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Intervista a Roza Otunbayeva (II): dopo la rivoluzione del 2010

Seconda parte della lunga intervista con l’ex Presidente kirghisa Roza Otunbayeva. In questa sezione del colloquio con Christian Eccher, Otunbayeva riflette sugli effetti politici della rivoluzione del 2010 e sull’operato del suo successore Atambayev.

La prima parte dell’intervista è disponibile qui.

Perché dopo essersi dimessa dal mandato ad interim, Lei non ha voluto candidarsi? Godeva di un appoggio popolare immenso…

Perché avevamo stabilito queste condizioni. Il Presidente ad interim non si sarebbe ricandidato. Per non parlare poi del fatto che ad Atambayev ha sempre pesato il fatto di non essere diventato subito Presidente (Almazbek Atambayev è stato Presidente del Kirghizistan dal  2011 al 2017, ndr). Allora nessuno lo voleva. Quella notte fra il 7 e l’8 aprile, nessuno lo ha proposto come Presidente. C’erano molti candidati accettabili alla presidenza. C’era per esempio Omurbek Tekebayev, che aveva un suo partito (quello socialista, ndr); lui non avrebbe mai accettato di candidare Atambayev alla presidenza. C’era Azimbek Beknazarov, anche lui non ne voleva sapere di Atambayev. Insomma, c’erano davvero molti leader forti e fra loro c’era una grande concorrenza. Io ero il capo del movimento di opposizione in quel momento e nessuno di coloro che erano scesi in piazza aveva esperienza in campo istituzionale. Io ero già stata in Parlamento e avevo sempre parlato a nome dell’opposizione, quando c’era qualcosa da dire venivano tutti da me e io rappresentavo le diverse anime di quello stesso movimento d’opposizione. Ero insomma la figura che guidava e attorno a cui le varie anime dell’opposizione si riunivano. “Tu sarai il Presidente ad interim”, mi hanno detto. Da allora, lui (Atambayev, ndr) sente nei miei confronti rabbia, per lui è stata un’offesa quella di non essere diventato subito Presidente. Lo ripeto ancora una volta, a lui nessuno avrebbe dato il mandato!

Fig. 1 – Il leader socialista Omurbek Tekebayev con la giornalista Aynagulj Saparbjek | Foto: Aynagulj Saparbjek

Però alla fine è riuscito a diventare Presidente, nel 2011, alle prime elezioni presidenziali…

No, dopo i fatti del 2010 noi, che eravamo nello stesso partito, eravamo tutti interessati perché il partito andasse al potere. È andata così: nel giugno del 2010, in occasione del referendum, sono successi gli avvenimenti di Osh, in cui si sono scontrati uzbeki e kirghisi (vedi Un chicco in più). Ovviamente tutti ci davano la colpa per quello che stava succedendo. In ogni caso, siamo riusciti a fermare gli scontri e a riportare l’ordine. Anche la comunità internazionale è stata molto efficace, ci fu persino una conferenza mirata a raccogliere fondi. Bisognava andare oltre, superare questa grande disgrazia che ci era accaduta. Il popolo era attento, voleva cambiamenti. La nuova Costituzione dava una forma completametamente nuova alla cosa pubblica. Abbiamo avuto due Presidenti dal crollo dell’URSS e entrambe le esperienze sono state catastrofiche. Molte persone, e fra loro anche politici, non capiscono che non esiste un sistema politico puro. Atambayev, anziché sforzarsi di contribuire alla costruzione della democrazia parlamentare, l’ha trasformata di nuovo in un’autocrazia. Ha accentrato nelle proprie mani tutto il potere. Ha lavorato da solo. Adesso deve lasciare la presidenza ma il Paese si ritrova in un regime autocratico. Noi abbiamo messo in piedi un Parlamento e lui lo ha ignorato, ha deciso tutto lui, si è arrogato il diritto di trovare da solo le risposte a molte domande. Capite… Per arrivare al punto in cui si trova oggi, quanti secoli e quante peripezie ha dovuto passare l’Italia? La democrazia non si costruisce in un momento, con un clic. Nulla cade dal cielo, anche questo cibo che adesso è nel piatto davanti a noi, non si è certo materializzato da solo… Ci vuole tempo. E sacrificio. Quante persone si trovano adesso in prigione da noi?

In prigione c’è anche Tekebayev, che è stato arrestato a febbraio del 2016 per avere riscosso una tangente, anche se non ci sono prove a riguardo…

Non solo! Tanto per fare un esempio, oggi (6 novembre 2017, ndr) hanno ucciso il fratello dell’ex Procuratore Generale (Ulan Saljanov è stato ucciso a Bishkek il 6 novembre del 2017. Era il fratello dell’ex Procuratore Generale Andy Saljanov, membro del Partito Socialista guidato da Tekebayev, ndr). Perdite di questo tipo non sono affatte necessarie, ma questo succede anche perché chi è al potere vuole controllare tutto, non lascia spazio a chi la pensa diversamente. Se fosse solo Tekebayev in carcere… Ci sono almeno altre 20 persone. Ecco come funziona, tanto per fare un esempio: noi adesso siamo seduti in questo ristorante, parliamo e qualcuno ci registra. Poi fanno una selezione di ciò che abbiamo detto, fanno un montaggio della registrazione, tagliano e cuciono. Dopo di che fanno un esame filologico-politico del testo. Il tutto va poi alla Procuratura oppure ai servizi di sicurezza. Assurdo. D’altro canto, sapete quante persone finiscono in prigione quando si costruisce una democrazia? Non è una gita di piacere il processo di costruzione, sapete quante persone hanno perso addirittura la propria casa in nome della democrazia? Anche da noi, la democrazia si sconta e passa attraverso grandi perdite. La democrazia si può però costruire soltanto mettendosi in gioco, attraverso la propria esperienza, non quella altrui. E noi combattiamo. Sacrifichiamo noi stessi e le nostre famiglie. Perché no? Il popolo kirghiso è molto aperto, molto desideroso di cambiamenti… Anche da noi, come in Italia e in Serbia, c’è una maggioranza parlamentare. E c’è una minoranza. I diritti dell’opposizione non vengono però rispettati, così come è previsto dalla Costituzione. Da noi all’opposizione c’era Omurbek Babanov (Omurbek Babanov è un magnate kirghiso, fondatore del Partito Respublica, che può essere in tutto e per tutto paragonato al movimento italiano Forza Italia di Silvio Berlusconi. Babanov è stato anche candidato alle elezioni presidenziali del 2017, ndr) che non faceva assolutamente niente! Lui sedeva lì, sotto la protezione del Presidente, e pensava agli affari, al proprio business. Sono tutte persone, singole persone, capite cosa voglio dire? Adesso c’è ancora la speranza che lui possa diventare un importante fattore in campo politico… Questo perché il Presidente uscente ha fatto del campo politico un deserto, lo ha deformato in maniera assoluta. A tal punto che di fatto l’opposizione non esiste più. Per quanto ha potuto, Atambayev ha fatto sbattere in galera tutti gli uomini d’opposizione, li ha impauriti; oggi non più c’è la libertà di riunirsi e protestare in piazza. Noi volevamo scendere in piazza ma non abbiamo potuto perché ci avrebbero arrestati subito. Anche la libertà di espressione è stata messa seriamente in discussione. Sono rimaste così due frazioni d’opposizione: quella di Babanov, che gli uomini al potere adesso voglioni distruggere, perché dà loro fastidio. C’è poi la frazione di Tekebayev; vogliono naturalmente distruggere anche questa. Ecco, questa è la vera lotta che si sta svolgendo adesso. Grazie al cielo, però, da noi c’è ancora la stampa di opposizione; e ci sono le piattaforme telematiche che ci permettono di seguire la situazione. C’è Facebook. Facciamo di tutto per non farci fermare. Il settore della società civile è purtroppo debole. Era molto più forte prima, allora però non c’erano partiti politici così forti come lo sono oggi. I partiti politici sono oggi i padroni della politica. Membri del Parlamento. Anche prima della democrazia c’era il Parlamento, che veniva eletto su base maggioritaria. C’erano i difensori dei diritti umani e i movimenti cosiddetti civili. Atambayev se l’è presa anche con loro. Prima prendevano finanziamenti pubblici a adesso quasi per niente. Adesso se la prendono con Soros, non è vero?

Fig. 2 – La sede del Parlamento kirghiso a Bishkek | Foto: Christian Eccher

Esattemente come in Serbia e in Ungheria. Soros è l’unico colpevole, responsabile di tutto ciò che accade.

Effetto della propaganda russa. E non solo russa. Anche Trump è contro di lui. Soros però ci ha davvero aiutato e ci aiuta ancora. A proposito, dove sono gli americani? Non ci sono, si sono persi. Di fatto, ci hanno voltato le spalle, o no? Compreso Trump. Non sono più interessati alla democrazia. Con la Russia sono in guerra, esatto? Nessun Paese li soddisfa. Pensano che sia necessario togliere i soldi alle ONG; Trump ritiene che bisogna toglierli al settore che si occupa della democrazia. Già da sei mesi da noi non c’è più l’Ambasciata americana. Trump ha richiamato gli ambasciatori dall’Asia Centrale. Secondo me, Trump non è in grado di inserire nel Dipartimento di Stato gente che abbia competenze legate all’Asia Centrale.

Non è molto chiaro quale sia la politica di Atambayev. Un po’ a favore della Russia, un po’ contro, poi con l’America e nuovamente con la Russia. Cosa ne pensa?

Lui l’America non la capisce proprio. Non sa. È andato in America per la prima volta quest’anno (nel 2017, ndr). La cosa più importante, comunque, è un’altra: lui è chiaramente schierato in chiave pro-Russia. Per lui c’era questa politica a senso unico: si è messo sotto il cappello russo e lì è rimasto. Noi per esempio ci rifiutiamo di accettare una politica così unidirezionale. Non siamo assolutamente contro la Russia, ma non si deve seguire una sola corrente. Atambayev però ha vinto, ha decisamente vinto.

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Fig. 3 – Incontro tra Almazbek Atambayev e Vladimir Putin a Sochi, settembre 2017

In Kirghizistan c’è la democrazia ma la società è profondamente divisa in clan… Non c’è il rischio che questi clan influiscano troppo sulle dinamiche elettorali?

Sì, ci sono i clan, e allora? Non ci sono clan anche negli altri Paesi? In Gran Bretagna… Ci sono gli scozzesi, gli irlandesi, i gallesi, ognuno per i fatti propri… E cosa sta succedendo in Spagna? In ogni Stato ci sono degli interessi particolari. Noi ovviamente non abbiamo raggiunto il livello di quei Paesi, non siamo ancora maturati neanche per l’economia di mercato. Siamo improvvisamente passati dal feudalismo e dal socialismo, mischiati insieme, al mercato e alla democrazia. Non siamo però ancora completamente passati al nuovo ordine. Il Kirghizistan è come una grande “Social Fabric”. Qualcosa non funziona. Noi però impariamo, facciamo nostre le esperienze altrui, noi siamo abbastanza intelligenti, in qualche modo siamo anche sinceri… In fondo, siamo l’unico Paese della CSI a essere democratico. C’è anche la Georgia, che conosco molto bene… E c’è l’Ucraina, ovviamente. Lì ci sono adesso molti espatriati che si occupano di democrazia. C’è poi la Moldavia… La Russia non è affatto ingenua. In Russia non c’è discussione, i russi non hanno il vocabolario che c’è qui adesso da noi. Vengono in Kirghizistan giornalisti russi democraticamente orientati e rimangono stupiti dei progressi fatti… Nonostante noi non siamo un Paese sofisticato, con un sapere come quello che avete voi in Europa.

Quando ho avuto modo di conoscere, nel 2011, Kamcibek Tashiev, allora candidato alla Presidenza della Repubblica, mi aveva colpito una sua frase: “Tu non puoi capire la democrazia kirghisa, non funziona come in Europa” Credo facesse riferimento ancora una volta ai clan. Al sud la gente vota per il candidato del sud, al nord per quello del nord… Non c’è una piattaforma elettorale vera e propria, non si vota per il programma.

A livello di idee in Kirghizistan siamo messi male. Il partito? Cos’è? È una piattaforma, giusto? Quando sono entrata nel Partito Social-Democratico, noi sapevamo cosa fare, avevamo un programma ed eravamo una forza social-democratica. Abbiamo creato il nostro partito su una piattaforma che può essere definita mondiale, quella basata sulla social-democrazia appunto. Adesso non è più così. La piattaforma non c’è più. Ci sono un mucchio di uomini d’affari che hanno riempito le casse del partito e si sono arrogati il diritto di eliminare quella piattaforma. Questo è il vero problema. Anche qui è questione di tempo. Formalmente siamo una democrazia, facciamo tutto come si deve. Sostanzialmente no. Nel 2010, quando si è formato il primo Parlamento dopo la rivoluzione, ho pregato personalmente gli ambasciatori e gli ospiti stranieri nel nostro Paese di dare ai nostri parlamentari la possibilità di andare nei loro rispettivi Paesi a guardare, a studiare; a capire cos’è la democrazia parlamentare. Grazie al cielo, tutti hanno risposto alla mia richiesta. Alcuni parlamentari sono andati in diversi paesi, 5, 6, 7 volte. Chi voleva, poteva andare. Alcuni venivano dal mondo del business, sono andati in Italia, in Ungheria e hanno incontrato i colleghi parlamentari, con cui hanno a lungo discusso, grazie anche ai traduttori. Sono tornati, pieni di esperienza e convinti che fra 20, 30 anni anche la nostra democrazia sarà come la loro, matura. C’è ancora qualcosa da aggiungere perché il quadro sia completo: non siamo gli unici a ritrovarci in questo lavoro da pioniere, nella costruzione della democrazia. Ci sono i mongoli, persone fra l’altro molto simpatiche. È la democrazia di cui parla Gene Sharp. Ci diamo da fare, ma la democrazia è ancora priva di contenuti reali. Un esempio? Tashiev ha fondato il partito Ata-Zhurt. Di cosa si tratta? Il fondatore ha definito il proprio partito “idealista”. Cosa significa? Non lo sanno neanche loro. Anche gli altri partiti non sono immuni da questo svuotamento di contenuti: il Partito Socialista di Tekebayev, per esempio. È un partito che è andato davvero lontano dal socialismo…Forse ci è ancora vicino il Presidente, Tekebayev, che è davvero convinto delle proprie idee: non sarà mai a favore degli oligarchi, questo è sicuro.

Naturalmente! Tekebayev è stato sempre coerente.

Anche il partito di Babanov Respublica è incomprensibile. Che base ha, che contenuti? Babanov stesso ha condotto la campagna elettorale in maniera non chiarissima. Io non ho appoggiato Babanov, ve lo dico apertamente, perché ha promesso di indire un referendum per chiedere al popolo se vuole vivere in una democrazia parlamentare o presidenziale. Detto diversamente, lui preferirebbe l’opzione presidenziale. Io ho fatto comunque la mia analisi della situazione e l’ho pubblicata su Cactus media (la piattaforma online che ospita la stampa libera kirghisa, ndr).

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Fig. 4 – Atambayev e Otunbayeva partecipano alla commemorazioni in ricordo della rivoluzione del 2010 (aprile 2015)

Cosa ha scritto?

In parole molto povere: “Sentite, abbiamo scelto la democrazia parlamentare, adesso non ci piace più e la cambiamo. No, non si fa così, il sistema di governo di un paese non è un giocattolo per bambini”. A noi la democrazia parlamentare di colpo non piace più e vorremmo tornare al sistema presidenziale, dove tutto è in mano a un solo uomo. Lo Stato non è un cubo di Rubik. Non bisogna assolutamente fare così. Serve pazienza, bisogna darsi da fare il più possibile per far funzionare il sistema che abbiamo. Babanov ha fatto una campagna elettorale in cui ha promesso che nel giro di 6 anni il Kirghizistan diventerà uno dei dieci Paesi più sviluppati al mondo. In base a quale meccanismo, non è chiaro. La gente in ogni caso era incredula. Nessuno ha capito cosa volesse dire, come fa il Kirghizistan a diventare da un momento all’altro uno dei dieci Paesi più sviluppati al mondo? Sinceramente, non riesco proprio a capire perché Babanov abbia deciso di candidarsi alla carica di Presidente. Se voleva cambiare le cose in questo paese, lo poteva fare da premier. La Costituzione prevede che il Presidente non abbia grande influenza in questioni di politica interna, di economia; la carica più importante in questo senso è quella del Premier. Babanov arriva, si candida a Presidente, promette montagne d’oro, asserisce che asfalta di qua, porta l’acqua di là, trova l’oro lassù e così via. Insomma, ha preso in giro le persone…

Forse il problema consiste anche nel fatto che i partiti non sono associazioni di persone, ma leader che guidano i propri seguaci. Il capo del partito è il capo assoluto ed è il suo carisma a determinare la forza del partito…

Oggi siamo proprio a questo stadio, Lei capisce… È esattamente quello di cui sto parlando: Babanov si candida alle elezioni presidenziali, promette di tutto perché il popolo si aspetta che il Presidente risolva tutti i problemi. Il popolo… Qui manca il pane, lì serve qualcos’altro… Ci sono delle questioni materiali di primaria importanza, e Babanov risponde: “Naturalmente, risolvo tutto io”; lui deve rispondere a queste questioni materiali. È obbligato: almeno così vuole il popolo. Prego, se a voi va bene così… Per quel che riguarda i partiti… I partiti oggi dipendono dai fondi. Se il partito vuole esistere, ha bisogno di soldi. Chi glieli può garantire? Gli uomini d’affari, chi altro? Questi signori non hanno in testa altro se non proteggere i propri affari. La Destra, la Sinistra, il Centro… C’erano un tempo da noi queste tre divisioni. Adesso nulla è più chiaro. C’è il Parlamento con 120 deputati… La Sinistra, la Destra e il Centro però non ci sono.

Christian Eccher

 

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più

La notte del 10 giugno 2010 a Osh, la città principale del sud del Kirghizistan, i kirghisi e la componente uzbeka si scontrarono in maniera molto violenta. Ci furono centinaia di migliaia di profughi (la maggior parte dei quali è poi rientrata in Kirghizistan) e almeno 400 morti. I disordini durarono fino al 14 giugno, quando le autorità kirghise riuscirono a riportare l’ordine sia a Osh sia a Zhalal-Abad, un’altra città del sud del paese.[/box]

 

 

Foto di copertina di oscepa Licenza: Attribution-ShareAlike License

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Christian Eccher
Christian Eccher

Sono nato a Basilea nel 1977. Mi sono laureato in Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, dove ho anche conseguito il dottorato di ricerca con una tesi sulla letteratura degli italiani dell’Istria e di Fiume, dal 1945 a oggi. Sono professore di Lingua e cultura italiana all’Università di Novi Sad, in Serbia, e nel tempo libero mi dedico al giornalismo. Mi occupo principalmente di geopoetica e i miei reportage sono raccolti nei libri “Vento di Terra – Miniature geopoetiche” ed “Esimdé”.

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