Caffè lungo – Iniziata ormai un anno fa, la crisi in Etiopia sembra non volersi fermare. In particolare la situazione sembra particolarmente critica nella regione del Tigray dove gli aiuti umanitari non riescono ad arrivare. In questo contesto sarĂ basilare il ruolo della Cina, storico partner dell’Africa, che potrebbe avere un ruolo fondamentale nella vicenda.
UN ANNO DALL’INIZIO DELLA CRISI
Il conflitto intestino in Etiopia ha avuto inizio nel mese di novembre 2020. Le parti contrapposte sono il Fronte Popolare di Liberazione del Tigray (FLPT), partito indipendentista della regione omonima situata nel nord del Paese al confine con l’Eritrea, e l’esercito del Governo federale etiope, con a capo il Primo Ministro Abiy Ahmed, premio Nobel per la pace nel 2019. I dissapori fra le parti sono nati quando il premier ha deciso di sciogliere la coalizione che, fino a quel momento e per tre decenni, aveva governato il Paese. Fra i gruppi figuranti nell’alleanza di maggioranza si trovava anche il FLPT, espressione della volontĂ della popolazione tigrina, che è sembrato non accettare questo cambiamento, rifiutandosi di entrare a far parte della nuova coalizione. I dissapori fra le parti si sono concretizzati nei primi scontri armati: nella notte del 4 novembre 2020 il FLPT ha attaccato le basi federali nel Tigray. Per tutta risposta il Primo Ministro ha messo in atto, con la collaborazione del Governo dell’Eritrea, un contrattacco a tenaglia, per fermare i dissidenti accusati di terrorismo, capitanati da Debretsion Gebremichael. Da questo momento il conflitto si è negativamente evoluto, trasformandosi in quello che è oggi.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Manifestazione a Washington contro l’intervento militare etiope in Tigray, 4 novembre 2021
LA REAZIONE DELLA COMUNITĂ€ INTERNAZIONALE
Sebbene il conflitto non sia salito (ingiustamente) agli onori della cronaca, la comunità internazionale non è rimasta impassibile agli eventi che stanno avvenendo nel Corno d’Africa. A seguito di una richiesta del Presidente statunitense Joe Biden, il Dipartimento di Stato ha avviato un’indagine per stabilire se effettivamente i fatti avvenuti nel corso dell’ultimo anno siano riconducibili a un genocidio per mano degli eserciti di Eritrea ed Etiopia nei confronti del popolo del Tigray. Ad ogni modo, a prescindere dalla classificazione che verrà assegnata al conflitto, il Governo etiope sarà probabilmente soggetto a sanzioni vista l’incapacità di mantenere la pace e la stabilità all’interno del Paese. Ma che cosa rischia ora l’Etiopia? Il Paese ricopre un ruolo fondamentale all’interno del continente africano dal punto di vista economico, essendo uno snodo cruciale verso molti altri Paesi vicini. Questo è dimostrato anche da un altro importante fattore: tra il 2007-2008 e il 2017-2018 il ritmo di crescita del PIL si è attestato intorno al 10%, un progresso decisamente importante per un Paese africano. Inoltre è fondamentale ricordare che Addis Abeba, sede del Governo etiope, è anche sede dell’Unione Africana, e i disordini sul territorio potrebbero seriamente minarne le capacità di azione, peggiorando ulteriormente la situazione.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Ritratti del Presidente cinese Xi Jinping e di quello russo Vladimir Putin esposti durante una manifestazione ad Addis Abeba contro le sanzioni USA per la crisi in Tigray, 30 maggio 2021
IL RUOLO DELLA CINA NELLA CRISI ETIOPE
In questo contesto è fondamentale considerare attentamente il ruolo della Cina: Pechino ha infatti molti interessi in Etiopia, di carattere politico, economico e militare. I rapporti fra i due Paesi hanno una storia di lunga durata e sono iniziati diplomaticamente nel novembre 1970. In principio l’interesse di Pechino verso l’Etiopia – e verso l’Africa in generale – era da considerarsi in chiave antioccidentale e anti-Taiwan, ma successivamente l’Etiopia ha assunto un ruolo diverso nella politica cinese, ossia quello di mercato di sbocco per le proprie merci e per i propri investimenti. Tra quelli più rilevanti spicca quello fatto per la costruzione della sede dell’Unione Africana, finanziata dalla Cina con una donazione di 200 milioni di dollari. Inoltre la Cina considera Addis Abeba un partner commerciale chiave principalmente per due ragioni: la prima è perché essa è un possibile mercato per l’esportazione delle merci cinesi; la seconda perché è situata strategicamente nel Corno d’Africa. Nel contesto della Belt and Road Initiative, il grande progetto infrastrutturale cinese, l’Etiopia ricopre quindi un ruolo importantissimo: è infatti un punto di snodo fondamentale verso il Canale di Suez, nel quale transitano moltissime merci. Infine anche la cooperazione militare e tecnologica gioca un ruolo sempre più centrale nelle relazioni fra i due Paesi: questo è sottolineato in particolar modo dal fatto che Pechino, in quanto fornitore di artiglieria pesante, è un partner chiave in ambito militare per l’Etiopia, specialmente in virtù di un accordo ufficiale di cooperazione bellica firmato nel 2005.
La posizione diplomatica cinese nel conflitto del Tigray rimane tutt’ora ambigua: nonostante l’indubbio potere economico che Pechino ha nell’area, l’esperienza come mediatore in questo tipo di conflitti è piuttosto limitata. Il motivo di tutto ciò è la politica di “non interferenza negli affari domestici” adottata in politica estera. Sarà perciò importante capire come la Cina deciderà di comportarsi in relazione al conflitto: se intervenire, magari facendo appello al Governo etiope e tenendo conto della possibilità di perdere investimenti, o se invece restare coerente con la propria politica, mantenendosi estraneo alla vicenda.
Niccolò Ellena
“Tigray, Ethiopia” by Rod Waddington is licensed under CC BY-SA