A distanza di piĂą di due mesi dall’inizio di questo 2013, le impressioni sulla strada che le relazioni internazionali hanno imboccato non sembrano regalare sorrisi in nessuno degli angoli conosciuti del pianeta. Ovunque le sfide sembrano piĂą imponenti dei mezzi annunciati per affrontarle, i punti caldi che il 2012 si è trascinato fino alla fine restano a tutt’oggi senza risposte. In questa settimana, riflettori puntati su Europa, Usa, Venezuela, Corea del Nord, Cina, Iraq
EUROPA
Lunedì 18 – Si riunisce a Bruxelles il Consiglio per gli Affari Esteri presieduto come sempre dall’Alto rappresentante Caterine Ashton, che porterĂ all’attenzione dei rappresentanti dei paesi membri una serie di questioni legate alla politica europea per il vicinato meridionale. Tra i punti piĂą spinosi dell’agenda, oltre all’ormai consueto focus sulla Siria, un set di misure per appoggiare l’intervento in Mali e nuove considerazioni sulla questione palestinese dopo le elezioni in Israele e sulla situazione in Iraq. Spazio anche per la partnership strategica con i paesi dell’est-Europa non membri dell’UE, diventati sempre piĂą cruciali per tenere a bada le mire del Cremlino, che sembra essere tornato su una linea di aperto confronto con l’Occidente.
Venerdì 22 – E’ ormai giunto il momento per affrontare la dura realtĂ delle condizioni economico-finanziarie dell’UE per il futuro prossimo (2013-2014), così come auspicate e previste dagli analisti della Commissione Europea. L’analisi copre categorie come prodotto interno lordo, inflazione, disoccupazione, debito e spesa pubblica, concentrandosi non solo sui paesi membri ma anche sulle condizioni dei paesi candidati ad accedere all’UE. Il Vice-Presidente Olli Rehn avrĂ l’onere di presentare il report ai media internazionali nella conferenza stampa delle 11:00, in cui le imbeccate e le critiche sull’operato delle istituzioni economiche dell’UE non si faranno di certo attendere.
AMERICHE
VENEZUELA –Immagini dal passato, ecco come si potrebbe riassumere il fine settimana attraversato dal Venezuela dopo la pubblicazione delle prime fotografie del Presidente-degente Hugo Chávez dopo l’ultima a Cuba e l’accusa del vice-presdente Maduro nei confronti dell’opposizione. Da quanto emerso dalle rivelazioni pubbliche del pupillo di Chavez infatti, sabato la polizia avrebbe sventato un tentato assalto all’Ambasciata cubana a Caracas, un remake del putsch mediatico andato in scena nell’aprile 2002 secondo i piani di Salvador Romanì, ex agente della polizia di Batista, e dell’avvocato venezuelano Ricardo “Cañita” Koesling. Autori dell’irruzione sarebbero stavolta appartenenti ad un nucleo d’estrema sinistra, anche se la notizia sembra essere piĂą che altro l’ennesima scusa per un’ulteriore crackdown sull’establishment dell’opposizione sconfitta nelle ultime elezioni.
STATI UNITI – 11 milioni di immigrati clandestinamente negli Stati Uniti regolarizzati nei prossimi 8 anni: questa la nuova sfida dell’amministrazione Obama-Biden per il 2013, che dovrĂ scontrarsi con il muro esistente tra Democratici e Repubblicani a Capitol Hill sul tema. Il sito Usa Today espone nel dettaglio il percorso che porterebbe la massa di cittadini ombra verso una situazione di totale legalitĂ con la domanda per un visto da “Lawful Prospective Immigrant”. La proposta contiene ovviamente delle disposizioni per il congiungimento familiare, ma sembra non incontrare il consenso della nuova stella “ispanica” del Grand Old Party, il Sen. Marco Rubio, che ha battezzato la proposta come “morta prematuramente al suo arrivo al Congresso”.
ASIA
CINA – Un messaggio diretto a Washington quello di Xue Xuren, ministro delle finanze di Pechino inviato a Mosca per il Summit dei governatori delle Banche Centrali, in cui si è tentato di raggiungere un accordo di massima sulla stabilizzazione delle varie politiche monetarie del pianeta finanziario. Il tutto mentre il governatore della banca centrale cinese Zhou Xiaochuan s’impegnava personalmente per garantire la realizzazione della riforma dell’assegnazione delle quote e sul sistema di governance dell’FMI, creato nel 1944 e ancora fondato su criteri non proprio al passo con la situazione politico-economica attuale.
COREA DEL NORD – Oltre ad essere arrivata ad un livello impareggiabile nell’occultamento dei progressi nella proliferazione nucleare, esiste un’altra proliferazione collegata a Pyongyang che dovrebbe allertare la ComunitĂ Internazionale, soprattutto in vista dei rimedi attuati per ridurre a piĂą miti consigli la sua leadership politico-militare. Sotto sanzioni internazionali dagli anni ’50, l’establishment economico nordcoreano ha imparato a sopravvivere lucrando su qualsiasi sorta di traffico bandito a livello internazionale. Conti correnti “impossibili da tracciare”, nelle parole di un funzionario sudcoreano incaricato di controllare l’applicazione delle sanzioni ONU, fanno capo a traffici di sostanze stupefacenti, truffe finanziarie atte a sostenere il riarmo dell’esercito e lo stile di vita opulento dell’elite politico-militare. Secondo fonti in contatto con i vertici di Pyongyang e Pechino, la capitale dell’hermitage kingdom si sentirebbe ormai pronta a spezzare il cordone ombelicale che la lega alla madre adottiva cinese confidando in un boom economico e nei raccolti da record in programma per il 2013.
MEDIO ORIENTE
Martedì 19 – Lakhdar Brahimi compirĂ l’ennesimo volo della speranza verso Mosca, dove tenterĂ di spezzare gli ultimi legacci che tengono in equilibrio il governo del terrore in Siria capeggiato da Bashar al-Assad. Nel frattempo, le fazioni salafite raggruppatesi attorno ai gruppi armati dell’Esercito Libero Siriano ottengono sempre piĂą successi tattici nelle azioni di guerriglia e sabotaggio contro le truppe lealiste che stentano ormai a controllare i gangli di comunicazione e snodo dei territori attorno alla capitale e alle province di confine. Mentre i leader dell’opposizione tentano di creare il vuoto attorno alla figura di al-Assad, invitando alle trattative solo personalitĂ non legate alla barbarie, a 23 mesi dallo scoppio delle ostilitĂ risulta ancora quasi impossibile intravedere la luce in fondo al tunnel del conflitto intestino.
IRAQ –Una reazione a catena di auto esplosive, innescata nel cuore di uno dei quartieri a maggioranza sciita, ha rotto il silenzio di una delle solite domeniche d’indolenza a Baghdad, dove i segni della frattura inter-etnica tra i due grandi blocchi dell’islam sono ormai evidenti ad ogni angolo di strada. Il risentimento per l’operato delle truppe della coalizione di Iraqi Freedom e per la transizione politica che ha riportato al potere gli sciiti, un tempo avulsi dalla politica, hanno riavvicinato Baghdad a Teheran, un tempo nemiche giurate al crocevia mediorientale. 20 i morti e 88 i feriti dell’ultima strage a Sadr City e nelle esplosioni rilevate nei quartieri di Al-Amin, Husseiniya e Kamaliya. Nel frattempo a Tikrit la polizia avrebbe disinnescato undici ordigni situati lungo uno degli snodi stradali della regione. Il bollettino delle vittime di attacchi del genere sale così a 150 nei soli 18 giorni di febbraio, e la situazione attuale non permette di sperare in una caduta dell’indice del terrore.