venerdì, 22 Settembre 2023

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Il disimpegno umanitario di Trump in Africa

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Sembra che l’impegno umanitario di Donald Trump in Africa si distacchi molto rispetto a quello dell’ex Presidente Obama. Vediamo in che modo e quali riflessioni ne derivano

VERSO UN’ALTRA DIREZIONE – Il recente annuncio del Presidente Usa Donald Trump di tagliare i fondi umanitari diretti in Africa non sorprende più di tanto: sia in campagna elettorale, sia nel corso dei primi mesi di mandato, il continente africano non è mai stato indicato come una priorità nell’agenda statunitense. D’altronde, lo slogan “America first” intende proprio sottolineare come la politica del Presidente sia orientata al protezionismo e che, seguendo tale direttiva, aiuti umanitari e finanziamenti internazionali occupino un ruolo di secondaria importanza. Considerando che gli States sono i maggiori sostenitori dell’Africa in termini commerciali e di aiuti allo sviluppo, l’approccio che Trump vuole adottare avrà senza dubbio un impatto negativo sul continente africano. Tutt’altra direzione ha invece adottato la precedente amministrazione Obama, nel corso della quale i rapporti con l’Africa si sono progressivamente rafforzati grazie a vari progetti di sviluppo come Power Africa, Feed the future e Global Health Iniziative (a cui fa cenno un nostro precedente articolo). Importante menzionare anche l’accordo commerciale di libero scambio African Growth and Opportunities Act (AGOA) lanciato però prima della presidenza Obama, nel 2001, per facilitare l’accesso dei prodotti manifatturieri africani al mercato statunitense. Un accordo che rischia di essere minacciato dal nuovo leader Usa.

IL DISIMPEGNO NEI DETTAGLI Se il Congresso Usa deciderà di approvare il progetto di budget proposto dal presidente “a new foundation for American Greatness” per l’anno fiscale 2018, l’impegno statunitense in Africa si ridurrebbe drasticamente. Parliamo di una proposta che potrebbe portare ad un taglio di 2,8 miliardi di dollari agli aiuti alla cooperazione. Verrebbe inoltre eliminata l’organizzazione no profit Food for Education, fondata nel 2012 e che prevede, oltre a lezioni e corsi di tutoraggio, sostegno ai bambini in estrema povertà. In ambito sanitario, si ridurrebbe di un quinto il bilancio del programma President’s Emergency Plan For Aids Relief (PEPFAR) voluto dall’allora Presidente George W. Bush per prevenire e controllare malattie come l’AIDS e supportare il Global Fund to Fight AIDS, Tuberculosis and Malaria.

Fig. 1 – L’ex Segretario di stato Usa durante la celebrazione del 10° anniversario del programma PEPFAR 

In aggiunta alla proposta del budget 2018, si preannunciano tagli all’USAID, l’agenzia statunitense per lo sviluppo, le cui ripercussioni toccheranno anche le donne africane, che non potrebbero più usufruire di servizi come assistenza nella contraccezione e nelle gravidanze indesiderate. Data la stretta sull’immigrazione, assieme ai correlati ordini esecutivi firmati già a partire dai primi giorni di insediamento alla Casa Bianca, i tagli previsti per l’assistenza ai rifugiati non sono fonte di sorpresa e si vanno ad aggiungere al disimpegno umanitario previsto da Trump. Proseguendo, è l’area climatico – ambientale a far preoccupare, dato che il disinteresse del presidente nella lotta al cambiamento climatico in un futuro non troppo lontano porterà ad effetti collaterali non indifferenti in Africa, considerando che questa si riscalda 1.5 volte più velocemente rispetto alla media globale.

Fig. 2 – Il Presidente Usa Donald Trump dopo aver annunciato il ritiro dall’accordo di Parigi sul clima

UN MODO PER SCARICARE IL FARDELLO – Una delle motivazioni principali del nuovo approccio verso l’Africa sta nel fatto che, bloccando i fondi destinati a programmi come quelli sopra menzionati, gli Usa spingerebbero altri Stati a farsi carico dei fardelli della comunità internazionale. Non è un segreto, infatti, che Trump abbia criticato più volte i suoi alleati di non contribuire alle spese sulla sicurezza, sulla difesa, sugli aiuti umanitari, ecc. lasciando tutto sulle spalle degli statunitensi.

Fig. 3 – Trump e il Presidente della Guinea, Alpha Conde nel corso del G20 tenutosi ad Amburgo il 7 luglio scorso

UNA RITIRATA TOTALE DAL CONTINENTE? – Nonostante le considerazioni sopra emerse, gli Usa non si possono ritirare completamente dal continente africano. Il terrorismo nella regione è uno dei temi più caldi, ed è necessario collaborare con i paesi africani per lottare contro tale fenomeno. Gli Usa sono impegnati nel contrastare le attività terroristiche in particolare attraverso lo United States African Command o AFRICOM, attivo dal 2008. Questo funge da supporto al mantenimento della sicurezza nel continente e si configura come attore fondamentale per garantire la stabilità della regione, in particolare a nord in Libia, a est in Somalia e a ovest in Nigeria, Niger, Ciad, Camerun. Si evince dunque come, nonostante il ruolo secondario assegnato all’Africa, l’importanza strategica di quest’ultima farà in modo che gli States continueranno a condurre operazioni militari in Africa e a destinarvi fondi, seppur in maniera ridotta.

Marta Annalisa Savino

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Potete cliccare su questo link per visionare nel dettaglio il progetto di Budget di Donald Trump per l’anno fiscale 2018.[/box]

Foto di copertina di US Army Africa Licenza: Attribution License

Marta Annalisa Savino
Marta Annalisa Savino

Laureata magistrale in “Relazioni internazionali” presso l’Università degli Studi di Milano, appassionata di viaggi, scrittura, geopolitica e lingue: inglese, francese e spagnolo. Ne “Il Caffé geopolitico” si occupa di Nord America e in particolare di Stati Uniti

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