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India–Pakistan, commercio in bilico tra conflitto e cooperazione

In 3 sorsi  La regione dell’Asia meridionale con i suoi 1,8 miliardi di abitanti costituisce un quarto della popolazione mondiale e ospita al suo interno due potenze nucleari emergenti, India e Pakistan. Tuttavia l’area è caratterizzata da un livello basso di cooperazione e di commercio intra-regionale. Una delle ragioni sta proprio nel perpetuo conflitto tra India e Pakistan, che impedisce una reale integrazione e una proiezione globale degli interessi regionali

1. INDIA-PAKISTAN: L’INTERESSE POLITICO PRIMA DI QUELLO ECONOMICO – Poche cifre sono sufficienti a far capire le difficoltà, i limiti ma anche la potenzialità della relazione tra questi due vicini. Nell’anno 1948-1949, ovvero subito dopo la partizione del 1947 tra India e Pakistan, gli scambi commerciali raggiungevano un picco storico mai più centrato negli anni seguenti. Il 70% delle transazioni commerciali del Pakistan avvenivano con l’India, mentre lo stesso Pakistan rappresentava il 63% dell’export indiano. La decisione di creare due Stati secondo linee settarie, uno hindu e l’altro musulmano, ha avuto tuttavia conseguenze drammatiche. Popolazioni che per secoli hanno condiviso la stessa terra si sono ritrovate da un giorno all’altro a combattersi tra loro e a sua volta l’antichissima rete commerciale che attraversava l’Asia meridionale ha subito un durissimo colpo. Il conflitto indo-pakistano, tuttora in atto, rimane – insieme allo scontro israelo-palestinese e alla divisione delle due Coree – una delle questioni internazionali aperte da più tempo ed ancora lontana da una soluzione finale. Inoltre, a differenza di altri conflitti ereditati dalla guerra fredda, la guerra tra India e Pakistan si è svolta per molto tempo lontano dai riflettori, con le grandi potenze e la comunità internazionale che si sono disinteressate alla questione, lasciando così invariata la tensione che continua a compromettere i rapporti tra i due Paesi. La creazione della controversa linea di confine indo-pakistana ha marcato l’inizio della supremazia degli interessi politici su quelli economici e le ripercussioni sul commercio sono state immediate. Nel decennio compreso tra il 1948 e il 1958, il volume del commercio bilaterale tra i due Paesi è calato del 93%, con un embargo sulle merci durato fino al 1974. Ci sono poi stati dei miglioramenti, ma in maniera lenta e in termini assoluti poco significativi. Dati recenti riferiscono che il volume totale degli scambi commerciali si attesta intorno ai 3 miliardi di dollari all’anno, con il Pakistan che rappresenta lo 0,5% del commercio internazionale indiano, mentre l’India si attesta attorno al 3% del commercio totale pakistano. È perciò difficile intravedere ottimismo, considerate sia la situazione degli scambi commerciali, sia la questione territoriale aperta; tuttavia, non bisogna dimenticare le potenzialità che questi due Paesi hanno mostrato prima della partizione e le opportunità che, in un futuro al momento lontano, potrebbero sorgere.

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Fig. 1 – Manifestazione di protesta in Kashmir contro l’occupazione indiana, agosto 2015. La regione himalayana continua a essere uno dei principali motivi di conflitto tra India e Pakistan

2. INTEGRAZIONE ECONOMICA REGIONALE: DATI ATTUALI E QUESTIONI IRRISOLTE – La pace tra Pakistan e India è la più grande questione politica aperta dell’Asia meridionale; essa tuttavia si inserisce all’interno di un quadro regionale ancora sottosviluppato e allo stesso tempo contribuisce negativamente alle sue performance. India e Pakistan fanno infatti parte della SAARC (South Asian Association for Regional Cooperation), organizzazione politica regionale fondata nel 1985, che comprende anche Bangladesh, Sri Lanka, Nepal, Maldive, Bhutan e più recentemente l’Afghanistan. Nel 2004 questi Stati hanno sottoscritto l’accordo per la creazione della SAFTA (South Asian Free Trade Agreement, entrato poi in vigore nel 2006), un trattato che nonostante le difficoltà dovrebbe promuovere una maggiore integrazione economica attraverso una riduzione delle tariffe. Tuttora l’area SAFTA rimane la meno integrata al mondo, presentando un commercio regionale che non supera il 5% dell’intero volume commerciale della regione, decisamente in contrasto, ad esempio, col 25% dei Paesi ASEAN e il 60% dell’UE. La sola India importa solamente l’1% delle merci dal resto dell’Asia meridionale e con i vicini predilige un rapporto bilaterale a una forma regionale/plurilaterale.
Le ragioni che causano la penuria di questi dati sono principalmente tre. La prima è lo stato delle infrastrutture e dei corridoi per i trasporti. Al momento le strade sono strette e in cattive condizioni, la rete ferroviaria è inadeguata, vi è una limitata connessione ai porti e mancano accordi e protocolli adeguati per il transito delle merci. Questi fattori rallentano il commercio e scoraggiano qualsiasi tipo di investimento di capitale privato. Il secondo motivo che rallenta l’integrazione regionale riguarda invece il settore dell’energia. L’Asia meridionale è un importatore netto di risorse energetiche; garantire l’arrivo di queste è perciò una priorità comune per tutti gli Stati della regione. Le cause della scarsità di elettricità e gas nella regione sono riconducibili a infrastrutture inadeguate, a problemi di regolamentazione legale e agli ostacoli che impediscono al settore privato di aiutare il pubblico. La terza ragione riguarda invece l’agevolazione degli scambi commerciali. Questi non solo sono ostacolati da alte barriere tariffarie, e da una lunghissima lista di merci “sensibili” per cui è vietato il commercio, ma anche da numerose barriere non-tariffarie. Queste consistono in regolamentazione e standard differenti, inefficienza e lentezza alla dogana, e nei problemi infrastrutturali sopra menzionati.

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Fig. 2 – Trasporto merci alla stazione di Chennai, nello Stato indiano del Tamil Nadu. La rete ferroviaria dell’Asia meridionale continua a presentare gravi carenze tecniche e logistiche

3. PERCHÉ COOPERAZIONE REGIONALE IN ASIA MERIDIONALE – Altre ragioni però contrastano con le difficoltà elencate e suggeriscono possibili soluzioni. La prima riguarda l’affinità storica, culturale e religiosa che unisce la regione. Malgrado le linee di confine arbitrarie tracciate al momento della partizione, queste popolazioni mantengono un passato storico e una contaminazione culturale reciproca difficili da estirpare. Inoltre, il fatto che l’Asia meridionale sia la regione meno integrata al mondo fa sì che essa continui a mantenere un enorme potenziale commerciale. Uno studio della World Bank pubblicato nel 2016 afferma infatti che, riducendo le barriere commerciali, gli scambi economici tra India e Pakistan potrebbero crescere da 3 a 20 miliardi di dollari e l’export del Bangladesh verso l’India potrebbe aumentare del 300%. Un ultimo argomento che sottolinea l’importanza della cooperazione nella regione è quello del commercio informale tra India e Pakistan. Questo simboleggia sia, come detto in apertura, la sottomissione degli interessi economici e commerciali a quelli politici, sia la volontà di apertura da parte di strati della società nei confronti dell’altra e quindi del potenziale economico una volta che questi traffici diventino legali. Senza voler semplificare esageratamente il decennale conflitto in atto tra le due potenze asiatiche, bisogna tuttavia guardare alla realtà e ai numeri che caratterizzano questo fenomeno. La maggior parte del commercio informale passano per un terzo Paese, gli Emirati Arabi Uniti. Il procedimento vede infatti le merci arrivare dall’India, transitare per Dubai e poi ripartire verso il Pakistan. Un movimento simile avviene naturalmente anche in direzione opposta, consentendo l’arrivo di merci pakistane in India. Uno studio del 2016, riferendosi ai dati per l’anno 2012/2013, attesta il volume totale del commercio informale a 4.71 miliardi di dollari, quindi maggiore di quello formale. Del totale, 3.99 miliardi sono l’export indiano verso il Pakistan, mentre l’export pakistano verso l’India si attesta intorno ai 720 milioni di dollari. Il 50% del valore totale si ritiene sia composto dalle merci “sensibili” per cui è vietato il commercio tra i due Paesi. Il motivo di questa triangolazione commerciale è rappresentato dal fatto che il transito per Dubai è indubbiamente più economico rispetto a una transazione diretta, per le ragioni riportate più sopra.
Concludendo, quello che avviene in Asia meridionale è un rapporto circolare tra economia e politica, dove un aumento del commercio potrebbe portare a un miglioramento del rapporto politico tra India e Pakistan e a un generale arricchimento degli altri attori regionali. Tuttavia, al momento, resta viva la convinzione che finché non si raggiunge qualche compromesso dal punto di vista politico non si potrà avere un incremento dell’integrazione economica su base regionale.

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Fig. 3 – La borsa di Dubai negli Emirati Arabi Uniti. La città è anche al centro dei traffici commerciali informali tra India e Pakistan

Davide Davolio

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

L’elemento centrale del SAFTA era una riduzione delle tariffe sotto il Programma di Liberazione delle Tariffe (PLT). Il programma era separato per i Paesi più sviluppati (India, Pakistan e Sri Lanka) e quelli meno sviluppati (Afghanistan, Bangladesh, Bhutan, Maldive, Nepal). Il primo gruppo doveva ridurre le tariffe tra lo 0-5% nei confronti degli altri membri nei primi 7 anni (2013), mentre al secondo gruppo venivano concessi 10 anni (2016) per la medesima riduzione. Il PLT non includeva invece le cosiddette “merci sensibili”, negoziate singolarmente e riviste periodicamente ogni quattro anni.

In generale, i risultati del PLT sono stati al di sotto delle aspettative e non hanno portato allo sviluppo di un soddisfacente commercio intra-regionale in Asia meridionale.[/box]

Foto di copertina di theglobalpanorama rilasciata con licenza Attribution-ShareAlike License

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Davide Davolio
Davide Davolio

Laurea Magistrale in Relazioni (International Affairs) presso l’Università di Bologna a marzo 2018 con tesi su American Military Perception of China (2001-2016). Ho svolto tirocini presso l’Ambasciata d’Italia a Washington D.C. e la Delegazione dell’Unione Europea in India a New Delhi e due semestri di scambio presso Australian National University e Stockholm University.

Mi occupo di strategia, commercio e relazioni internazionali dell’Indo-Pacifico, con focus su: Asia Meridionale, Sudest Asiatico, relazioni UE-Asia (Sud-Sudest), strategia USA nell’Indo-Pacifico.

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