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Marocco e Unione Europea: un’interazione complessa

In 3 sorsi Gli accordi e le relazioni con il Marocco costituiscono uno dei punti fermi della politica di vicinato dell’Unione Europea, dal momento che il Paese risulta essenziale per interessi commerciali e non solo

1. GENESI ED EVOLUZIONE

“Il Marocco è come un albero, le cui radici affondano profondamente nella Terra d’Africa, e che respira attraverso la sua chioma frusciante ai venti d’Europa.” Con queste parole Hassan II aveva descritto il Regno del Marocco, sottolineandone il suo forte carattere identitario ma allo stesso tempo la sua propensione a instaurare dei rapporti con la vicina Europa. A ben vedere infatti, le relazioni tra Marocco ed Unione Europea cominciarono a partire dagli anni Sessanta, in particolare i primi accordi di tipo commerciale vennero siglati nel 1969 e nel 1976. Nel 1995 il Marocco partecipò alla Conferenza di Barcellona, la quale ha costituito la base per la creazione del partenariato euro-mediterraneo trasformatosi nel 2008 nell’Unione per il Mediterraneo. Il partenariato aveva tre obiettivi chiave: creare una cooperazione politica e di sicurezza, una economica e finanziaria e una cooperazione sociale e culturale. Questi settori di cooperazione tra Marocco ed Unione vennero ribaditi e precisati nell’Association Agreement del 1996, entrato in vigore nel 2000, che aprì la strada alla liberalizzazione del commercio di beni, servizi e capitali. In concomitanza alla Conferenza di Barcellona l’Ue ha sancito nel 2004 la Politica europea di Vicinato (PEV) che “stabilisce una nuova cornice per le relazioni tra UE e i suoi vicini del Mediterraneo del sud”. A seguito della PEV è stato messo in atto nel 2005 l’ EU-Morocco action plan con lo scopo di individuare delle prioritĂ  strategiche per il miglioramento del Paese come ad esempio riforme legislative e un’attenzione ai diritti umani; riduzione della disoccupazione; lotta al terrorismo e controllo dei flussi migratori. L’atteggiamento del Regno è sempre stato molto positivo nei confronti degli impegni presi attraverso gli accordi e questo ha portato nel 2008 al suo riconoscimento di advanced statuts, cioè una condizione migliore rispetto a quella di un semplice partner  dell’Ue. Un altro passo molto importante di questo percorso è stato compiuto nel 2012, con un accordo relativo a misure di liberalizzazione reciproche riguardo i prodotti agricoli, i prodotti agricoli trasformati, il pesce e i prodotti della pesca (“accordo di liberalizzazione”). Esso ha però aperto un contenzioso riguardo la questione del Sahara occidentale.

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Fig. 1 – Porto di Tangeri, uno dei poli piĂą industrializzati del Marocco.

2. LA QUESTIONE DEL SAHARA OCCIDENTALE

Il 10 dicembre del 2015 il Tribunale dell’Unione europea, in seguito a un ricorso presentato dal Fronte del Polisario (rappresentante del popolo sahrawi), ha emanato una sentenza che dispone l’annullamento dell’accordo commerciale siglato nel 2012, in quanto ritenuto dal Fronte una violazione dei diritti del popolo sahrawi e un “tentativo di legittimare l’espoliazione delle risorse naturali dell’area da parte della potenza occupante”. Una parte dei prodotti agricoli e della pesca esportati dal Marocco appartengono al territorio del Sahara occidentale, considerato dall’Unione Europea un territorio non autogovernato, ma sotto l’amministrazione fiduciaria del Regno. Il riconoscimento del Marocco come potenza amministratrice de facto non è altro che un modo di evitare una collisione con Rabat, ignorando l’occupazione militare del territorio e la violazione dei diritti del popolo sahrawi, in primis quello di autodeterminazione. Nel dicembre 2016 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha annullato la sentenza: il ricorso è stato ritenuto “inammissibile” dal momento che il Fronte del Polisario è stato giudicato “non competente ad adire”. Una sconfitta per il Fronte del Polisario per quanto riguarda la sua personalitĂ  giuridica ma una vittoria sul piano del diritto internazionale. La Corte ha ritenuto che l’espressione “territorio del Regno del Marocco”, a cui fa riferimento l’accordo di liberalizzazione, non comprenda il territorio del Sahara Occidentale e che il Marocco non possa stipulare accordi per territori su cui non esercita sovranitĂ  (secondo quanto stabilito dalla norma consuetudinaria codificata all’articolo 29 della Convenzione di Vienna sull’applicazione territoriale del trattati: “…un trattato vincola ciascuna delle parti all’interno del suo territorio”). Dunque la Corte europea ha concluso che un’estensione dell’accordo di liberalizzazione UE-Marocco al territorio del Sahara occidentale costituirebbe una violazione del diritto internazionale, facendo riferimento al diritto dei trattati e non all’autodeterminazione del popolo sahrawi. La posizione dell’UE in merito alla questione rimane ancora incerta, dal momento che una posizione a favore del Sahara occidentale comprometterebbe gli indispensabili rapporti con Rabat.

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Fig. 2 – La bandiera del Sahara occidentale dipinta  su un muro del campo profughi di Tindouf (Algeria).

3. LA GESTIONE DEI FLUSSI MIGRATORI

Per quanto riguarda i rapporti bilaterali UE-Marocco, la PEV prevede l’elaborazione di piani quinquennali per il raggiungimento degli obiettivi del partenariato. Il piano d’azione che va dal periodo 2013-2017 affronta il tema della “cooperazione nella lotta contro la criminalità organizzata” e più in particolare della “gestione delle frontiere, mobilità dei cittadini, politica migratoria, protezione internazionale e asilo”. Quest’ultimo punto affronta sia la migrazione dal Marocco verso l’UE, che quella verso il Marocco dall’Africa subsahariana. Per la gestione del primo è chiara l’intenzione di creare “un accesso potenziato ai canali della migrazione legale, condizioni agevolate per il rilascio dei visti, la riammissione verso il Paese di provenienza o il reinserimento sociale e professionale nel caso di ritorno volontario (rimpatrio volontario assistito)”. Viene dunque favorita la migrazione legale dei marocchini in Europa ma anche supportato il loro ritorno volontario nel Paese attraverso programmi di reinserimento. Per quanto riguarda la gestione dei migranti all’interno del Regno, il Marocco si impegna a:
• potenziare il quadro istituzionale sul diritto di asilo nel rispetto delle norme internazionali;
• rispettare l’attuazione dei principi della Convenzione di Ginevra del 1951 e del relativo protocollo del 1967, con riguardo soprattutto alle modalità di identificazione dei migranti bisognosi di protezione internazionale, all’applicazione del principio di non respingimento e alle conseguenze derivanti dallo status di rifugiato;
• potenziare le politiche pubbliche al fine di favorire l’integrazione dei migranti nel Paese;
• proseguire la cooperazione con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) nel quadro del suo mandato in Marocco e sviluppare le strutture nazionali preposte all’intera procedura di asilo.

La gestione delle politiche migratorie rimane uno dei punti più spinosi della politica marocchina, sia per i suoi rapporti con l’Europa che con l’Unione Africana per quanto riguarda le migrazione subsahariane. Nonostante le numerose lacune in ambito di diritti umani e dell’inserimento dei migranti, è innegabile lo sforzo del Regno verso una gestione più in linea con gli standard internazionali.

Altea Pericoli

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Per un approfondimento sulla questione del Sahara occidentale e sul contributo dell’Unione Europea all’affermazione del diritto di autodeterminazione del popolo sahrawi si rimanda al seguente link.[/box]

Foto di copertina di CarolineG2011 Licenza: Attribution-ShareAlike License

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Altea Pericoli

Nata nel 1992, attualmente sono postdoctoral research fellow presso la Lund University (Center for Advanced Middle Eastern Studies). I miei interessi di ricerca riguardano la geopolitica dell’area MENA e la visione islamica dell’aiuto umanitario e allo sviluppo. Dal 2018 collaboro al coordinamento del Desk Medio Oriente e Nord Africa.

Dei viaggi e del caffè (americano) non potrei mai fare a meno!

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