Caffè Lungo – L’opinione pubblica serba sembra essersi ormai abituata a ogni tipo di scandalo ed è diventata refrattaria alla rabbia e all’indignazione. Se non ci fossero state gli attivisti del Forum Sociale di Zrenjanin, alcune ONG e gli unici media indipendenti (il quotidiano Danas e le televisioni N1 e NovaS), lo sciopero dei lavoratori vietnamiti del 18 novembre scorso all’interno del cantiere della fabbrica Linglong di Zrenjanin sarebbe passato del tutto inosservato.
LO SCANDALO LINGLONG
La Linglong è una ditta cinese specializzata nella realizzazione di pneumatici che sta per aprire un proprio stabilimento nella città di Zrenjanin, nella regione autonoma della Voivodina. Il Presidente serbo Aleksandar Vučić, padrone assoluto del Paese, aveva annunciato già nel 2019 l’arrivo degli investitori cinesi che avrebbero rivitalizzato il centro del Banato, molto importante durante la Yugoslavia e diventato un vero e proprio relitto industriale durante gli anni Novanta: le numerose industrie presenti sono fallite o sono state privatizzate e vendute per pochi spiccioli da tycoon e mafiosi. Zrenjanin appare oggi come la scenografia dismessa di un film del regista russo Andrei Tarkovski. Lo Stato serbo, alla ricerca continua di investitori stranieri, aveva regalato 96 ettari di terreno alla Linglong, che ha cominciato la costruzione dello stabilimento. Le maestranze serbe, però, emigrano massiciamente verso la Germania e, data la difficoltà di reperire manodopera, la Linglong ha importato circa 500 lavoratori dal Vietnam. Appena arrivati a Zrenjanin, agli operai stranieri è stato ritirato il passaporto: al posto delle stanze arredate promesse, hanno trovato come alloggio un hangar della fabbrica, fra bombole del gas e altro materiali infiammabile, senza riscaldamento e senza bagno. Per i bisogni fisici c’erano a disposizione latrine improvvisate e al posto delle docce una stanza con dei rubinetti da cui usciva solo acqua fredda. I turni di lavoro erano massacranti, anche 12 ore al giorno, e il cibo era razionato: un po’ di riso e un uovo sodo dovevano bastare sia per il pranzo sia per la cena. Alcuni operai hanno deciso di scioperare e un gruppo di attivisti serbi li ha appoggiati. La televisione N1 ha realizzato un servizio sulle condizioni di vita dei vietnamiti e la troupe ha ricevuto serie minacce fuori dalla fabbrica da parte di alcuni cinesi la cui identità non è stata accertata. Il Presidente Vučić e la premier Ana Brnabić hanno dichiarato di non capire il senso delle polemiche sulle condizioni di vita dei lavoratori stranieri: la Serbia deve essere grata ai propri investitori e le critiche sarebbero una manovra dell’opposizione (peraltro quasi inesistente) per screditare l’operato del Governo. Il Ministro per le Infrastrutture Tomislav Momirović ha aggiunto che la responsabilità di ciò che accade a Zrenjanin è tutta dei lavoratori vietnamiti, che guadagnano 900 euro al mese, ma mandano tutti i soldi alle famiglie rimaste nel Paese d’origine. Un ragionamento che sarebbe forse condivisibile se i lavoratori avessero ricevuto regolarmente lo stipendio: su 5 paghe, ne hanno finora ottenuta solo una. Alla fine il Governo ha dovuto trovare, in accordo con la Linglong, una sistemazione migliore per i vietnamiti. Lo scandalo arriva nel momento in cui, in tutto il Paese, i cittadini protestano contro la ditta australiana Rio Tinto, che vorrebbe aprire, vicino alla città di Loznica, una miniera a cielo aperto per estrarre il litio, prezioso minerale utilizzato dall’industria IT.
Fig. 1 – Manifestazione a Novi Sad contro Rio Tinto, 4 dicembre 2021 | Foto: Christian Eccher
Domenica 28 novembre i manifestanti hanno bloccato le principali vie di comunicazione serbe per rendere ancor più evidente il proprio dissenso nei confronti della legge – non ancora varata – che permetterebbe allo Stato di espropriare i terreni privati a proprio piacimento (e affittarli alla Rio Tinto). Le proteste sono state caratterizzate da scontri violenti fra facinorosi picchiatori (piccoli criminali vicini al partito di Governo) e gli stessi manifestanti. Invece di intervenire per ristabilire l’ordine pubblico, all’inizio della rissa la polizia si è ritirata.
Fig. 2 – I manifestanti anti-Rio Tinto bloccano l’ingresso al Ponte della Libertà a Novi Sad, 4 dicembre 2021 | Foto: Christian Eccher
ARTE DI STRADA SERBA
Le contrapposizioni politiche in Serbia si fanno sempre più forti, almeno fra coloro che hanno una qualche coscienza politica: la maggior parte dei cittadini, soprattutto i più giovani, vive in un mondo parallelo, fatto di una quotidianità completamente avulsa da ciò che accade intorno.
In centro a Belgrado è recentemente apparso un murales che ritrae il criminale di guerra Ratko Mladić. Il murales è piantonato 24 ore su 24 da giovani appartenenti alle tifoserie calcistiche della capitale. Ci sono continui scontri i fra i fautori di Mladić e i suoi detrattori. La giornalista Snežana Čongradin, che lavora per il quotidiano di opposizione Danas, la cui sede è proprio nella via dove è apparso il murales, è stata strattonata e insultata mentre cercava di intervistare gli astanti. La polizia, presente sul posto, l’ha difesa solo quando un giovane facinoroso l’ha afferrata per picchiarla. È chiaro che dietro alla provocazione del murales c’è il Governo: ricordiamo che Vučić, negli anni Novanta, apparteneva al Partito Radicale di Vojslav Šešelj e ha un passato da guerrafondaio – durante la Presidenza di Milošević è stato anche Ministro per l’Informazione.
Fig. 3 – Novi Sad, campus universitario: Boulevard Ratko Mladić | Foto: Christian Eccher
TENSIONI IN PROVINCIA
In un Paese centralizzato come la Serbia, in provincia si tende a ricopiare ciò che si fa nella capitale. In una cittadina della Voivodina (che non nomineremo per non creare problemi ai protagonisti di questa storia), un gruppo di estremisti del Partito Radicale di Šešelj ha avuto l’originalissima idea di dedicare un murales a Mladić. Un membro dell’esigua minoranza tedesca, K., ha espresso il proprio personale disappunto. Gli estremisti, una decina in tutto, hanno accusato i tedeschi di essere d’accordo con i croati (anch’essi una minoranza) e di voler distruggere la Serbia. Sono cominciate per la città le ronde dei Radicali, che come negli anni Novanta volevano impaurire i propri nemici. I tedeschi e i croati hanno organizzato la difesa. K. ha chiamato il Sindaco e gli ha detto che la cittadina era al limite di scontri interetnici e che, in caso di disordini, sarebbe intervenuta l’Ambasciata tedesca a Belgrado. Il Sindaco, una persona intelligente, ha vietato il murales. Ora nella cittadina è di nuovo tutto tranquillo, ma non nella Serbia che non è mai uscita dagli anni Novanta.
Christian Eccher
“Serbia Grunge Flag” by Free Grunge Textures – www.freestock.ca is licensed under CC BY