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Inquinamento atmosferico in Cina: a che punto siamo?

In 3 sorsiLa metamorfosi economica cinese ha senza dubbio avuto forti ripercussioni sulla situazione ambientale. L’inquinamento atmosferico ha raggiunto livelli sostenuti e sebbene il Governo si stia impegnando per promuovere politiche di controllo, la situazione rimane ancora critica in diverse zone del Paese

1. IL PREZZO DEL BENESSERE – Non è un segreto che in Cina siano presenti alti livelli di inquinamento atmosferico: la trasformazione economica che ha scosso il Paese negli ultimi decenni ha profondamente mutato i paesaggi cinesi, oggi sicuramente piĂą inquinati rispetto al secolo scorso. L’inquinamento atmosferico – e non solo – è infatti direttamente collegato alla riforma economica con cui Deng Xiaoping nel 1978 ha aperto le porte al mondo occidentale: il nuovo “socialismo con caratteristiche cinesi” alla ricerca di un rapido benessere economico ha richiesto un grande dispendio di energie, soprattutto a discapito dell’ecosistema cinese. GiĂ  a partire dagli anni ’70 la Cina si è dotata di un sistema di controllo e prevenzione dell’inquinamento atmosferico che prevede leggi, normative e standard di riferimento. A partire dal 2012 è stato introdotto l’Air Quality Index, l’indicatore che misura la concentrazione di sei agenti inquinanti presenti nell’aria. Tra tutti gli agenti inquinanti, il materiale particolato (PM) è quello che rappresenta il pericolo maggiore: vista la loro dimensione e di conseguenza la loro capacitĂ  di penetrare nell’organismo, queste particelle sono spesso la causa di malattie respiratorie e cardiovascolari.

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Fig. 1 – Un giovane cinese attraversa una strada di Pechino durante una giornata di forte smog. Sullo sfondo, il quartier generale della CCTV, principale network televisivo della Repubblica Popolare Cinese

2. PASSI AVANTI E CRITICITĂ€ – Tra gli obiettivi del tredicesimo Piano Quinquennale (2016-2020) ci sono la promozione di prodotti ecofriendly e la realizzazione di industrie a basso consumo di carbone. Tuttavia, nonostante la riduzione dell’inquinamento atmosferico rappresenti una delle prioritĂ  del Governo cinese, la situazione attuale rimane particolarmente critica in determinate zone. Infatti, nel dicembre 2016 è stato raggiunto uno dei piĂą alti picchi di inquinamento mai registrato in Cina. Greenpeace ha riportato che in ben 23 cittĂ  del Nord-Est è stata attivata l’allerta rossa, a causa di un livello di inquinamento atmosferico classificato come “pesante” e “rischioso“. Le cittĂ  interessate – che ospitano industrie coinvolte nella produzione e nella lavorazione dell’acciaio e del carbone – sono abitate da circa 460 milioni di persone, una popolazione equivalente a quelle di Stati Uniti d’America, Canada e Messico messe insieme. Nello stesso mese a Shijiazhuang, capitale della provincia dello Hebei, il livello di PM 2.5 – particolato fine con diametro inferiore a 2,5µm – in grado di penetrare nei polmoni, ha raggiunto il livello di 1,000 microgrammi per metro cubo d’aria, superando così di 100 volte i limiti stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della SanitĂ  che nelle sue linee guida prevede una media annuale non superiore ai 10 microgrammi per metro cubo. In generale comunque si può affermare che la Cina ha ottenuto considerevoli risultati rispetto a qualche decennio fa: in un rapporto del 2016 basato sull’analisi delle misurazioni dei livelli di particolato effettuate tramite satellite, Greenpeace afferma che la qualitĂ  dell’aria in Cina sia notevolmente migliorata nonostante il livello di inquinamento atmosferico rimanga decisamente elevato. Tra il 2011 e il 2015 i livelli di materiale particolato nel Regno di Mezzo si sono abbassati a tal punto che nel 2015 un inquinamento atmosferico piĂą elevato è stato registrato in India. Inoltre, Pechino si è dotata di un sistema di monitoraggio online del livello di PM2.5 che comprende 1,500 stazioni di rilevamento situate in circa 900 cittĂ  – numeri ben piĂą alti se comparati alle 39 stazioni presenti in 23 cittĂ  dell’India o alle 1000 stazioni presenti in 400 cittĂ  d’Europa. Tuttavia, in un rapporto del 2015, la ONG internazionale Clean Air Asia ha evidenziato come le capacitĂ  di gestione della qualitĂ  dell’aria nelle province cinesi siano disomogenee. Le politiche piĂą all’avanguardia sono quelle di Pechino e Shanghai che hanno accumulato esperienza nella gestione dell’inquinamento atmosferico poichĂ© spesso hanno ospitato importanti eventi internazionali e che, inoltre, ricevono maggiore supporto finanziario dal Governo centrale. Diverso è il caso nelle cittĂ  delle aree centrali, del Nord-Est e del Sud-Ovest del Paese in cui spesso manca una guida scientifica per combinare le diverse misure di controllo ed i cui Governi ricevono maggiori pressioni per lo sviluppo dell’economia locale che per la riduzione dei livelli di inquinamento atmosferico.

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Fig. 2- Automobili sfrecciano su una strada di Shijiazhuang, capitale della provincia dello Hebei e una delle cittĂ  piĂą inquinate della Cina

3. UNO SGUARDO AL FUTURO – Studi dell’Organizzazione Mondiale della SanitĂ  (OMS) e della Banca Mondiale indicano che ogni anno in Cina muoiono tra le 350.000 e le 500.000 persone a causa degli impressionanti livelli di inquinamento. Chen Zhu, ex Ministro della Salute, ha dichiarato che la polluzione atmosferica rappresenta il quarto pericolo per la salute della popolazione cinese, subito dopo malattie cardiache, abitudini alimentari e fumo, e che se i livelli di materiale particolato raggiungessero uno standard di 40 microgrammi per metro cubo, ogni anno circa 200.000 persone si salverebbero da una morte prematura. Vista la situazione critica nel 2013 il Governo centrale ha annunciato l’Airborne Pollution Prevention and Control Action Plan che prevede investimenti pari a 277 miliardi di dollari e riduzione dei livelli di PM2.5 entro il 2017. L’Action Plan si concentra sulle aree con alti livelli di inquinamento, come Pechino, Tianjin e la provincia dello Hebei a Nord e il delta del Fiume delle Perle e del Fiume Yangtze a Sud-Est, e prevede una riduzione della concentrazione di PM2.5 rispettivamente del 25%, 15% e 20%. A Pechino la concentrazione di materiale particolato prevista è di 60 microgrammi per metro cubo, decisamente in diminuzione se comparata con gli 89.5 microgrammi registrati nel 2013. Sebbene sembri che i target prefissati possano essere raggiunti entro la fine di quest’anno, Pechino rappresenta la maggiore difficoltĂ . Nonostante negli ultimi tre anni la concentrazione di PM2.5 sia diminuita anche del 10%, sporadici episodi con picchi di inquinamento atmosferico continuano a manifestarsi nella capitale cinese: l’allerta rossa registrata sia nel dicembre 2015 che nel 2016 o le concentrazioni pari a 500 microgrammi di PM2.5 per metro cubo registrate nei primi giorni del 2017 sono emblematiche di tale difficile situazione. Si stima che per fine anno Pechino raggiungerĂ  i 66 microgrammi per metro cubo, non troppo lontano quindi dall’obiettivo prefissato. La vera sfida per la leadership cinese sarĂ  comunque controllare e mantenere costanti le concentrazioni di particolato e il livello di inquinamento atmosferico a partire dal 2018. He Kebin, a capo della dipartimento di studi ambientali della Tsinghua University, stima che la Cina riuscirĂ  a raggiungere i target prefissati dall’OMS (35 microgrammi di PM2.5 per metro cubo all’anno) tra – almeno – una decina d’anni.

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Fig. 3 – Un esempio del pesante inquinamento atmosferico di Pechino nel dicembre 2015. In alto, un scorcio della CittĂ  Proibita fotografato in condizioni di forte smog il 1 dicembre. In basso, lo stesso scorcio a 24 ore di distanza, sotto un cielo limpido, il 2 dicembre

Ludovica Meacci

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

GiĂ  da qualche anno è possibile scaricare applicazioni che consentono di leggere sul proprio telefonino la qualitĂ  dell’aria della cittĂ  desiderata per avere un aggiornamento in tempo reale dell’inquinamento atmosferico. Se lo smartphone è di marca cinese, questa funzione è spesso giĂ  installata nell’app di default per le previsioni meteo. Gli agenti inquinanti sono gli stessi che l’Air Quality Index tiene in considerazione, cioè anidride solforosa, diossido di azoto, monossido di carbonio, ozono, PM10 e PM2.5. [/box]

Foto di copertina di Clay Gilliland Licenza: Attribution-ShareAlike License

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Ludovica Meacci
Ludovica Meacci

Classe 1992, romana. Dopo varie esperienze all’estero ed una laurea in Mediazione Linguistica e Interculturale presso La Sapienza, volo a Londra per un MSc in Studi sulla Cina Contemporanea alla School of Oriental and African Studies. Tornata nella capitale italiana, inizio a scrivere per il CaffĂ© occupandomi principalmente di Cina. Nel tempo libero leggo, nuoto e (a volte) viaggio.

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