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Kabila e la strategia dell’eccezione d’insicurezza

In 3 sorsi – Nella Repubblica Democratica del Congo il terzo rinvio delle elezioni è stato accolto da nuove proteste che considerano illegittima la permanenza di Kabila al potere

1. REPRESSIONE DELLE PROTESTE ANTI-KABILA 

Ormai da mesi, in Repubblica Democratica del Congo infuriano le proteste anti-Kabila. A quelle del 15 e del 30 novembre sono seguite le proteste del 19 dicembre (in celebrazione del 19 dicembre 2016, scadenza naturale della presidenza Kabila) e quelle del 31 dicembre convocate dagli esponenti della Chiesa cattolica e dei partiti di opposizione in segno di forte dissenso per la permanenza considerata illegittima di Kabila al potere. La reazione del governo alla chiamata a prender parte alle marce pacifiche in varie città del Paese è stata dura. Nei giorni precedenti le manifestazioni è stato sancito ufficialmente il divieto di protesta e la sospensione dei servizi di comunicazione online e telefonici su ordine del Ministero delle Telecomunicazioni. L’uso di armi da fuoco e gas lacrimogeni da parte delle forze di sicurezza nazionali per dissuadere e disperdere i manifestanti è costato la vita ad almeno 5 persone. Altri 46 manifestanti sono stati feriti e  oltre 140 dimostranti arrestati. A seguito di quanto accaduto, il leader della Chiesa cattolica congolese, l’arcivescovo di Kinshasa Monsengwo, ha pubblicamente dichiarato: ‟Non possiamo che denunciare, condannare e stigmatizzare il comportamento dei nostri presunti coraggiosi uomini in uniforme che tristemente diffondono la barbarieˮ. Ancora una volta il 21 gennaio, in diverse città del Paese, all’uscita dei fedeli dalla messa domenicale, la mano pesante delle forze di sicurezza governative ha sedato nel sangue incipienti manifestazioni. Secondo il bollettino della missione di pacificazione internazionale MONUSCO, 6 civili sono stati uccisi, a 57 ammontano i feriti e 111 posti sotto arresto. Tra settembre e novembre 2017 è stato documentato un complessivo aumento delle violazioni dei diritti umani presso le zone di conflitto (nord e sud Kivu, province del Kasai) e non, perpetrate sia dalle forze di polizia nazionale e dall’esercito congolese sia dai vari gruppi armati. Si assiste inoltre a una progressiva restrizione dello spazio di pubblica espressione e a un’estensione del divieto di protesta.

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Fig. 1 – Manifestante congolese ferito nel corso degli scontri di gennaio in cui la polizia ha disperso la folla radunatasi di fronte alla cattedrale di Kinshasa

2. POSTICIPAZIONE DELLE ELEZIONI POLITICHE 

L’infuriare delle proteste degli ultimi mesi è dovuto al mancato rispetto dell’Accord politique global et inclusif du centre Interdiocésain, stipulato il 31 dicembre 2016 tra le forze politiche della maggioranza presidenziale e quelle dell’opposizione. Tale scenario si è rivelato irrealizzabile al momento dell’annuncio, lo scorso 5 novembre, da parte del Commission Electorale Nationale Indépendante (CENI) del nuovo cronoprogramma elettorale che stabilisce lo scrutinio dei seggi per le elezioni presidenziali, legislative e provinciali il 23 dicembre 2018. Il presidente del CENI ha motivato questa decisione sulla base dei ritardi nell’identificazione e nella registrazione degli elettori nelle regioni del Kasai, del Kasai centrale e del Lomami a causa del conflitto tra le milizie ribelli Kamwina Nsapu e le forze governative. Questa decisione è stata accolta favorevolmente dal Parti du Peuple pour la Reconstruction et la Democratie (PPRD) al governo. Per il principale partito d’opposizione, Union pour la Démocratie et le Progrès Social (UDPS), la pubblicazione del nuovo calendario elettorale fa parte di una strategia di distrazione condivisa da CENI e PPRD volta a mantenere Kabila al potere. Secondo l’attivista dei diritti umani congolese Denis Mukwege Mukengere, ‟oltre a calpestare la nostra Costituzione e l’accordo di San Silvestro, questo calendario è pieno di vincoli che lo rendono irrealizzabile. È un’altra manovra dilatoria per prolungare uno stato senza legge, illegale e illegittimoˮ.

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Fig. 2 – Dopo ben cinque anni, Joseph Kabila ha indetto una conferenza stampa lo scorso 26 gennaio 2018 per spiegare l’impossibilità di rispettare il cronogramma elettorale che segnerebbe la fine del suo mandato 

3. IL PARADIGMA DELL’ECCEZIONE D’INSICUREZZA

Il terzo rinvio delle elezioni originariamente programmate per il novembre del 2016 va inquadrato in una precisa strategia del Presidente Kabila di tenersi aggrappato al potere ad ogni costo. Secondo l’analista politico Phil Clark della School of Oriental and African Studies (SOAS), l’indebolimento delle file dell’opposizione, già intrinsecamente poco compatte, attraverso l’assegnazione ai suoi esponenti di ruoli di governo e la ripetuta dilazione delle elezioni, potrebbe essere parte di una strategia a lungo termine messa a punto da Kabila per tenersi aggrappato al potere in modo antidemocratico e incostituzionale finché è possibile. Gli enormi interessi economici della famiglia Kabila nel settore minerario, delle telecomunicazioni e dell’agribusiness e il timore per Kabila di essere messo alla sbarra dalla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità ne giustificano il mantenersi saldo al potere. Secondo il diplomatico francese Didier Niewiadowski Kabila si sta servendo deliberatamente dell’eccezione d’insicurezza, un nuovo strumento di conservazione del potere diffuso in Africa secondo cui invocando l’incapacità dello Stato di garantire la buona condotta dell’elezione a motivo di insicurezza, un Capo di Stato può essere tentato di non applicare il cronogramma elettorale, senza peraltro annullare le elezioni in modo puro e semplice. A supporto di tale lettura andrebbe intenso il terrore e la distruzione perpetrate delle forze di sicurezza governativa sulla popolazione civile nel Kasai come parte di uno schema ricorrente del regime di Kabila di mobilitare la tensione e la violenza per mantenere il potere attraverso il caos e la diversione.

Salvatore Loddo

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più. L’intensificazione delle proteste contro la permanenza di Kabila al potere è dovuta alla larga partecipazione dei fedeli cattolici il cui totale rappresenta la metà della popolazione del Paese.[/box]

Foto di copertina di Elvert Barnes Licenza: Attribution-ShareAlike License

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Salvatore Loddo
Salvatore Loddo

Sono nato in una piccola località turistica della Sardegna nel 1985. Studi e lavoro mi hanno portato lontano. Ultima tappa è Atene, dove vivo da qualche tempo. Ho studiato filosofia a Venezia e Torino, diritti umani e “studi sul genocidio” a Londra. Ho collaborato con il Centro Studi Sereno Regis (Torino), Saratoga Foundation for Women Worldwide (New York), Philosophy Kitchen (Torino). Ho pubblicato nel 2015 La Shoah. Una guida agli studi e alle interpretazioni e articoli sulla crisi in Centrafrica e sulla “responsabilità di proteggere”. Principali aree di interesse sono la violenza politica e le strategie di prevenzione, la trasformazione non violenta dei conflitti e le innumerevoli forme di rappresentazione della violenza estrema.

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