Crescita economica, ricchezza petrolifera e voglia di indipendenza: sono questi gli “ingredienti” principali che caratterizzano il Kurdistan iracheno. Un’area in pieno fermento che sta cercando di smarcarsi sempre più da Baghdad. E che, per riuscirci, non disdegna di scendere a compromessi con la Turchia
LO SCENARIO – Un’oasi curda nel caos iracheno: l’instabilitĂ dell’Iraq, dilaniato dagli scontri settari e dal disordine istituzionale, non sembra toccare l’autonomia regionale curda nel Nord-Est del Paese. Erbil, governata dal Kurdish Democratic Party di Mesud Barzani, sta sperimentando una crescita economica senza precedenti e – nonostante la costituzione irachena le riconosca un alto livello di indipendenza e autogoverno – preme in maniera crescente per allontanarsi da Baghdad. Il sottosuolo del Kurdistan iracheno è pregno di idrocarburi e molti dei principali giacimenti della regione non hanno ancora conosciuto un vero sfruttamento. L’attenzione delle grandi compagnie petrolifere internazionali è da anni forte sul Kurdistan e se ne è ben resa conto la Turchia di Erdogan, che ha deciso di prendere il Kurdish Regional Government di Barzani sotto la propria ala protettrice, cercando di massimizzare i vantaggi che può ottenere da tale avvicinamento. Resta ora da vedere dove porterĂ la crescente ostilitĂ tra la capitale e la regione autonoma: conflitto aperto o tensione sotterranea?
LONTANO DA BAGHDAD – Il Kurdistan iracheno sta sperimentando un periodo di forte crescita economica e stabilitĂ interna e continua ad allontanarsi da un Iraq sempre piĂą frammentato e in preda alla violenza (oltre 400 morti nel Paese nello scorso aprile). Le tensioni tra Erbil e Baghdad sono aumentate sempre piĂą, a seguito della decisione del Governo regionale curdo di iniziare a sfruttare in proprio il petrolio di cui dispone: dallo scorso anno, lunghe file di camion hanno iniziato a esportare per via stradale metano e petrolio curdo direttamente in Turchia, senza passare dall’oleodotto nazionale iracheno. La notizia ha fatto crescere in maniera esponenziale le tensioni tra il Kurdistan iracheno e Baghdad, culminate nel dispiegamento di uomini dell’esercito iracheno e di peshmerga curdi lungo i confini regionali, vicino Kirkuk. La decisione di stipulare contratti in proprio con numerose compagnie straniere (l’anglo-turca Genel e la statunitense Exxon) per la prospezione e lo sfruttamento dei suoi giacimenti rompe il patto centrale con Baghdad sulla gestione centrale delle risorse e solleva dispute sulla legittimitĂ dell’esportazione: la costituzione irachena – che devolve buona parte dei proventi nazionali ricavati dall’estrazione del petrolio e del Pil direttamente all’autonomia regionale curda, nel tentativo di mantenere allacciati i fili con Erbil – lascia effettivamente spazio all’interpretazione sull’eventuale diritto del Kurdistan di esportare direttamente il proprio petrolio e Erbil ne sta approfittando appieno.
RAPPORTI PIU’ STRETTI CON ANKARA – “Il Kurdistan iracheno è la capitale mondiale dell’esplorazione di petrolio” ha dichiarato Tony Hayward, giĂ CEO della British Petroleum e oggi a capo della Genel Energy, societĂ anglo-turca che sta guidando grande parte delle prospezioni e delle trivellazioni nei campi curdi di Taq Taq e Tawke. Ankara ha saputo sfruttare appieno il desiderio del KRG di allontanarsi dall’Iraq, fornendo liquiditĂ necessarie al completamento e al perfezionamento di un sistema di oleodotti che collegherĂ direttamente il territorio curdo alla Turchia. La risposta irachena è stata perentoria: l’Iraq ha sospeso i pagamenti alle compagnie petrolifere che stanno esplorando l’area. Non è solo il petrolio però ad avvicinare la Turchia al Kurdistan iracheno: legittimare il KRG di Barzani, garantisce ad Ankara l’alleanza con la principale autonomia curda della regione, utile per fornirle leverage nella contrattazione in corso con il PKK per il disarmo. La stabilizzazione dei rapporti con la minoranza curda presente in Anatolia è oggi divenuta una delle prioritĂ per il Governo di Erdogan, e il raggiungimento di tale scopo passerĂ anche da Erbil.
Andrea Ranelletti