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Il tragico destino del campo profughi di Dadaab

Il 6 maggio 2016, il governo del Kenya aveva annunciato la chiusura del campo di rifugiati più grande al mondo: Dadaab. Il campo, aperto nel 1991 a seguito dell’inizio della crisi somala,  attualmente ospita più di 500.000 persone. Il governo keniota teme l’infiltrazione dell’organizzazione terroristica Al-Shabaab all’interno del campo per reclutare nuovi volontari tra le sue fila

UNA SCELTA DRASTICA – Qualcosa è cambiato dopo l’attacco al college di Garissa che in Kenya ha ucciso 148 studenti il 2 aprile 2015. L’attacco rivendicato dal gruppo terroristico Al-Shabaab ha messo il governo keniota davanti ad una scelta drastica: chiudere il campo profughi di Dadaab. Non è la prima volta che attentati di questo genere avvengono in Kenya, come è avvenuto nel novembre 2013 al Westgate shopping mall di Nairobi.

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Fig. 1 – Il campo di Dadaab ha rappresentato per vent’anni l’unico posto sicuro per generazioni in fuga dalla guerra. La sua chiusura aprirebbe una crisi umanitaria non indifferente

Il governo keniota ha infatti deciso di chiudere tutti i campi di rifugiati a causa della continua infiltrazione di gruppi terroristici volta al reclutamento di nuovi soldati. Non è tuttora chiaro dove saranno collocati gli oltre 600.000 rifugiati che oggi vivono a Dadaab. La maggior parte di loro è nata e cresciuta nel campo: sono ragazzi e ragazze che parlano inglese e swahili e che non hanno mai visto la Somalia ma d’altra parte non hanno diritto alla cittadinanza keniota, costretti a vivere con lo status di rifugiati a vita, non autorizzati dal governo del Kenya  a lavorare e vivere al di fuori del campo.

L’EMERGENZA CONTINUA – Un accordo tripartito era stato firmato tra il Kenya, la Somalia e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) per il rimpatrio dei rifugiati, ma il problema logistico persiste: la Somalia è ancora in guerra e non è possibile assicurare le condizioni di sicurezza minime alla popolazione somala che dovrebbe lasciare Dadaab. Una chiusura rapida del campo è pressoché impossibile. Il problema sembra essere appunto legato alla massiccia presenza somala nel paese che minaccia la sicurezza dei kenioti. Mentre in terra somala si combatte, l’armata keniota è stata mobilitata nei pressi di Mandera per evitare che il conflitto debordi sul territorio nazionale; anche l’armata etiope tenta di guadagnare terreno nella zona sud della Somalia.

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Fig. 2 – Il campo di Dadaab apre un dilemma etico non da poco: da una parte l’impossibilità di ricollocare i profughi presenti nei paesi di provenienza; dall’altra, la triste consapevolezza di abbandonarli a un destino di prigionia, una vita “fittizia” all’interno del campo

LA CITTA’ DEI RIFUGIATI – Dadaab è divenuta la terza città più popolosa del Kenya. Il campo ospita più di 500 esercizi commerciali; i commercianti kenioti vendono ai rifugiati kenioti ogni tipo di bene (libri, vestiti, riso, latte, farina, zucchero) che essi stessi a loro volta rivendono all’interno del campo. Un vero e proprio business da milioni di dollari. L’emergenza profughi in Kenya è differente da quella europea: l’afflusso massiccio di popolazione si concentra in zone limitate e finisce per bloccare l’economia locale a causa del gran numero di bisogni di prima necessità da soddisfare.

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Fig. 3 – A peggiorare la già precaria situazione della popolazione del campo, si aggiungono i disastri ambientali come quelli prodotti da El Niño che ha prodotto siccità e carestia in tutto il Corno d’Africa

In seguito all’annuncio della chiusura previsto per il 30 novembre, alcuni rimpatri volontari di rifugiati somali sono iniziati gradualmente: è previsto un pocket money e beni di prima necessità sono stati forniti alle famiglie che stanno tornando in Somalia. Non sono mancate numerose proteste scoppiate nel campo rifugiati a causa della chiusura annunciata. In seguito alle pressioni dell’UNHCR, le autorità keniote hanno infine deciso di posticipare di sei mesi la chiusura del campo rifugiati. Resta da vedere se entro il 31 maggio 2017 sarà possibile ricollocare efficacemente le oltre 500.000 persone che vivono all’interno di Dadaab.

Flavia Maurello

 

Un chicco in più – La guerra civile è scoppiata in Somalia nel 1991 in seguito al rovesciamento del regime di Siad Barre (1969-1991). Le instabilità politiche degli anni novanta gettarono in paese nella polveriera del conflitto tutt’ora in corso. Veri gruppi armati si formarono nel paese, tra cui l’Unione delle Corti Islamiche (UCI) che con il tempo si radicalizzò nel gruppo terroristico che prende il nome di Al-Shabaab.  È a partire del 1991 che milioni di profughi tentano di passare la frontiera e si accampano in quello che oggi è divenuto il più grande capo di rifugiati al mondo: Dadaab.

Foto di copertina di EU Humanitarian Aid and Civil Protection Rilasciata su Flickr con licenza Attribution-ShareAlike License

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Flavia Maurello
Flavia Maurellohttps://ilcaffegeopolitico.net/

Laureata in Relazioni Internazionali presso l’Università degli Studi di Milano, gira per il mondo come cooperante internazionale. Ha lavorato in Haiti, Repubblica Democratica del Congo e Sudan del Sud. Interessata a questioni umanitarie, tematiche ambientali e diritti umani. Appassionata di viaggi, lingue straniere e grande lettrice di libri gialli.

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