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Siria, undici sfumature sulle armi ai ribelli

In Qatar si sono incontrati gli “Amici della Siria”, ossia il gruppo di Paesi che sostiene il fronte contro il presidente Assad. Dal vertice è emersa la priorità della prosecuzione del percorso politico, ma non è stato trovato un accordo sulla questione della fornitura di armi all’opposizione, argomento che, infatti, è stato escluso dalla dichiarazione finale.

 

IL SUMMIT – Si è tenuto a Doha, venerdì 21 e sabato 22, il vertice degli “Amici della Siria”, al quale hanno partecipato Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Francia, Germania, Giordania, Gran Bretagna, Italia, Qatar, Stati Uniti e Turchia. Nella dichiarazione finale, si sostiene la necessità di fornire tutta l’assistenza possibile (anche militare) all’opposizione siriana, rappresentata dalla Coalizione Nazionale, ma non si cita il tema della vendita di armi. L’invito dei Ministri degli Esteri partecipanti, tra i quali Emma Bonino, è che la Conferenza di pace di Ginevra, la seconda, possa tenersi il prima possibile e possa consentire l’individuazione di una via puramente politica di risoluzione – in questo senso, però, non giovano le tensioni divenute palesi tra Obama e Putin sulla questione siriana dopo il G8 in Irlanda del Nord. A Doha c’è stata intesa sulla necessità di ampliare le misure di supporto agli insorti, affinché essi possano «far fronte agli attacchi brutali» della controparte. Tuttavia, se si esclude l’unanimità riguardo all’urgenza di organizzare la Conferenza di Ginevra e alla priorità della soluzione politica del conflitto, le posizioni all’interno del gruppo non sono tutte nella stessa direzione, ma si differenziano circa sia la fornitura di armi ai ribelli, sia il ruolo di Assad nella transizione, sia, infine, la presenza dell’Iran nel processo di pace.

 

POSIZIONI E SFUMATURE DIVERSE – Nella dichiarazione finale del vertice non si cita alcuna indicazione esplicita sulla vendita di armi all’opposizione siriana: i punti di vista e la condotta dei singoli membri del gruppo sono infatti talvolta discordanti. Arabia Saudita e Qatar sono i più convinti sostenitori del principio secondo il quale la fornitura di armi agli insorti sia la via principale per il raggiungimento della pace. In merito, al-Thani, capo del Governo del Qatar (da non confondersi con l’emiro al-Thani), ha accennato a non precisate «decisioni segrete» che sarebbero state assunte dagli “Amici della Siria” per fermare l’avanzata delle truppe di Assad. Gli Stati Uniti protendono a loro volta per l’invio di armi ai ribelli, ma con una posizione più sfumata. Secondo Washington, infatti, il flusso di rifornimenti deve avere un singolo e riconoscibile referente in Siria, individuato del comandante dell’esercito dell’opposizione, Selim Idriss, affinché i gruppi jihadisti, o comunque dell’Islam radicale, siano sotto controllo. La Gran Bretagna, invece, dopo essere stata con la Francia la maggior sostenitrice della fine dell’embargo europeo sulla vendita di armi ai ribelli, ha raffreddato la propria posizione, soprattutto a causa del dibattito interno: «Nessuna decisione è stata presa sull’invio di aiuti letali, – ha detto il ministro degli Esteri Hague, – ma comunque dovremo prima discuterne in Parlamento». La preoccupazione francese, inoltre, è l’internazionalizzazione del conflitto tramite l’ingerenza di Hezbollah (come nel caso della battaglia di Qusayr, analizzata da questo nostro articolo), ispirata secondo il ministro Fabius dall’Iran.

 

LA LINEA ITALIANA – Sull’argomento si è espressa anche Emma Bonino, ministro degli Esteri italiano, che ha confermato che il nostro Paese ritenga la via politica l’unica soluzione possibile per la crisi siriana, operando affinchĂ© si arrivi al piĂą presto alla convocazione della seconda Conferenza di pace di Ginevra: in questo senso, la prima occasione utile sarĂ  la riunione tra ONU, Stati Uniti e Lega Araba del 25 giugno. Bonino, inoltre, ha ribadito che l’Italia «fornirĂ  ai ribelli siriani tutto l’aiuto possibile tranne le armi», invitando al contempo gli insorti a costituire un fronte piĂą stabile e omogeneo, poichĂ©, secondo il capo della Farnesina, «qualsiasi tipo di supporto comunque passerĂ  per la comprensione di chi sia l’opposizione, di quanta credibilitĂ  abbia e di che tipo di controllo abbia sul terreno».

 

Beniamino Franceschini

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Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’UniversitĂ  di Pisa, sono docente di Geopolitica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Pisa. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa.

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