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L’attentato di New York è una risposta?

Ristretto Poteva essere potenzialmente devastante l’attentato che ha colpito New York ieri. L’attacco, fallito, è avvenuto in un importane snodo di Manhattan, il Port Authority Bus Terminal, dove transitano circa 65 milioni di pendolari l’anno. Tra i pochi feriti, quattro sarebbero in condizioni più serie, ma per fortuna non rischiano la vita

L’attentatore, rimasto ferito e poi catturato in seguito all’accidentale detonazione della sua cintura esplosiva, è originario del Bangladesh, si chiama Akayed Ullah e ha ventisette anni. Purtroppo il Bangladesh non è nuovo protagonista in cronache riguardanti il fondamentalismo islamico e, vale la pena ricordare, il Paese è tra quelli colpiti dal tanto discusso Travel Ban di Trump. L’attentatore ha costruito il suo ordigno esplosivo in casa, utilizzando le numerose istruzioni diffuse sul web e sui canali Telegram a uso e consumo degli aspiranti lone wolf. Inspirenoto magazine diffuso da al Qaeda, è stato il precursore in questo senso, ma non va sottovalutato l’enorme proliferare di canali tematici su Telegram che istruiscono e forniscono competenze tecniche in avvelenamento, costruzione di esplosivi e corsi base – con tanto di video sottotitolati – nell’utilizzo di armi da fuoco e armi bianche. Il terrorismo fai da te risulta essere, al momento, la risposta dei numerosi movimenti jihadisti che oramai trovano notevoli difficoltà a collocare gruppi di fuoco, operativi e ben preparati, nelle città occidentali.

In attesa di ulteriori dettagli e/o di eventuali rivendicazioni, l’attacco di ieri fornisce, nuovamente, alcune riflessioni. Confermata la matrice jihadista dietro questo attacco, New York  si conferma come essere la città simbolo della narrativa estremista islamica. Il costrutto narrativo sulla città dopo i tristi attentati dell’11 settembre ha spinto infatti i gruppi jihadisti, nel corso degli anni successivi, a invocare altri attacchi in un luogo che rappresenta il cuore pulsante del nemico numero uno del terrorismo islamico. L’impatto mediatico infatti che un attacco, anche fallito, su New York provoca è senza dubbio maggiore rispetto a qualsiasi altro atto terroristico in qualsiasi altro centro abitato. Inoltre l’attacco di ieri dimostra che la comunità jihadista è incredibilmente ricettiva ai messaggi che arrivano dalle leadership dei vari gruppi che combattono in nome di questa ideologia. Siamo infatti a neanche una settimana di distanza dalle reazioni veementi di molte organizzazioni terroristiche seguite alla scelta di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale israeliana. Molte di esse infatti, per mezzo di comunicati emessi dalle loro agenzie mediatiche, hanno invocato a colpire gli Stati Uniti in risposta alla scelta del Presidente. Nonostante non ci siano collegamenti evidenti tra i due avvenimenti, siamo forse davanti all’ennesima prova che gli aspiranti lone wolf jihadisti che vivono nelle città, anche se non ispirati remotamente da alcuna organizzazione, capitalizzano al massimo qualsiasi occasione gli si presenti.

Valerio Mazzoni

Foto di copertina di tinto Licenza: Attribution License

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Valerio Mazzoni
Valerio Mazzoni

Nato, cresciuto e residente a Roma classe 1989, laureando in Scienze politiche per le Relazioni Internazionali presso l’Università Roma Tre. Formato accademicamente da nottate passate a giocare ad Age of Empire e Risiko, nutre da sempre una smodata passione per la storia e per le relazioni internazionali, con particolare interesse per il fondamentalismo islamico, i servizi segreti e la loro controversa storia. Per il Caffè Geopolitico si occupa della Russia e delle ex Repubbliche Sovietiche. I viaggi e la Lazio sono le sue passioni più grandi, anche se non disdegna rapide incursioni nel mondo NBA.

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