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Il ritorno di Al-Qaeda

Ammesso che al-Qaeda sia effettivamente quella che noi conosciamo e che esista nella forma e nella sostanza in cui ci viene presentata, l’organizzazione capeggiata da Osama Bin Laden torna nuovamente al centro dell’attenzione mediatica mondiale

I NUOVI ATTACCHI – Due sono i dati maggiormente preoccupanti che emergono da un’attenta analisi dei fatti: la nascita di un nuovo centro del terrorismo internazionale, lo Yemen, ma anche l’indipendenza di alcuni soggetti i quali agiscono ed operano anche al di fuori della classica rete del terrorismo. Non sono più esclusivamente i talebani dell’Afghanistan a detenere  il primato di “cattivi” della classe, ma una folta schiera di nuovi adepti (in particolare provenienti dall’Africa centrale ma anche dalle schiere di immigrati presenti in Europa) pare rimpinguare costantemente le fila dell’organizzazione terroristica più temuta al mondo. A questo punto occorre domandarsi con onestà non più se le politiche americane nella regione abbiano o meno fallito, ma semplicemente dove ed in cosa abbiano fallito. I qaedisti yemeniti avevano giurato vendetta per i bombardamenti americani avvenuti nel paese il 17 dicembre che avevano causato la morte di molti civili (circa 50), quasi tutti donne e bambini. Il raid Usa doveva originariamente stanare un gruppo di ribelli che secondo fonti di intelligence stava pianificando una serie di attacchi contro le sedi diplomatiche britanniche presenti Yemen. La risposta non si è fatta dunque attendere e solo la fortunata inettitudine di Omar Farouk Abd Al-Muttalab, nonché la prontezza di riflessi di un regista olandese, hanno impedito che questa fine di anno si macchiasse di sangue anche per l’Occidente.  

TERRORISMO FAI DA TE – La prime, banali, riflessioni sul caso potrebbero riguardare ovviamente le colpe dei servizi segreti europei ed americani, le falle di sicurezza interne al sistema aeroportuale, l’analisi della “mutanda-bomba” (definizione del Corriere della Sera) indossata dall’attentatore e così via, ma allora faremmo soltanto cronaca analizzando i fatti nella loro superficialità. Il terrorismo mondiale non è soltanto un albero che affonda le proprie radici in un’organizzazione definita ed inquadrabile, ma inizia col divenire un momento sempre più individuale che si abbevera del rancore e del sangue che quotidianamente viene versato in Medio Oriente. Lungi dal voler essere questa una giustificazione, possiamo però quanto meno affermare che le politiche occidentali nell’area, in particolare quelle di stampo statunitense, non fanno altro che peggiorare l’immagine di Washington nella regione. Secondariamente lo stesso identikit dell’attentatore nigeriano (presumibilimente persona colta e sicuramente molto ricca, figlio di un ex Governatore della Banca Centale della Nigeria) ci deve far comprendere come stia anche mutando persino la composizione stessa del terrorista di Al-Qaeda. 

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IL VENTRE MOLLE DEL MEDIO ORIENTE – Secondo il “Sun” 25 cittadini britannici di fede musulmana si starebbero attualmente addestrando proprio in Yemen. Terzo elemento da tenere nel giusto conto è appunto la drammatica situazione yemenita. Divenuto per molta parte terra di nessuno (che in questo caso dovrebbe più correttamente assumere la denominazione terra di tutti), il Paese arabo inizia a scivolare verso una pericolosa anarchia istituzionale. Come Il Caffè Geopolitico già scriveva quattro mesi fa, la piccola nazione araba potrebbe realmente divenire il ventre molle del medio oriente: il nuovo centro di un terrorismo mondiale che troverebbe un agevole rifugio fra le montagne yemenite ed a due passi dal Puntland somalo. Del resto i legami fra al-Qaeda e pirateria somala non sarebbero certo una novità.  

UN NUOVO FRONTE PER WASHINGTON? – Ed allora lasciano personalmente perplessi le dichiarazioni dell’ultimo Nobel per la Pace, il quale ha praticamente aperto, dopo i “successi” di Iraq ed Afghanistan, un terzo fronte per la lotta al terrorismo internazionale: lo Yemen. Secondo il New York Times, Obama avrebbe deciso di stanziare circa 70 milioni di dollari, spalmati in 18 mesi, per l’addestramento e l’equipaggiamento dell’esercito yemenita raddoppiando nei fatti il budget originariamente previsto. Dopo Afghanistan e Iraq, potrebbe esserci una nuova guerra?

Marco di Donato [email protected]

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