Il Myanmar, o ex Birmania, è uno stato dalle peculiarità particolarmente interessanti per la Repubblica Popolare Cinese: innanzitutto, è situato in posizione strategica tra di essa e l’Oceano Indiano, fattore che lo rende una valida alternativa via terra allo stretto di Malacca, per l’approvvigionamento di quelle risorse vitali allo sviluppo cinese (soprattutto materie prime) provenienti dal Medio Oriente. Inoltre questo Paese è isolato diplomaticamente dal resto del mondo, a causa dello propria situazione politica: esso è infatti retto da una giunta militare che poco spazio lascia alle libertà personali ed allo svolgimento di una libera attività politica. Famoso il caso di Aung San Suu Kyi, leader del partito d’opposizione, che vinse il Nobel per la pace nel 1991 ma, a causa di un susseguirsi di misure restrittive alla propria libertà , è stata in grado di ritirarlo solo quest’anno. Questi fattori potrebbero farne un alleato desiderabile agli occhi di Pechino. La situazione però non è, come quasi sempre nelle relazioni internazionali, cosi lineare come appare
LA PRESENZA CINESE – Al fine di ottenere diretto accesso al Golfo del Bengala, Pechino da anni promuove una serie di processi per rafforzare i propri legami con lo stato Birmano. Tra i numerosi investimenti del Dragone nell’area, però, sono due quelli particolarmente cruciali: una pipeline che, dal confine cinese, si dirama sino all’Oceano Indiano, e la costruzione della diga di Mystsone, la prima di un sistema di chiuse sul fiume Irrawaddy, volto a soddisfare l’incredibile fame di energia del colosso asiatico. Oltre il 70% dei proventi economici di questa diga ed il 90% dell’energia ricavata sarebbero infatti diretti verso il territorio cinese.
UN PIEDE IN DUE SCARPE – Alcuni elementi però, stanno scompaginando le carte di quella che, a prima vista, sembrava una partita facile, uno dei quali è la costruzione della diga sopramenzionata. Questo progetto non solo recherebbe pochi vantaggi dal punto di vista economico ed energetico allo stato birmano, ma è addirittura collocato nel cuore dello stato del Kachin, dove da anni sono attivi fermenti etnici con costanti scontri tra le milizie locali e l’esercito regolare. Milizie che la Cina non fa nulla per ostacolare, visto anche che questo stato confina col proprio territorio e spesso gli scontri attraversano la frontiera, ma con cui addirittura intrattiene dei rapporti, creando non pochi imbarazzi con il governo centrale. Pechino conta ovviamente sull’isolamento politico di Naypyidaw, usando la leva del proprio appoggio e della collaborazione bilaterale per ottenere condizioni piĂą vantaggiose, tuttavia nel 2011, inaspettatamente, la giunta militare ha alzato il prezzo di questo rapporto, ponendo uno stop alla costruzione di questo controverso progetto.
Lo stato del Kachin, in una posizione strategica tra Myanmar e Cina
IL RIPENSAMENTO STRATEGICO – Lo stop alla diga cinese e l’apertura all’Occidente non va visto come un’apertura delle ostilitĂ con Pechino, ma piuttosto come un caveat rispetto ad un altro, e piĂą rilevante, progetto, quello della pipeline che, dal Golfo del Bengala, porta gas e greggio sino al confine cinese, ed ad eventuali future collaborazioni. La Birmania, da piccolo stato isolato, si è riscoperto pieno di risorse naturali e strategiche, al centro di un gioco che può sfruttare per accrescere la propria importanza, e non intende piĂą svendere i propri asset strategici. L’alleato piĂą naturale, per ora, è pur sempre Pechino, ma Yangon ha preso coscienza dei propri mezzi, e rivendica il proprio ruolo sullo scacchiere asiatico, dimostrando anche un notevole realismo politico, e capacitĂ di apertura verso gli altri attori. La Cina è avvertita.
Marco Lucchin