato in caso di esiti poco positivi per il Paese.
Ciò non toglie che la politica interna non dovrebbe essere l’unica preoccupazione di Theresa May. L’immagine che il Regno Unito offrirà al resto del mondo, e soprattutto a Bruxelles, avrà un ruolo decisivo nei futuri sviluppi politici ed economici del Paese. L’esito della Brexit dipende anche da questo. E forse non è azzardato affermare che, tra tutti, Boris Johnson non è il miglior biglietto da visita da presentare all’Unione.
Valentina Nerino
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
Pochi giorni fa Theresa May si è recata a Berlino per incontrare la cancelliera tedesca Angela Merkel. Durante l’incontro la neo-Primo Ministro ha annunciato che il Regno Unito non invocherà l’articolo 50 del Trattato di Lisbona prima della fine dell’anno, poiché il Paese ha bisogno di stabilire “internamente” le proprie priorità prima di iniziare le trattative con Bruxelles. A differenza di altri leader europei, che hanno fatto pressione affinché il Regno Unito invochi l’articolo 50 al più presto, Merkel ha affermato che è «comprensibile che il nuovo Governo voglia prendersi del tempo per identificare i propri interessi». Ha anche aggiunto, tuttavia, che prima dell’ufficiale richiesta di uscita dall’Unione, nessun tipo di trattativa avrà luogo.
Se l’incontro tra le due leader sembra essere stato meno distruttivo del previsto, lo stesso non si può dire per le dichiarazioni del neo-ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson. Paragonando l’UE a Napoleone o Hitler, Johnson non ha di certo attirato il favore di due tra i più potenti Paesi dell’Unione. I ministri degli Esteri di Francia e Germania, difatti, hanno entrambi criticato duramente la scelta di nominare ministro degli Esteri britannico un “bugiardo” e “oltraggioso individuo”.[/box]
Foto di copertina di Abode of Chaos pubblicata con licenza Attribution License
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