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Cento giorni di Trump: “Pensavo fosse più facile”

Il 29 aprile 2017 segna la fine dei primi cento giorni della Presidenza Trump, fatta di piccoli successi e di grandi insuccessi. Facciamo un bilancio della sua amministrazione fino a ora, concentrandoci sull’ultima novità annunciata dal Presidente, la riforma fiscale

20 GENNAIO – 29 APRILE 2017 – I primi tre mesi di amministrazione Trump hanno rappresentato un’ondata di cambiamenti, provocazioni e critiche non indifferente. Dopo i cento giorni si taglia un traguardo importante, quello che segna tradizionalmente la fine di quel periodo amato da tutti i Presidenti: eletti da poco, cittadini e Congresso dalla loro parte, possibilità di passare le riforme più delicate e complesse forti del consenso ancora fresco della popolazione, elezioni congressuali di medio termine lontane 2 anni. Tuttavia, per Trump questi tre mesi sono stati differenti. Il suo tasso di approvazione generale arriva solo al 44% (dati CNN), il suo partito continua ad essere frammentato e l’opposizione non dà tregua. Donald Trump non si è però fatto intimorire e non è rimasto con le mani in mano: tra ordini esecutivi, bombardamenti in Siria e Afghanistan, incontri con leader internazionali e riforme, i suoi sono stati cento giorni impegnativi, che lo hanno portato a dichiarare durante un’intervista all’Associated Press che fare il Presidente “è più difficile di quanto pensasse”.

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Fig. 1 – Donald Trump durante l’Inauguration Day.

100 GIORNI CONTROVERSI – La Casa Bianca ha inaugurato la Presidenza con l’approvazione del Muslim Ban, un ordine esecutivo il cui obiettivo era bloccare l’entrata negli USA dei cittadini originari da sette Paesi musulmani (Iran, Iraq, Sudan, Siria, Libia, Somalia e Yemen). Un ordine che ha creato scompiglio e opposizione tra gli Stati Federali, i cui tribunali non hanno esitato a dichiarare il ban anticostituzionale. Un altro fallimento è stato rappresentato dalla contro-riforma della sanità, che avrebbe dovuto sostituire l’Obamacare (giudicata dispendiosa e inefficiente), ma incapace di arrivare persino al voto alla House of Representatives. Nonostante sia difficile trovare un quotidiano, un programma televisivo o un sito web che non critichi le azioni di Trump in questi mesi, il Presidente descrive questi primi cento giorni come un successo: 28 proposte di legge firmate (un record dal 1949), 24 ordini esecutivi, 22 memorandum presidenziali e 20 proclamazioni. Inoltre, il numero degli arresti al confine tra Messico e USA è sceso sotto il livello minimo da 17 anni e sono state rimandate le delocalizzazioni di molte aziende statunitensi, prospettando la nascita di nuovi posti di lavoro. Questo indica che qualche segnale positivo sembra effettivamente esserci, nonostante le dure critiche rivolte al Presidente. Il maggiore succeso del tycoon è probilmente la nomina di Neil Gorsuch a  giudice della Corte Suprema. Una vittoria ottenutà però al prezzo della modifica del regolamento del Senato sulla procedura di nomina di questo tipo di carica federale per aggirare l’ostruzionismo dei democratici. Non si può negare, inoltre, che Trump abbia cambiato la politica e il modo di fare politica negli Stati Uniti. Trump è il primo Presidente senza esperienza governativa o militare, caratteristiche che sono piaciute ai suoi elettori, scontenti degli uomini politici e desiderosi di quei cambiamenti che solo un businessman non legato all’establishment poteva portare.

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Fig.2 – Un elettore di Trump durante un rally per il Presidente.

LA POLITICA ESTERA – Per quanto riguarda la politica internazionale, i primi cento giorni di Trump sono stati costellati da azioni imprevedibili e da tensioni non indifferenti, che hanno smentito l’isolazionismo promesso dal Presidente durante la campagna elettorale. Il bombardamento in Siria, inaspettato, è risultato come una dimostrazione di forza di Trump, desideroso di rilanciare la sua immagine all’interno dei confini domestici e di provare al mondo intero quanto gli Stati Uniti possano essere “great again“. Non solo Siria, ma anche Arabia Saudita. Nei suoi primi 100 giorni il Presidente ha cercato di rafforzare i legami con Riad, un alleato sia nella lotta al terrorismo, sia nel contenimento dell’influenza iraniana. Spostandoci verso est, la situazione non è certo meno dinamica. Cina e USA, durante l’incontro al vertice tenutosi al resort di Trump a Palm Beach (Florida) hanno intavolato un dialogo sulla Corea del Nord, ma sembra che siano solo gli statunitensi quelli a non scartare l’ipotesi di un intervento diretto. I test missilistici di Pyongyang  non sono andati a buon fine, la Cina invita a non prendere decisione affrettate, ma Trump – convinto che “prima poi la Corea del Nord avrà buoni missili” –  afferma di voler prendere in considerazione qualsiasi opzione, anche quella di un bombardamento preventivo. A ovest, il Presidente approva il successo di Theresa May e sembra guardare con simpatia alla campagna elettorale di Marine Le Pen, e sul fronte interno cerca di ribaltare il Russiagate accusando la Clinton e i suoi sostenitori di aver avuto loro legami con la Russia in passato. Un’affermazione che racchiude l’incoerenza e l’imprevedibilità di Trump nei confronti di Mosca, vista come un partner, ma allo stesso tempo come un avversario la cui influenza deve essere tenuta sotto controllo.

LA RIFORMA FISCALE – Al tramonto dei primi cento giorni, Trump si prepara a posare una nuova pietra miliare della sua Presidenza, la riforma delle tasse, che potrebbe rappresentare il taglio fiscale più grande dai tempi dell’amministrazione Reagan. La proposta di Trump porterebbe alla diminuzione da 6 fasce di imposta sul reddito individuale a tre: 10%, 25% e 35%, cifre diverse da quelle suggerite precedentemente in campagna elettorale. Non ci saranno tasse per i primi 24 mila dollari guadagnati da una coppia e la percentuale di imposte per le aziende vedrà una riduzione dal 35% attuale al 15%. La tassa di successione, inoltre, verrà abolita. La riforma non è stata accolta con benevolenza da elettori e oppositori, le cui critiche si basano soprattutto sulla superficialità della riforma e sulla lunghezza della bozza, ovvero solamente una pagina. Non c’è dubbio, quindi, che la Presidenza Trump continui a destare preoccupazioni, non solo sul piano fiscale ma anche riguardo alla sicurezza internazionale, alla sanità, all’ambiente, alla stampa, e alla sua preparazione politica in generale. I 100 giorni di Presidenza di solito rappresentano un indicatore di quelli che saranno i restanti mesi dell’amministrazione, ma sappiamo che con Trump niente è prevedibile.

Giulia Mizzon

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Su questo link troverete la descrizione delle azioni compiute da Trump ogni giorno dal 20 gennaio al 29 aprile.  [/box]

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Giulia Mizzon
Giulia Mizzon

Nata a Imperia nel 1992, laurea magistrale in Politiche Europee e Internazionali all’Università Cattolica di Milano. Affascinata dalle dinamiche della politica internazionale, frequento un Master in International Relations all’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali. Confesso di essere un’amante degli States, sempre presenti nei miei programmi futuri, e una lettrice accanita di qualsiasi cosa mi capiti sottomano.

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