Nella storica settimana in cui in Vaticano vi sarà sede vacante a causa delle dimissioni del Pontefice, l’Italia si spinge alle urne in mezzo alla neve per cercare le tracce verso una faticosa uscita da una lunga crisi economica e politica. Cipro decide delle sue sorti economico-finanziarie, mentre in Kazakistan ci si riunisce attorno ai sogni di proliferazione di Teheran, il tutto mentre Cina e Giappone continuano il braccio di ferro sulle Diaoyu/Senkaku.
EUROPA
Lunedì 25 – L’Europa ci guarda come una vecchia maestra stufa dell’allievo discolo, e così pure il mondo, colpito dall’ennesimo ritorno di fiamma per un Silvio Berlusconi che sembrava ormai caduto nell’oblio. Anche i “mercati” ci scrutano, pronti ad oscillare come sismografi al minimo scossone in arrivo dalle urne tricolori, soprattutto se non uscirĂ dal voto una chiara maggioranza. Vista da fuori, la campagna elettorale italiana ha regalato diverse sorprese tutt’altro che felici: curriculum inventati, rotture del silenzio pre-voto e spot virali discutibili, ma ormai è fatta. Nella notte di lunedì l’Italia si addormenterĂ con un nuovo Parlamento, difficile dire se anche con un nuovo premier, visto che tra gli schieramenti destra, sinistra e nĂ© destra nĂ© sinistra (M5S) difficilmente vi sarĂ un vincitore assoluto in entrambe le Camere.
Lunedì 25 – Cipro, l’isola europea che galleggia tra i cavalloni del suo debito pubblico conoscerà oggi a chi, tra i due sfidanti per il trono di Nicosia, spetterà la firma del bailout deal che potrebbe salvare le sorti economico-finanziarie del paese. L’indipendentista Stavros Malas e il conservatore Nicos Anastasiades hanno vedute completamente diverse sul piano per salvare la barca comune, se il primo punta tutto sulle politiche di austerity in modo da ridurre la dipendenza dall’estero del paese, l’avvocato della destra che ha incassato più del 45 % dei consensi al primo turno è pronto ad accettare la soluzione proposta da UE e FMI in modo da ripartire da capo. La disoccupazione tocca livelli imbarazzanti, vicini al 15%, mentre le casse pubbliche iniziano a svuotarsi pericolosamente dopo un ventennio trascorso sul filo del rasoio.
Martedì 26-Mercoledì 27 – Si terrà a Bruxelles il sedicesimo UE-UKRAINE Summit, in cui José Manuel Barroso e Herman Van Rompuy, rispettivamente Presidenti di Commissione e Consiglio, saranno accompagnati dai commissari all’Energia e alla politica di allargamento, Füle e Oettinger nel faccia a faccia con il Presidente ucraino Yanukovych. Oltre all’inevitabile questione Tymoschenko, il meeting si concentrerà sull’agenda di riforme per il paese candidato a firmare l’accordo di associazione con l’UE, che include inoltre patti a latere per le forniture di gas, vitali per il sostentamento delle politiche energetiche dell’Unione. Sul tavolo anche la possibilità di concludere un accordo per un’area di libero scambio che si avvicini sempre più ai territori dell’ex Urss, in cui la rivoluzione energetica ha portato benessere e ricchezze mai viste.
AMERICHE
CUBA – La nomina scontata, incassata Domenica dal neo-eletto Parlamento cubano, non toglie il velo di mistero che ricopre la guida dell’isola della rivoluzione, un Raul Castro dettosi “stanco ed anziano” per sopportare il carico di responsabilità che il suo ruolo richiede. In realtà , lungi dall’essere una concessione spontanea all’opposizione, il monito potrebbe nascondere l’intenzione di lanciare un nuovo ramo della dinastia castrista, ovvero quello facente capo ai suoi eredi invece che a quelli del lìder maximo. Lasciando da parte un giudizio prematuro sulla sua carriera al governo, occorre riconoscere all’eterno secondo la capacità di aprire, almeno parzialmente, le porte di un regno chiusosi al mondo più di mezzo secolo fa.
VENEZUELA – Un paese sull’orlo di una crisi di nervi, questa l’immagine di un Venezuela in preda alle condizioni altalenanti del Presidente Hugo Chávez, stremato dalla lotta contro i tumori più che da quella politica, accantonata da quando il male l’ha colpito per l’ennesima volta. Voci poi smentite di un esercito pronto a lasciare le caserme per appropriarsi dei palazzi del potere e mettere fine all’interregno del Vice Maduro, hanno lasciato la popolazione in sospeso tra la speranza per la guarigione di Chávez e il timore di non sapere cosa accade giorno dopo giorno a Caracas. In un paese governato col pugno di ferro dell’ideologia bolivarista, l’improvvisa mancanza della figura chiave per il successo della propaganda, rischia di regalare spazi vuoti destinati ad essere colmati, dai poteri esistenti, o da una nuova “favola”.
ASIA
Lunedì 25 – Ci risiamo, di nuovo il nucleare iraniano, di nuovo il quintetto di membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU più la Germania, di nuovo un incontro per tentare di fermare il tutto prima che sia troppo tardi per qualsiasi soluzione. Almaty giunge dopo Istanbul, Baghdad e Mosca, tutte tappe di una questione mediorientale irrisolta in cui i negoziati sono fermi allo stesso punto. La questione Siria, dove l’appoggio incondizionato di Mosca e Teheran al regime di Damasco inizia a perdere colpi, potrebbe garantire un patto d’acciaio tra Russia e Iran per la conduzione delle trattative del gruppo 5+1. Da parte sua l’Iran ha già lanciato un piano per allargare la rete nucleare civile del paese costruendo 16 nuovi siti per la fissione nucleare diminuendo la dipendenza dal petrolio, destinato all’estero per il sostentamento dell’economia interna bersagliata dalle sanzioni.
CINA/GIAPPONE – Distratti dalle improvvisazioni missilistiche del giovane rampollo nordcoreano Kim Jong Un, si rischiava di lasciare in sospeso la vera questione geopolitica che mantiene sul piede di guerra Pechino e Tokyo nel mezzo del Mar Cinese meridionale. Intanto il premier giapponese Shinzo Abe ha accolto favorevolmente la proposta americana di installare presso una base militare lungo la costa vicino a Kyoto sistemi di difesa anti-missile per intercettare minacce provenienti da occidente, Pechino o Pyongyang, a voi la scelta del nemico. Le acque del Pacifico rimangono certamente ad alta tensione, confermandosi il punto nevralgico per la definizione dei ruoli di superpotenza del terzo millennio. L’ultima parola spetta sempre a Washington, che cerca di puntellare l’intero pianeta con una coperta che rischia di diventare troppo piccola per le sfide in ballo.
MEDIO ORIENTE
SIRIA – La guerra civile siriana varca i confini, verso il Libano per l’esattezza, dove nella notte di sabato si sono verificati scontri intensi con raffiche di artiglieria pesante e missili sparati dall’esercito siriano contro bande armate, la cui identità resta sconosciuta. Difficile immaginare un agguato da parte dell’Esercito Libero Siriano contro i lealisti dal territorio in cui nulla si muove senza il consenso di Hezbollah, tra gli ultimi strenui sostenitori di Al-Assad. Tuttavia l’opposizione siriana ha coltivato legami in modo da riuscire a creare basi al di fuori del territorio siriano, in Turchia, Giordania e probabilmente anche in un Libano già martoriato dalle sue fratture inter-etniche. Continua invece il bombardamento di Aleppo, in cui le vittime crescono di giorno in giorno, soprattutto tra le categorie più deboli e indifese come vecchi e bambini, intrappolati nelle case o in quello che ne resta.
ARABIA SAUDITA – Da produttore di greggio per eccellenza a primo paese per le energie rinnovabili, questo il tappeto verde steso dalle autorità regali di Riyadh verso l’autonomia dai combustibili fossili, su cui si basa la ricchezza naturale del paese. Il piano “verde” prevede l’installazione di impianti rinnovabili in grado di produrre 23,9 Gigawatt di energia pulita entro il 2020 e 54,1 entro il 2032. Il tutto grazie agli studi e ai progetti di ricerca della King Abdullah City for Atomic and Renewable Energy e all’incredibile esposizione solare di cui il paese gode durante tutto l’anno. Il progetto include inoltre lo sviluppo dello sfruttamento di biomasse, energia geotermica ed eolica, in modo da non lasciare nessuna strada intentata verso l’indipendenza dal tesoro nazionale.