L’accordo siglato con la Russia fa rientrare la Turchia anche all’interno del progetto South Stream. Ankara vuole giocare un ruolo chiave nella politica energetica europea e far valere il proprio peso contrattuale.
IL FATTO – La Russia incassa l’ok della Turchia per il passaggio del gasdotto South Stream nelle sue acque territoriali e segna un punto molto pesante nella competizione virtuale con il progetto Nabucco. La firma è giunta giovedì scorso ad Ankara, dove il primo ministro Vladimir Putin si è incontrato con il suo omologo turco, Tayyip Erdogan. Al vertice ha presenziato anche il Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, che si è assunto, forse in maniera eccessiva, i meriti della mediazione tra Russia e Turchia. Il progetto del South Stream sembra dunque pronto ad entrare nella sua fase operativa, confermando di essere in anticipo a quello del Nabucco, volto invece a “bypassare” l’influenza di Mosca.
LE IMPLICAZIONI .- La realizzazione di questi due gasdotti è assolutamente strategica per l’approvigionamento energetico dei Paesi europei nei prossimi anni. In tutto questo, la Turchia occupa una posizione chiave, rientrando in entrambi i progetti. Da una parte, infatti, per la penisola anatolica dovrebbe transitare la pipe-line del Nabucco, mentre dall’altra nelle acque del Mar Nero passeranno i tubi del South Stream. Cosa vuole ottenere dunque Ankara con questo comportamento? Indubbiamente, la Turchia non ha intenzione di perdere la partita e per questo ha deciso di rientrare in entrambi i progetti. Se il South Stream avrà più successo del Nabucco (circostanza attualmente più probabile), Ankara si troverà in una posizione strategica dal punto di vista geopolitico e potrà dettare le sue condizioni. Se invece andrà in porto anche il progetto alternativo, fortemente voluto dall’Unione Europea (meno dall’Italia, impegnata con l’ENI nella realizzazione del South Stream al 50% con Gazprom), allora potrà dire la sua anche in sede comunitaria, spingendo per ottenere l’ingresso nell’Unione. E l’Italia? La vicenda in questione sta dimostrando che la politica estera nazionale è condotta in maniera più concreta e importante dall’ENI piuttosto che dal Governo. La joint-venture con Gazprom poco si concilia con il progetto Nabucco, rivelando che ancora una volta a prevalere è l’interesse nazionale e non quello dell’integrazione comunitaria. Un’ulteriore dimostrazione delle enormi difficoltà dell’UE di avere una voce comune in politica estera e che costituisce il suo più grande limite attuale.
Davide Tentori 10 agosto 2009 [email protected]
Foto: in alto, un incontro tra Putin e Erdogan
Sotto: il progetto del gasdotto "Nabucco"