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La svolta di Kabul verso la pace: illusione o realtà?

In 3 Sorsi (MS) – Alle radici dell’accordo di pace appena raggiunto da Ghani e Hematyar e alla ricerca delle conseguenze che questo potrebbe avere sullo scenario strategico e sulle dinamiche di sicurezza dell’Afghanistan.

PROMESSE E COMPROMESSI – Giovedì 22 settembre, dopo anni di lunghi negoziati e contestati compromessi, il Governo afghano e il gruppo del leader politico e militare Hekmatyar hanno raggiunto un accordo di pace.
In base ai termini dell’accordo come diffuso dalla trasmittente afghana Tolo News, Hekmatyar si impegna al rispetto e alla difesa della Costituzione della Repubblica Islamica dell’ Afghanistan; alla cessazione del ricorso alla violenza e degli attacchi contro Polizia ed Esercito afghani; e all’interruzione di ogni supporto finanziario, logistico e militare a gruppi terroristici quali Al Qaeda (gruppo con il quale Hekmatyar ha alle spalle una lunga, sebbene non costante, storia di collaborazione).
Dal suo canto, invece, Kabul ha accettato di garantire l’impunità ad Hekmatyar (il quale è accusato di aver commesso numerosi crimini di guerra contro la popolazione della capitale durante gli anni della guerra civile); di premere affinché la comunità internazionale cancelli le sanzioni e le restrizioni imposte nei confronti di Hizb-i-Islami; di rilasciare numerosi membri del gruppo che si trovano ora nelle carceri afghane; e –nodo focale dell’intero accordo- di permettere a Hizb-i-Islami la possibilità di una partecipazione politica legittima candidando i propri membri alle elezioni nazionali, provinciali e distrettuali.
L’accordo, che è stato raggiunto dalle parti senza alcuna mediazione internazionale, ha suscitato ottimismo in Stati Uniti e Unione Europea, che lo hanno definito la prova che un processo di pace Afghan-led e Afghan-owned è possibile. Al contrario, molti afghani lo hanno accolto con manifestazioni di protesta poiché considerano ingiustificabile l’impunità garantita a uno dei più brutali signori della guerra e giudicano pericolosa l’inclusione di una delle figure più controverse del paese in un sistema politico già fragile.

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Fig.1- Molti in Afghanistan sono scesi in strada per protestare contro un accordo di pace che temono avrà effetti negativi sulla sicurezza interna e sulla stabilità politica

IL GIOCO DI GHANI, LA MOSSA DI HEKMATYAR – Di fronte alle opposte reazioni con cui l’accordo è stato accolto, diventa essenziale comprendere le motivazioni che hanno spinto raggiungerlo e l’importanza che esso riveste per le parti.
Per Ghani – che nel 2014 aveva fatto della pace basata sul dialogo con i gruppi dell’insorgenza afghana il cavallo di battaglia della propria campagna elettorale – l’accordo costituisce un’importante vittoria in termini di immagine. Agli occhi della popolazione afghana, infatti, il patto raggiunto rafforza la sua credibilità come security provider e la sua immagine di Presidente capace di sanare la faziosità della politica afghana e di perseguire un’effettiva inclusione; agli occhi della comunità internazionale, poi, rafforza la percezione di Ghani quale affidabile partner in una lotta al terrorismo basata su dialogo e negoziati.
Tuttavia, per Ghani l’accordo non è solo uno strumento simbolico funzionale a migliorare la propria immagine e la fiducia popolare (ultimamente molto bassa) nel proprio governo. Stabilendo infatti l’accordo una chiara ricompensa per l’abbandono della lotta armata, esso è per Ghani anche uno strumento politico funzionale ad indurre altri gruppi a seguire l’esempio di Hekmatyar e sostituire il dialogo con Kabul all’uso delle armi contro Kabul.
Per Hekmatyar, invece, l’accordo di Giovedì nasce dal riconoscimento dei propri limiti in termini di capacità di azione e di influenza; dalla consapevolezza che l’insorgenza in Afghanistan è ad ora dominata dalla ricomparsa talebana e dalla comparsa dell’ISIS, e che in questo contesto Hizb-i-Islmi può solo ricavarsi un ruolo marginale; e dalla comprensione che l’unico modo per raggiungere una certa influenza e potere è la partecipazione al sistema politico legittimo che solo la pace con Kabul rende possibile.

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Fig. 2- L’accordo raggiunto dalle parti è stato finalizzato Giovedì 22 settembre ma deve ancora ricevere la firma di Ghani e Hekmatyar

NUOVE STRATEGIE ALL’ORIZZONTE – Nato da tali calcoli e interessi, l’accordo tra Kabul e Hizb-i-Islami riveste un’importanza di primo piano per lo sviluppo di medio periodo delle dinamiche di sicurezza afghane.
Innanzitutto, l’accordo va ad incidere immediatamente sul rapporto, finora di scontro aperto, tra il Governo centrale e il gruppo di Hekmatyar, modificandone la natura e aprendo per Kabul nuovi spazi di governance. In seguito alla riappacificazione, infatti, sarà possibile per Kabul estendere la propria presenza e capacità di intervento alle provincie del nord-est (per lo più Kunar, Paktia e Laghman) dove il gruppo di Hekmatyar si è stabilito grazie a storici legami di affiliazione tribale con la popolazione locale. La rinnovata capacità di intervento consentirà a Kabul di utilizzare tali provincie come base sicura per le forze militari e di polizia impegnate nella lotta contro i militanti dell’ISIS localizzati nel vicino Nangarhar, migliorando peraltro in questo modo agli occhi dei locali la credibilità del governo come garante di sicurezza.
L’accordo, però, è importante non solo alla luce del rapporto tra Kabul, Hekmatyar e le regioni del nord-est o alla luce dei nuovi spazi operativi che esso apre alle forze afghane. Il patto è infatti importante anche rispetto ai rapporti di Kabul con la più ampia e complessa miscellanea di gruppi di insorgenza militare attivi in Afghanistan. Difatti (e questa è la grande scommessa di Ghani), se un’implementazione cauta ed equilibrata dell’accordo (e questa è la grande sfida per Ghani) saprà dare a Hizb-i-Islami effettivo spazio di espressione politica in cambio del rispetto per le istituzioni legittime, nel medio-lungo periodo altri gruppi potrebbero convincersi della convenienza di abbandonare le armi e dialogare con Kabul, e seguire così il modello di peace agreement perseguito da Hekmatyar. Se queste eventuali future inclusioni, poi, riuscissero a realizzarsi in modo progressivo, evitando cioè che possano causare ulteriori divisioni etnico-tribali e frammentazione politica, nel lungo periodo si avrebbe una sempre maggiore delegittimazione dei gruppi dediti alla lotta armata e il raggiungimento di più alti livelli di sicurezza.

Marta Furlan

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Hekmatyar ha fondato Hizb-i-Islami nel 1977 e ha guidato il gruppo nella lotta contro I Sovietici negli anni ’80. Ha preso parte alla Guerra civile afghana, durante la quale ha bombardato Kabul e gravemente oppresso la popolazione civile della capitale. È stato Primo Ministro dal 1993 al 1994 e di nuovo, per un breve periodo, nel 1996. Con la presa di Kabul da parte dei Talebani nel 1996, si è dapprima rifugiato in Iran per fare successivamente ritorno in Afghanistan. Accusato di collaborare con Al Qaeda, nel 2003 è stato etichettato come terrorista dal Dipartimento di Stato Usa. [/box]

Foto di copertina di boellstiftung Rilasciata su Flickr con licenza Attribution-ShareAlike License

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Marta Furlan
Marta Furlan

Sono nata a Milano nel 1993, e mi sono laureata in Lingue straniere per le Relazioni Internazionali all’Università Cattolica con una tesi sullo sviluppo del terrorismo jihadista da Al Qaeda ad ISIS. Attualmente sto frequentando un Master in European and International Studies presso l’Univeristà di Trento. Le mie aree di interesse principali sono la politica del Medio Oriente e il terrorismo islamico, e la mia grande passione è viaggiare.

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