In 3 sorsi – Con la perdita di leadership dei socialdemocratici lo scenario politico svedese è sempre piĂą frammentato. Chi sta traendo vantaggio dal tramonto della vecchia guardia sono i partiti piĂą “estremi”, e la nuova generazione di classe dirigente.
1. LE RADICI DEL CONFLITTO
I socialdemocratici svedesi barcollano giĂ da una decina d’anni. Ma la catastrofe elettorale del 2018, in cui registrarono la piĂą bassa preferenza mai avuta dal 1911 (28,3%), ha portato all’ennesimo Governo di minoranza sorretto da un’alleanza quanto mai bizzarra.
Due dei partiti candidati nella coalizione di destra (centristi e liberali) sono infatti balzati sul carro del “vincitore”, accordandosi con socialdemocratici e verdi in cerca di alleati di Governo.
Ciò fu siglato nell’Accordo di gennaio (2019), in cui trovarono conclusione i negoziati che duravano dallo spoglio delle urne nel settembre precedente, senza però fare i conti con l’oste: ovvero il Partito della Sinistra, che gioca storicamente da “outsider” di Governo, concedendo il proprio voto di volta in volta, in base alle proposte.
Nonostante proprio la sinistra avesse teso la mano ai socialdemocratici dopo il disastro elettorale, la possibilitĂ sfumò su espressa richiesta dei centristi, che sottoscrissero l’Accordo di gennaio a condizione che la sinistra venisse esclusa.
Motivo? I piani per la liberalizzazione del mercato immobiliare svedese.
2. LA MICCIA ESPLODE
Ma, si capisce, un Governo di ampie alleanze con presupposti tanto ristretti nasce praticamente giĂ morto. Così, sordi agli avvertimenti della sinistra che da subito aveva espresso dissenso per alcune delle riforme nell’Accordo di gennaio, il piano di liberalizzazione del mercato immobiliare svedese approda in parlamento lo scorso giugno.
La proposta prevede lo smantellamento del sistema di controllo degli affitti, calmierato dall’obbligatoria contrattazione degli impresari immobiliari con l’associazione nazionale degli inquilini, per favorire la graduale introduzione dei prezzi di mercato.
Un argomento che parla alla pancia del Paese, in cui il 36% della popolazione vive in quelle che in Italia chiameremmo “case popolari” (ma che in Svezia non sono vincolate dal censo) e che rappresentano un terzo dell’intero patrimonio immobiliare nazionale.
3. L’AGO DELLA BILANCIA
La caduta del Primi Ministro Stefan Löfven, il 21 giugno, non segna solo la prima volta nella storia in cui un Governo svedese crolla per sfiducia parlamentare, ma marca anche l’ascesa della nuova leader della sinistra, Nooshi Dadgostar, come ago della bilancia del rinnovato Governo rosso-verde.
Classe 1985, figlia di rifugiati iraniani e cresciuta a Göteborg, Nooshi ha scalato i ranghi iniziando dalla sezione giovanile locale del partito in una delle zone piĂą ghettizzate della periferia di Stoccolma. La sua scaltrezza politica ha spostato il partito da interlocutore trascurabile a pompa d’ossigeno del Governo in meno di una settimana.
Fu lei, infatti, a lanciare l’ultimatum all’esecutivo se non fosse stata immediatamente ritirata la proposta di legge per la liberalizzazione del mercato immobiliare. Farlo in nome della salvaguardia del “modello svedese” ha significato far leva sia sul “proprio” elettorato, sia su quello del polo opposto.
La crisi è rientrata a inizio luglio grazie al passo indietro dei centristi, ma il nuovo e ancor più precario assetto di Governo è rimasto saldo nelle mani di Nooshi, che in un solo mese ha portato la sinistra al 13,3%, il consenso più alto mai avuto dalla sua fondazione.
Il prossimo bersaglio di Nooshi? La legge di bilancio da votare in autunno, per cui ha giĂ stilato una lista di 4 punti non negoziabili.
Si vedrĂ a novembre se chi prenderĂ il posto del dimissionario Stefan Löfven alla guida dei socialdemocratici si dimostrerĂ piĂą incline a collaborare con la sinistra, o se continuerĂ sul binario verso il centrismo tracciato dall’ex Primo Ministro nei suoi 10 anni di leadership.
Debora Russo
Immagine in evidenza: “Stefan Löfven” by Socialdemokrater is licensed under CC BY-ND